Oggi non mancano gli strumenti per implementare questo modello di esperienza. La diffusione degli smartphone rappresenta una occasione ghiotta di riflessione e ripensamento di logiche poco datate ma già superate degli eventi tecnologici

Il 3 maggio scorso si è svolta l’edizione 2011 del “Retail & Manufacturing Summit” di IDC che è stata una occasione di update per quanto l’informatica sta facendo e potrebbe fare per ottimizzare il business del retail, alle prese con una marginalità contenuta e pressata, alla quale è possibile contrapporre solamente una gestione all’insegna dell’efficientamento per incidere sull’ultima riga del conto economico. Cosa si aspetta il retail dall’informatica? Uno studio recente di Idc a livello mondiale fornisce una serie di indicazioni sui driver attesi. Al primo posto il 52% degli oltre 500 retailer intervistati ha indicato come priorità numero uno la necessità di aumentare i ricavi. Seguita a poca distanza da due altre istanze non meno importanti e comprensibili di questi tempi caratterizzati da accesa competizione e ricerca di nuove fonti di ricavi: il miglioramento di produttività (è stato indicato dal 32% degli intervistati) e il retaining dei clienti esistenti (29%). Ma l’IT è richiesta anche per il perseguimento di altri obiettivi. Per la precisione: il miglioramento della effectiveness del marketing (23%), l’execution delle strategie di business (17,3%), il sostegno al lancio di nuovi prodotti/servizi finalizzati a velocizzare l’attività commerciale (13,2%), il miglioramento della sicurezza e della agilità commerciale (12,4% e 11,6% rispettivamente). Per quanto riguarda il mercato italiano – ha precisato Ivano Ortis, director IDC Retail Insights International – le tre priorità del business riguardano la effectiveness del marketing, il customer care e la produttività delle vendite, o meglio le performance del punto vendita. Dal lato It, invece, le priorità sono: integrazione e accesso in sicurezza a dati e applicazioni; monitoring real time delle business performance e capacità di adattamento dei sistemi It ai mutamenti operativi. In questo contesto Ortis segnala come momento forte di discontinuità e di evoluzione del sistema operazionale del retail il tema della omni-channel customer experience, ovvero della integrazione e dell’uso di tutti i canali di vendita in modo simultaneo e non in parallelo e frazionato. “Isolare il canale online, ha puntualizzato- può risultare controproducente e non solo per i maggiori costi amministrativi e gli impatti sulla supply chain ma anche per i risvolti sull’attività complessiva della organizzazione commerciale, a cominciare della loyalty dei clienti. Oggi non mancano gli strumenti per implementare questo modello di esperienza. La diffusione degli smartphone rappresenta una occasione ghiotta di riflessione e ripensamento di logiche poco datate ma già superate degli eventi tecnologici”. Ci sono almeno 11 ragioni, ha rilevato una ricerca di Idc, per usare questi device in modo più concreto e diffuso che in passato anche in ambito retail. In primo luogo i dispositivi mobili si prestano a un impiego sia in ambito inside e outside. E’ stato rilevato che al di fuori dello store lo smartphone è usato per il 62% per la ricerca di informazioni sulla locazione e altro; per il 40% per ricercare info su prezzi e prodotti e per il 25% per gestire la loyalty. All’interno dello store, invece, il device viene usato per comparare i prezzi con altri punti di vendite (45%), per il check dello status di un ordine (38%), per la ricerca di informazioni su prodotti di altri retailer (37%). In qualche caso (8%), è stato rilevato, con il device si fanno acquisti presso altri negozi dal quello in cui ci si trova.

MCommerce: si no?
Ma vi è da parte delle organizzazioni retail un interesse a investire nel mobile commerce? IDC fornisce una risposta affermativa anche se aggiunge che ci vorrà ancora del tempo prima di dare dimensione al fenomeno, anche perché lo sviluppo delle attività tramite device andranno di pari passo con quelle online. Ortis, nel suo intervento, ha citato il caso della inglese Marks & Spencer che ha consentito di arrivare nell’ultimo anno a un fatturato online di 413 milioni di sterline (+27% anno su anno), con risparmi di 35 milioni nel consolidamento della supply chain. I numeri relativi all’mCommerce sono: 13mila ordini e 1,2 milioni di utenti nei primi quattro mesi (device Android-based). Dagli Stati Uniti viene l’indicazione che il 75% delle grandi catene distributive sta vagliando questa ipotesi e che un terzo delle stesse ci sta anche investendo. Ma torniamo per un momento ancora ai temi delle priorità per i Cio che operano in questo settore. Ne ricordiamo sono tre: lo sviluppo del retail multichannel, il supporto allo sviluppo di iniziative di marketing personalizzate e il soddisfacimento delle esigenze o richieste di business in tempi più veloci. “Il primo impegno, chiarisce Ortis, presuppone una rivisitazione in un’ottica real time e di maggiore front end della struttura It: per fare dell’attività mobile non basta investire in qualche applicazione ma anche adeguare le infrastrutture. La personalizzazione delle iniziative di marketing presuppone, invece, una forte integrazione tra applicativi CRM e social mentre il tema della integrazione è fondamentale anche per velocizzare tutte le operazioni di business”.

 

Vendere emozioni
Bisogna inoltre pensare, è la testimonianza portata da Sergio Azzolari, Group Operations Director Sun & Luxury Retail di Luxottica , che spesso nel nostro mondo non si vendono più solo prodotti ma anche emozioni (60 milioni di occhiali nel caso di questa società) e che pertanto alla pianificazione industriale vanno affiancate anche altre pianificazioni. Per Giuseppe Mognetti, Cio di Preca Brummel (fashion), la sua azienda ha fatto la scelta di un uso diffusivo della business intelligence e dell’utilizzo di un software omogeneo per tutti i punti vendita (compresi i 280 franchiser), con soddisfazione da parte di tutti anche in termini di contenimento dei costi Sw e Hw. Vittorio Cafiero, master data & supply chain development manager di Kraft Foods Italy, ha confermato che da un paio d’anni la collaborazione tra retail e industria è migliorata, tanto che in Kraft è nata la figura del “Responsabile dei processi collaborativi con i clienti” per ottimizzare questo rapporto. Massimo Bolchini, technical director di Indicod-Ecr, ha invece fatto il punto sullo stato di adozione del catalogo elettronico, la modalità standardizzata per scambiare dati tra produttori e distributori che permette riduzioni significative nei costi di gestione dei sottostanti documenti. Kraft e il mondo delle Coop sono tra i più avanti nella sperimentazione di questo catalogo. Della tecnologia Rfid hanno parlato sia Azzolari sia Bolchini. Il primo per annunciare l’uscita di occhiali con dentro chip Rfid. Il secondo per annunciare l’avvio di progetti con le Ferrovie Nord e le Coop. In occasione dell’ultimo evento di Idc abbiamo sentito anche parlare per la prima volta di figure nuove o relativamente nuove nell’informatica. Una di queste è l’It Innovation manager quale si è presentato Nicola Ciaponi di Leroy Merlin, società leader nel bricolage. “Il mio compito essenzialmente è quello di facilitare l’uso di nuove tecnologie su motori datati: la mia organizzazione è nata dalla aggregazione di realtà caratterizzate da sistemi legacy diversi, con necessità quindi di un forte processo di omogeneizzazione. La virtualizzazione ci ha schiuso delle opportunità e ci sta aprendo la strada verso il cloud”.
 

Le promesse di Axway

In occasione di questo evento abbiamo incontrato anche Claudio Mastore, Managing Director Axway Italia (società del Sopra Group, prossima alla quotazione in Borsa) oltre ventenni di esperienza nel mercato IT, di cui 12 in Ibm. E’ abbastanza soddisfatto di come gira il business. “Abbiamo una peculiarità: siamo l’unico provider presente sul mercato specializzato in Business interaction networks, ovvero nell’offerta di soluzioni unificate per la gestione, attuazione, protezione e monitoraggio di tutte le interazioni di business comprese le operazioni legate a email, file, messaggistica, gestione di servi, eventi e processi. Ovvero di flussi dati tra sistemi operativi diversi. Poiché dal nostro punto di vista la complessità di cui tanto si parla non può essere ridotta, noi mettiamo a disposizione delle organizzazioni soluzioni per la sua gestione, in grado di generare riduzione dei costi, tramite l’efficientamento del business. Quindi senza dover costringere le aziende a esternalizzare risorse informatiche”. Nel mondo questa società conta più di 11mila clienti, 130 dei quali in Italia. Il più importante è Poste Italia (parte logistica). File Transfer Direct è l’unica soluzione di trasferimento gestito dei file disponibile sul mercato – sottolinea Mastore – in grado di stabilire regole predefinite per impedire la perdita delle informazioni sensibili: le ultime versioni della soluzione permettono agli amministratori di impostare norme per la governance che richiedono l’identificazione dei destinatari prima di poter effettuare il download degli allegati sensibili. Sono inoltre garantiti il controllo e la tracciabilità a ritroso dei dati originali per la conformità normativa e un on-boarding più rapido per la community di partner e clienti. Presso alcune società che hanno adottato queste soluzioni è stato possibile ridurre il tempo di trasferimento di file di grandi dimensioni da due giorni (supporti fisici e corrieri) a mezzora, con benefici non solo in termini economici ma anche di efficienza dell’organizzazione.