Il nostro paese è in ritardo come numero di hotspot ma il superamento del Decreto Pisanu dovrebbe favorire la diffusione di questa tecnologia

Fare a meno di ingombranti cavi e prese elettriche per accedere alla Rete Internet è il desiderio di tutti. Se poi si riesce a navigare gratis, ancora meglio.

Questo spiega il crescente interesse che si sta registrando in Italia per la tecnologia Wi-fi, che altro non è che un protocollo di trasmissione di dati senza fili via onde radio.

In realtà sinora il Wi-fi ha acceso le fantasie degli utenti ma non ha sfondato nel nostro paese, come ha evidenziato una recente analisi comparativa condotta da Enter. L’indagine ha messo in luce il ritardo italiano nei confronti del resto del mondo sul Wi-fi: con 5.097 hotspot pubblici il nostro paese si piazza soltanto al quattordicesimo posto nella classifica mondiale, con duemila punti di accesso in meno della Turchia (10° posto) e 1.300 di Taiwan (11° posto). L’Italia è lontanissima dai vertici della graduatoria mondiale dominata dal Regno Unito con quasi 113mila punti di acceso wi-fi. Gli hotspot dell’Italia sono concentrati soprattutto in Lombardia (26%), Lazio (13,1%), Emilia-Romagna (10,1%), Toscana (8,6%) e Veneto (7,1%), mentre il Trentino Alto Adige può vantare il migliore rapporto tra la popolazione residente e punti di accesso wi-fi a internet (1 ogni 6.387 residenti). Il numero più elevato di punti di accesso wireless a internet si rileva nel Lazio (385) e a seguire in Lombardia (347), Emilia-Romagna (308) e Veneto (265). A detta di molti lo sviluppo del Wi-fi in Italia è stato frenato nell’ultimo decennio dal decreto Pisanu (varato nel 2005 sull’onda dell’allarme terrorismo), che imponeva ai gestori di internet point (luoghi spesso entrati nelle indagini sugli attentati), ma anche di tutti gli esercizi (ristoranti, discoteche, alberghi, circoli privati ecc.) che mettevano a disposizione del pubblico terminali internet, di chiedere al questore la licenza per svolgere la loro attività.

L’utente aveva inoltre l’obbligo di registrarsi presso il gestore stesso fornendo le proprie credenziali d’identità ovvero i dati anagrafici da documento d’identità. Ma questa procedura complicata e farraginosa, che certo non invogliava né gestori né utenti, è stata superata negli scorsi mesi da una norma approvata nell’ambito del pacchetto sicurezza, che dal primo gennaio 2011 ha eliminato queste le restrizioni.

La nuova fase del Wi-Fi gratuito

 

L’addio alle norme Pisanu, secondo molti, dovrebbe favorire una nuova fase del Wi-fi italiano, che in effetti già da qualche tempo mostra diversi segnali di risveglio, soprattutto nell’ambito della Pubblica amministrazione.

Uno dei progetti più ambiziosi in questo ambito è “Scuole in WiFi”, promosso dal ministero per la pubblica amministrazione e innovazione e dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, che punta a creare all’interno degli edifici scolastici zone Wi-Fi  aperte a studenti e docenti per favorire la fruizione di servizi di didattica innovativa, sia di tipo didattico che amministrativo. Molte sono anche le iniziative di carattere locale, volte a garantire l’accesso gratuito degli utenti (in particolare dei propri residenti) a Internet: da fine aprile nel centro di Milano (per ora nell’area Duomo-Cairoli-San Babila) è possibile accedere WiMi è la rete wireless gratuita del Comune di Milano che permette di navigare con qualsiasi dispositivo wifi nell’area coperta dal servizio. Bastano un pc portatile, un tablet o uno smartphone per navigare gratuitamente per un’ora al giorno su i siti internet. Il fermento è testimoniato anche dal progetto Free ItaliaWiFi, promosso da Provincia di Roma, Comune di Venezia e Regione Sardegna: gli obiettivi in questo caso sono quelli di accrescere la diffusione del Wi-fi pubblico gratuito, favorendo la nascita di nuove reti, offrire facilitazioni e vantaggi ai cittadini che utilizzano le reti pubbliche wifi (ogni utente potrà, ad esempio, accedere alle reti federate con le stesse credenziali).

Il dubbio è se l’utilizzo gratuito della rete Wi-fi possa essere controproducente per gli operatori delle Tlc, come ha recentemente paventato il presidente di Assstel Stefano Parisi: ” Se vogliamo le Ngn in Italia, è del tutto fuorviante e irrealistico continuare a propagandare Internet gratis per le città italiane. Si tratta di un tema molto delicato su cui la politica deve fare chiarezza, perché Internet gratis offerto da Province e da Comuni vuol dire fare concorrenza sleale con i soldi pubblici, statalizzare uno degli interventi di natura più decisamente privata, che è appunto l’investimento nelle reti di nuova generazione. Questo è puro populismo che va superato”.