Alla festa dell’Europa del 9 maggio il vicepresidente della Commissione ha preso le difese dell’Ue, sottolineando gli sforzi delle istituzioni comunitarie per adattarsi alle sfide del mondo globale e offrire ai cittadini servizi e opportunità di lavoro migliori

Non è certo uno dei momenti migliori per l’Europa. C’è il problema del salvataggio dei Paesi membri a rischio default da far digerire all’opinione pubblica, certo, e poi, ancora, il divario, a quanto pare crescente, tra un’Europa del Nord in ripresa economica e un’Europa del Sud dai bilanci statali che si avviano ad avere un deficit cronico.

Più in generale, però, da parte dei cittadini c’è la tendenza ad avvertire la distanza verso le istituzioni comunitarie, considerate inefficaci nel risolvere le criticità e le evenienze di tutti i giorni, fatto tanto più grave considerata la fase storica che stiamo attraversando.

Non tutti, però, si rassegnano a vedere soccombere sotto le critiche il progetto europeo, e c’è anzi chi proprio alla luce degli anni che stiamo vivendo rimarca l’importanza di rimanere ben ancorati alla costruzione dell’Ue.

Tra le altre, in particolare, spicca la voce di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e commissario all’industria e all’imprenditoria, che in occasione del cinquantaquattresimo anniversario della firma del Trattato di Roma, caduto lo scorso 9 maggio e coinciso con la festa dell’Europa celebrata all’Università Bicocca di Milano, ha tenuto a ricordare al pubblico il valore rappresentato dalla conquista europea.

“In questo momento a Bruxelles non possiamo certo cullarci sugli allori – ha esordito il vicepresidente della Commissione –. Siamo ben consapevoli della tentazione, da parte di molti Stati membri, di ripiegarsi sugli egoismi nazionali, nell’illusione che individualismo e localismo possano proteggere la popolazione dai rischi e dalle minacce del mondo globale. Tuttavia il nazionalismo non è la soluzione corretta ai problemi di oggi. Rispetto l’opinione di chi arriva a mettere in discussione l’integrazione europea e cerco di comprenderne le motivazioni, ma credo che il punto, anziché dire no all’Europa, sia piuttosto riuscire a mettere fattore comune le energie per fare sì che l’Ue sia in grado di raccogliere e vincere le sfide del mondo nel XXI secolo”.

Sfide che, per Tajani, fanno riferimento, principalmente, ai mercati globalizzati, alle strategie per affrontare la dipendenza energetica e alla possibilità di sostenere l’internazionalizzazione delle Pmi. “Crediamo veramente di poter far fiorire la nostra economia e di creare posti di lavoro senza un mercato europeo integrato e una moneta unica, oppure di poter negoziare accordi commerciali vantaggiosi con Usa, Cina, Brasile o Russia procedendo in ordine sparso, fuori dalla cornice comunitaria? E ancora, cosa ne sarebbe dei nostri bilanci se non avessimo affrontato lo tsunami finanziario della crisi senza le risorse della governance economica comune?” ha chiesto provocatoriamente il commissario all’industria.

D’altra parte, Tajani ha anche ammesso che “spesso, negli ultimi mesi, si è lasciato troppo spazio alla burocrazia comunitaria, acuendo in questo modo un senso di distanza quasi Kafchiano dai cittadini: Bruxelles non deve apparire come un luogo lontano, ma come un centro aperto agli interessi e alla partecipazione di tutti i cittadini”.

E affinché sia chiaro che una buona Europa politica è utile a tutti, il commissario ha illustrato le ultime iniziative elaborate dall’Unione “nella consapevolezza delle mutate esigenze dei cittadini e delle imprese nel mondo globale”.

In cima all’agenda della Commissione Ue, in particolare, il problema della disoccupazione giovanile, da affrontare tramite la strategia Europa 2020 (obiettivo minimo del 75% di popolazione attiva da occupare entro il 2020) e, soprattutto, con lo stimolo alle riforme strutturali del mercato del lavoro da portare avanti nei singoli Stati grazie a vincoli di bilancio imposti dal nuovo semestre europeo.