Consolidamento e integrazione: due strategie per il governo e la riduzione del TCO dei sistemi, dello storage e delle reti in architetture eterogenee

Nel 2002 la Berkeley University pubblicò una ricerca sulla produzione mondiale dei dati. I risultati furono sconcertanti: ogni uomo, donna e bambino produceva ben 250 megabyte all’anno, un tasso notevole e in continua crescita. Nel corso del tempo questo dato è esploso esponenzialmente, tanto che è semplice constatare che oggi stiamo per essere sommersi da un data tsunami di dimensioni crescenti. Ondate di bit e byte, più o meno formattati, fluiscono tra le unità organizzative e le persone, tra i cittadini e le istituzioni, tra i clienti e i fornitori; rimbalzano tra i computer e i dispositivi periferici. Tutti questi device hanno bisogno d’essere integrati e consolidati, ossia “fusi” e coordinati in componenti hardware e software multifunzionali che li colleghino in modo tale da renderli parte di un sovrasistema complessivo coerente, poco dispersivo e costituito da un numero ridotto di unità funzionali.

Non solo bit
Una soluzione al problema è certamente l’adozione di un’iniziativa di consolidamento e integrazione delle componenti infrastrutturali. È una strategia che porta all’utilizzo più efficiente ed efficace dell’ICT, prologo per ulteriori “balzi in avanti” come la virtualizzazione, l’implementazione di un sistema di provisioning ICT dinamico ed elastico, o addirittura il Cloud Computing. In effetti è possibile ridurre significativamente i costi dell’hardware, del software, delle reti, dei sistemi di amministrazione e supporto, delle applicazioni business-critical. Oltre al potenziale risparmio dei costi IT, emergono notevoli vantaggi strategici dalla creazione di un ambiente di elaborazione in grado di supportare le mutevoli esigenze di business. Pensare però al consolidamento e all’integrazione esclusivamente in termini di capacità dei processor, delle unità a disco e delle reti è un approccio riduttivo. È necessario, infatti, considerare anche il carico di lavoro dei sistemi installati. Per esempio, se si consolidasse un sistema dedicato alla Business Intelligence con un altro utilizzato per l’elaborazione transazionale, senza alcuna considerazione sull’impatto che avrebbe sulle performance globali, si incorrerebbe probabilmente in un insuccesso. Il carico richiesto dalle interrogazioni tipiche della Business Intelligence influenzerebbe negativamente l’esecuzione interattiva delle transazioni, che spesso sono le vere operazioni mission-critical di un’azienda. Inoltre, data la notevole proliferazione dei nuovi modelli dei device, sarebbe più difficile sfruttare le potenzialità offerte dalla disponibilità di sistemi dedicati a particolari settori d’attività o ambienti operativi (come il CAD/CAM, l’e-business, le suite ERP, la business analysis, il mobile computing).
Il consolidamento e l’integrazione sono spesso condizionati dalla necessità di mantenere una separazione tra i vari ambienti operativi sia per motivi di ordine organizzativo (o di politica aziendale), sia per questioni di tipo tecnico (applicazioni in linguaggi diversi). Inoltre, i responsabili dei sistemi informativi si cimentano, quasi quotidianamente, con i problemi indotti dalla variabilità dell’ICT. I continui aggiornamenti dell’hardware, le necessità incrementali di supporto agli utenti e di network administration erodono una parte considerevole del budget e impegnano molte risorse. Non è raro trovare, in molti siti, una pletora di server diversi: uno per l’e-mail, un altro per il file serving, un altro ancora per le funzioni di accounting, uno per le applicazioni distribuite e infine uno che agisce come print server. Lo scenario attuale è ottimale per intraprendere un progetto di consolidamento e integrazione che, in fondo, si basa si basa su un’idea molto semplice: quanti più server si devono amministrare e quante più interazioni esistono tra questi, tanto più diventa costoso il management del sistema composto. Ne discende che si è alla continua ricerca di meccanismi per rendere più semplice ed economico il problema della gestione dell’elaborazione distribuita, con somma gioia dei produttori di soluzioni di System & Network Management.

Le opportunità
Alcune linee di sistemi, detti “proprietari”, sembrano poco adatti per implementare i progetti di consolidamento e integrazione, appunto a causa delle loro caratteristiche di chiusura. Per rintuzzare l’attacco delle (sedicenti) architetture aperte, sono stati intensamente potenziati affinché, già nativamente, siano performanti e abbastanza semplici da gestire. Normalmente non richiedono la dedizione di legioni di operatori di sistema o di specialisti di rete quindi hanno bisogno di un supporto decisamente minimo per funzionare, tanto che possono essere considerati delle macchine non presidiate (e alcuni lo sono realmente). E’ sempre più raro, però, che le esigenze di automazione delle aziende possano essere soddisfatte completamente da un server stand-alone; più diffuso è lo scenario che prevede una molteplicità, spesso eterogenea, di piattaforme. Nella maggior parte delle installazioni d’impresa si nota la presenza di un enterprise server, che sostiene il data center aziendale, corredato eventualmente da uno o più server dipartimentali (per esempio per i data warehouse o i data mart) e da una miriade di workstation, sia stanziali che di tipo mobile. Talvolta, nei grandi impianti, l’enterprise server è un mainframe, mentre nelle installazioni medio-piccole prevalgono piattaforme meno potenti come l’IBM System i, i vari sistemi Unix-based e Windows-based di gamma alta. In questi casi un progetto di integrazione e consolidamento dovrebbe tendere non tanto a eliminare la pluralità dei server quanto a rendere più efficiente la gestione complessiva di ambienti estremamente complessi. Questi poli elaborativi hanno tre opportunità per realizzare il consolidamento e l’integrazione ambientale:

 

  • sfruttare le possibilità offerte dai nuovi modelli disponibili della linea esistente per migliorare le comunicazioni tra sistemi geograficamente distribuiti o, addirittura, combinare questi sistemi in un unico sistema centrale. In questo caso i costi di manutenzione e di system management vengono ridotti in modo considerevole;
  • usare sistemi software progettati ad hoc per consolidare i server e i dispositivi di storage per poi gestirli centralmente. Viene così mantenuta l’architettura distribuita, basata su un server separato per ogni funzione aziendale o gruppo d’utenti, ma il numero di dispositivi fisici risulta drasticamente ridotto. È possibile inoltre sfruttare le potenzialità dei tool dell’enterprise server per eseguire alcune attività gestionali molto critiche, quali il backup e il recovery;
  • se possibile, sfruttare la scalabilità tipica di alcune suite software (per esempio Lotus Domino di IBM) allo scopo di ridurre sia il numero dei server fisici, sia il partizionamento logico necessario per supportare un grande numero di utenti.

Forza bruta
La necessità di migrare da macchine ormai obsolete a piattaforme più moderne (talvolta brutalmente imposta da alcuni grandi provider dell’ICT) è una delle ragioni principali per prendere in considerazione un progetto di consolidamento e integrazione. I vantaggi che si ottengono spesso giustificano la transizione: un’analisi dei costi e dei benefici mostra che i risparmi immediatamente ottenuti potrebbero finanziare interamente un’operazione di migrazione. Un’altra opportunità si ha quando in un’installazione sono presenti diversi sistemi omogenei, ognuno dei quali serve una business unit. Dato che, con ogni nuovo annuncio, il costruttore rende disponibili sistemi sempre più potenti, in alcuni casi può essere vantaggioso procedere al consolidamento di alcuni sistemi “dispersi” in un unico sistema centralizzato. Questa soluzione va ponderata nel contesto di una completa analisi di fattibilità che comprenda anche le valutazioni relative alla gestione della memoria di massa, le quali potrebbero portare a risultati in contrasto con l’ipotesi di consolidamento e orientare la scelta verso il potenziamento dei singoli sistemi. Esistono diverse motivazioni che possono ostacolare le operazioni di consolidamento di più sistemi (per esempio, applicazioni redatte in due linguaggi di programmazione diversi e dislocate ognuna su un sistema dedicato), ma le principali obiezioni nascono da ragioni di tipo “politico” poiché, normalmente, ogni unità organizzativa aziendale intende mantenere una visibilità diretta sulle proprie risorse ICT. In questi casi, per ridurre le barriere, è necessario effettuare un’accurata analisi della situazione per determinare il costo di proprietà dei sistemi (TCO, Total Cost of Ownership). Di solito questa prassi è la migliore poiché agisce come il classico rasoio di Occam.