La normativa è pronta per la fattura elettronica. I risparmi sono evidenti, ma la marcia del mondo delle imprese è ancora troppo lenta

In attesa del secondo decreto attuativo che obblighi le aziende che hanno a che fare con la Pa all’utilizzo della fattura elettronica (la bozza è attualmente in visione alle regioni, ma è difficile fare previsioni sui tempi), la fattura rimane appannaggio delle grandi imprese. E neanche di tutte. 

Nonostante la normativa permetta la digitalizzazione del ciclo completo, ha ricordato Alessandro Perego responsabile scientifico dell’osservatorio Fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico, oggi sono poche decine le aziende che fanno la fattura elettronica pura.

Se invece si allarga il campo alle versioni parziali della dematerializzazioni di questo tipo di documenti, si scopre che il 50% delle grandi imprese le utilizza per un totale di circa 60 mila impreseche che hanno una qualche esperienza di dematerializzazione e/o gestione digitalizzata del ciclo ordine-pagamento. Un dato molto basso visto che degli 1,3 miliardi di fatture circolanti in Italia il 95% è ancora cartaceo. L’utilizzo del documento elettrico potrebbe portare vantaggi che vanno da 7-8 fino 60 miliardi di euro a seconda del modello utilizzato.    

E altri risparmi potrebbero arrivare estendendo anche ad altre tipologie di documenti, come per esempio libri e registri contabili, contratti, documenti assicurativi e doganali l’utilizzo del documento non cartaceo. Le pagine di libri e registri contabili prodotte ogni anno in Italia sono circa 4 miliardi e la loro dematerializzazione comporterebbe benefici per il Sistema Paese che ammontano a circa 3,5 miliardi di euro/anno. Se invece si prendono in considerazione i 100 milioni di contratti di compravendita stipulati ogni anno, i benefici legati alla dematerializzazione sono pari a circa 3 miliardi di euro/anno.  Anche la dematerializzazione di documenti a valenza settoriale rappresenta un’opportunità per il Sistema Paese: i fascicoli assicurativi, per quanto riguarda la sola Rc auto (35 Milioni di fascicoli all’anno sul territorio nazionale), potrebbero portare benefici nell’ordine di circa 1,5 miliardi; la dematerializzazione dei fascicoli doganali (13 milioni di fascicoli all’anno in Italia) potrebbe consentire un risparmio indicativamente dell’ordine di grandezza di circa 2,5/3 miliardi. Nonostante questa messe di numeri la dematerializzazione non sfonda.Un problema, anche perché come sottolinea Perego ‘è questo il momento giusto per partire. In questa fase la fattura elettronica è ancora facoltativa, mentre tra qualche tempo potrebbe non esserlo più per colpa di qualche normativa italiana o europea e della competizione del mercato’. 

I numeri però sono molto bassi soprattutto tra le piccole e medie imprese dove una su sette (tra 10 e 250 dipendenti) ne fa uso. I numeri sono in significativa crescita (+56% per la Conservazione Sostitutiva e +10% nel numero di imprese che fanno Integrazione del Ciclo Ordine-Pagamento in modo evoluto) anche perché basso è il dato di partenza. In aumento del 12% anche il numero di documenti scambiati nelle relazioni Edi.  Entrando più nel dettaglio sono circa 4.000 (+56% rispetto al 2009) le imprese con più di 10 dipendenti che hanno progetti di Conservazione sostitutiva (prevalentemente di fatture attive, libri e registri): quasi il 36% delle grandi imprese italiane e meno dell’1% tra le Pmi. Oltre a queste 4.000 imprese, circa 2.000 studi professionali – con meno di 10 dipendenti – portano in Conservazione Sostitutiva prevalentemente libri e registri contabili. Sono invece circa 7.500 le imprese connesse a una qualche rete Edi: il 33% delle grandi imprese italiane e circa il 2% delle Pmi.  Tra queste imprese cresce il numero di documenti scambiati (+12% rispetto al 2009) e il numero delle relazioni “evolute”, che cioè prevedono lo scambio di un insieme più ampio di documenti (+10%).

Sono, inoltre, tra 45.000 e 50.000 le imprese che si relazionano attraverso una qualche tipologia di Extranet: circa il 12% delle grandi imprese italiane, il 15% delle Pmi e meno dello 0,2% delle microimprese.  Solo poche decine di imprese, infine, fanno fatturazione elettronica ‘pura a norma di legge’: la grande maggioranza di questi casi, inoltre, è costituita da progetti “infragruppo”. Questa limitata penetrazione si spiega nel fatto che la fatturazione elettronica “pura” richiede sia di stipulare un accordo tra le parti sia di portare le fatture in conservazione entro un limite temporale sfidante per molte imprese (15 giorni).