Sergio Rossi, ad di Oracle, propone la sua visione del Cloud Computing: una dimostrazione di come la società sia riuscita ad adattarsi con sorprendente flessibilità alle tendenze del mercato.

Noi crediamo che il cloud computing sia una tendenza importante, che sosterremo. Abbiamo due obiettivi: il primo è di garantire che il cloud computing sia assolutamente a livello enterprise, il che significa essere in grado di fornire prestazioni elevate, scalabilità, affidabilità, disponibilità, sicurezza, e sia basato su standard per la portabilità e l’interoperabilità. In secondo luogo, sosterremo sia il cloud computing pubblico che privato per poter offrire una possibilità di scelta ai nostri clienti ” affermava un anno fa Richard Sarwal, SVP Product Development di Oracle Enterprise Manager e keynote speaker al 5th International Cloud Computing Expo.
Niente di eccezionale, a prima vista, a meno che si confronti questa dichiarazione con quella rilasciata, nel settembre del 2009, da Larry Ellison – co-Fondatore e CEO di Oracle – che non aveva in grande considerazione il Cloud Computing. Lo considerava un termine senza senso, anzi, affermò che “it’s nonsense and water vapor” nel corso di intervento al Churchill Club del 21-9-2009.
In realtà il Cloud Computing – pur evocando nel nome il vapore acqueo – è un paradigma di calcolo distribuito su larga scala, dove un pool di risorse condivise sono gestite ed erogate on-demand ai client esterni, quali computer e altri device, attraverso la rete Internet. Queste risorse, quali la potenza di calcolo, lo storage, sono astratti, virtualizzati e dinamicamente scalabili. Il termine «cloud» è usato come una metafora per Internet: infatti in passato era usato un disegno di nuvola per rappresentare la rete telefonica; successivamente tale disegno è stato usato per rappresentare Internet nei diagrammi di reti di computer come un’astrazione delle infrastrutture sottostanti che rappresenta.
Plug in the cloud
Alla tematica del Cloud Computing sono continuamente dedicati decine di convegni; in Italia, il più recente è il Cloud Forum 2011, organizzato il 29 marzo scorso da The Innovation Group. Nel corso dell’evento, FBR ha parlato della tematica con Sergio Rossi, Amministratore Delegato di Oracle Italia.

Oggi Oracle si propone come “provider da scegliere” per implementare il Cloud Computing, tanto questa tematica è stata una delle tre direttrici dell’Oracle PartnerNetwork Days Satellite Event Italy tenutosi il 10 febbraio scorso. Non solo, ma l’ultimo numero di Oracle Magazine ha come titolo di copertina “Plug in the Cloud” Che cosa ha causato il cambiamento di rotta rispetto all’opinione espressa da Ellison nel 2009?

L’offerta di Oracle non è cambiata in seguito alla rilevanza che questa modalità di fruizione delle risorse IT sta avendo sul mercato, caso mai la nostra offerta si è evoluta soprattutto con l’ingegnerizzazione e la produzione di Exadata prima e di Exalogic poi, la database machine e la middleware machine che per noi rappresentano i mattoni su cui fondare il Cloud Computing. Ma entrambe rappresentano delle vere e proprie soluzioni dotate di hardware e software, lo stesso software che ci ha resi famosi. In questo senso, Oracle si pone sul mercato come il fornitore di soluzioni che abilitano il Cloud Computing sia questo Private, Public o Ibrido.

Cloud Computing è una naturale evoluzione strutturale dei sistemi d’impresa o una sostanziale rivoluzione che sconvolgerà, dalle radici, i paradigmi e i modelli di business che governano la realizzazione dei sistemi informativi?

Rossi. Non c’è dubbio che siamo di fronte a un ciclico momento di svolta che segue quella delle applicazioni basate su web. In questo caso però ritengo che la svolta sia più culturale che tecnologica. Ormai ci siamo abituati a vedere nella tecnologie delle potenzialità straodinarie e quasi non ci meravigliamo più di tanto nel vedere i progressi tecnici. Qui però stiamo parlando di una svolta che va a incidere sulla fruizione della tecnologia da parte delle aziende e di come i sistemi informativi aziendali si mettono al servizio dei processi di business. Soprattutto nell’ambito del Public Cloud l’impatto è importante perchè dà la possibilità di esternalizzare veramente determinati processi senza però averne la concreta percezione. Una percezione che però si ha, da un lato, sui costi di acquisto e gestione della tecnologia, dall’altro sull’aumento di flessibilità e di agilità che poi è quanto le funzioni di business hanno sempre chiesto ai sistemi informativi.

Quali sono gli obiettivi strategici che possono determinare la scelta del Cloud Computing come modello di riferimento?

Il Cloud Computing, soprattutto per le aziende medio grandi, è un percorso che deve iniziare con il consolidamento dapprima dei dati e poi delle applicazioni. Ciò significa passare daila struttura a silo – dove ogni applicazione ha il suo hardware, il suo database, il suo application server – a una struttura a GRID, con forti componenti di virtualizzazione. A quel punto si è pronti per poter fare delle scelte di Cloud che può essere tutto Privato, tutto Pubblico o Ibrido.
FBR, Il Cloud, oggi, sembra mancare di standard di riferimento ed evoca scenari che si ritenevano patrimonio dei “bei tempi andati”, quelli dell’informatica “pesante”, monolitica, dove un fornitore si occupava di tutto. Continuerà questo stato di apparente centralizzazione oppure emergerà una standardizzazione – più o meno marcata – nei tre strati IaaS, PaaS, SaaS?
Rossi. Per cogliere tutti i vantaggi del Cloud Computing la standardizzazione è necessaria come è indispensabile il consolidamento altrimenti i vantaggi che derivano dall’integrazione applicativa e dei processi di business rimangono sulla carta.

Quali sono le sfide e le opportunità che il Cloud Computing offre alle PMI? Quali sono le leve da azionare per governare il cambiamento?
 

Le PMI sono tra i soggetti che più possono beneficiare di questo cambio di paradigma. Con la fruizione a servizio possono beneficiare delle migliori tecnologie senza dover necessariamente capitalizzare l’investimento. Certo, anche qui ci vorrà del tempo perchè le rivoluzioni difficilmente si fanno in una notte. Quando leggo che il Cloud Computing rappresenta una grandissima opportunità di business penso al ruolo che, ad esempio i nostri partner possono giocare sul territorio. Le medie aziende dell’IT, di cui l’Italia è ricca, devono essere capaci di salire sull’onda, acquisire le competenze necessarie e proporre ai loro clienti questo nuovo modo di fare informatica.

 

Regia progettuale

Nell’articolo “Il Cloud, tecnologia distruttiva” riportato nel sito di MAT Edizioni (www.bitmat.it), si afferma che “Il cloud infatti è una tecnologia disruptive perché scuote le fondamenta degli It vendor che devono ripensare il canale, pricing e l’offerta di prodotti e servizi. Dall’altro lo è sicuramente per i clienti per i quali cambia il ruolo dell’IT che si assottiglia ma si rafforza e permette il lancio di nuovi prodotti e servizi”.
Manca l’homo informaticus, che inevitabilmente subirà modifiche non indifferenti. Nell’Executive Summary della ricerca “Cloud Will Transform Business As We Know It:The Secret’s In The Source” di HfS Reasearch – che corredava l’intervento al CLOUD FORUM 2011 di Euan Davis, Director, European Research Practice di HfS – si afferma “Business wants the power of Cloud Business Services while IT fears its risks and knows what must improve to make the vision a reality – closing the gap between both sides demands a seismic change in how IT and business work together and it’s not for the faint-hearted. Our research reveals Cloud Business Services triggering potentially large-scale business transformations and the creation of new operating models as firms look to source, rather than build Cloud Business Services. They also set in play a different role for IT as a “Service Integrator” making the complex integration across Cloud based services and applications work”.
E’ ora quindi che il CIO abbandoni il suo ruolo specialista in ICT e cominci ad entrare nei panni del regista progettuale dell’innovazione in azienda.