Nel settore sarebbe opportuna una governance tecnologica unitaria, oltre allo sviluppo e al riuso di best practice: queste le indicazioni dell’ultima ricerca della School of Management del Politecnico di Milano

Quello della Sanità è un settore che avrebbe bisogno di maggiori risorse informatiche per poter funzionare meglio. Anzi di una abbondante iniezione di innovazione ICT in quasi tutte le sue componenti operative e gestionali-amministrative. È quanto si evince dai numeri e dalle indicazioni dell’ultima ricerca dell’Osservatorio ICT in Sanità promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. Il report ha individuato i percorsi di innovazione e razionalizzazione necessari a coniugare l’efficacia e la qualità della cura con una maggiore efficienza nell’uso delle risorse, attraverso un’analisi empirica che ha coinvolto un campione di CIO, direttori generali, amministrativi e sanitari di 176 strutture sanitarie pubbliche e private su tutto il territorio nazionale, tra ASL, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e ospedali privati. I due dati forse più eclatanti riguardano la spesa ICT procapite, pari nel nostro Paese in media ad appena 15 euro, e il fatto che se si finalmente deciso di investire nella Cartella Clinica Elettronica (CCE). Quello della sanità è un settore che nel 2010 ha espresso una spesa annua attorno ai 920 milioni di euro per l’ICT, sommando alle strutture pubbliche quelle private. Con gap rilevanti non solo con altri settori ma anche al suo interno. Al Nord la spesa ICT pro capite è di 21 euro, contro i soli 9 euro per abitante nel Sud e nelle Isole. Si allarga così il divario tra chi spende poco e chi spende molto: cresce sia la percentuale di strutture sanitarie che destinano all’ICT oltre 2,5 milioni di euro sia quella delle strutture con budget inferiore al milione. Le aziende ad alto budget sono quasi tutte concentrate nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, mentre quelle a basso budget sono per oltre il 50% al Centro, al Sud e nelle Isole.

Una strada obbligata
Gli investimenti sono destinati ad aumentare nei prossimi tre anni, ma risultano ancora ampiamente insufficienti. Il rapporto tra budget ICT e spesa complessiva aziendale infatti si attesta su un valore medio di circa l’1%, ancora lontano dai target europei. Eppure la ricerca, intitolata “ICT in Sanità: l’innovazione in cerca d’autore”, dimostra come questa innovazione ICT permetta di ottenere benefici sull’efficacia dell’assistenza al paziente, sul governo dei processi, sull’efficienza e la razionalizzazione della spesa e sulla qualità del servizio percepito dal cittadino: “L’investimento in tecnologie dell’ICT oggi rappresenta, più che un’opportunità, una strada obbligata – dice Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio ICT in Sanità – in quanto una leva chiave per raggiungere contemporaneamente obiettivi di efficacia, efficienza e di miglioramento della qualità”. In Italia, però, il contributo positivo dell’innovazione tecnologica sui processi e sull’organizzazione delle strutture sanitarie non è ancora pienamente compreso e sfruttato. Le ragioni di questo gap sono molteplici. C’è sicuramente la limitatezza delle risorse economiche investite, ma anche la debolezza del ruolo assegnato ai CIO con la conseguente mancanza di una governance unitaria degli sviluppi ICT a livello aziendale. C’è poi la carenza di competenze interne alla Direzione ICT delle singole strutture e la visione locale con la quale vengono pianificati e gestiti gli investimenti, insieme all’incapacità di “fare sistema” promuovendo lo sviluppo e il riuso di best practice.

Divari evidenti
La maggior parte del budget ICT nazionale è concentrato nel settore pubblico: quasi metà (48%) è collocato nelle ASL e un terzo (31%) nelle aziende ospedaliere. Seguono gli ospedali privati con il 15% e gli IRCCS con il 6%. La spesa ICT è ripartita iniquamente lungo la penisola. Le strutture sanitarie del Nord hanno budget vicini agli standard europei e rappresentano due terzi della spesa complessiva nazionale. Quelle del Centro-Sud sono molto distanti, con quote parecchio inferiori. Considerando l’entità della popolazione residente, ne deriva una spesa aziendale ICT pro capite di circa 21 euro al Nord (per esattezza 22 euro al Nord-Ovest e 20 euro al Nord-Est), contro una spesa di 12 euro al Centro e solo di 9 Euro per abitante nel Sud e Isole. Sono passate dal 43 al 46% le strutture sanitarie con un budget ICT al di sotto di 1 milione di euro e dal 37 al 40% quelle che dispongono di oltre 2,5 milioni di euro.

Le priorità: CCE e FSE
Gli ambiti “strategici”, con alta maturità e per cui sono previsti ulteriori investimenti nei prossimi tre anni, per gli investimenti ICT in Sanità sono soprattutto la Cartella Clinica Elettronica (CCE), la gestione amministrativa e i sistemi di integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Sono da considerare invece ambiti “consolidati” la gestione delle risorse umane e i sistemi di business intelligence, per cui si sono raggiunti alti livelli di maturità ma non si prevedono per il futuro ulteriori investimenti rilevanti. Al contrario, la gestione informatizzata dei farmaci e il supporto alla relazione con il paziente sono ambiti “emergenti”: non hanno ancora raggiunto un notevole sviluppo ma si prevedono elevati investimenti per il futuro. Infine, sono ancora marginali nella prospettiva delle strutture sanitarie i sistemi di clinical governance, la conservazione sostitutiva, la medicina sul territorio e la fatturazione elettronica, per i quali sono bassi sia la maturità attuale che gli investimenti previsti.

In cerca di governance
La volontà di fare innovazione in Sanità si scontra in Italia, come prima ricordato, con la presenza di una governance frammentata e spesso inefficace. La responsabilità della gestione è infatti suddivisa in una rete a più livelli di attori autonomi, i cui comportamenti si influenzano reciprocamente. Capita spesso, così, che un’innovazione possibile non trovi applicazione a causa della mancanza di un “autore” che dal punto di vista organizzativo prenda l’iniziativa, assumendosi oneri e responsabilità.
“La ricerca evidenzia la necessità di una governance condivisa – rimarca Corso – capace di incentivare e favorire sia il coinvolgimento verso i livelli più bassi sia la disponibilità verso quelli più alti, insieme alla collaborazione con gli attori dello stesso livello”.

 

Aree di eccellenza

Ecco alcune delle strutture sanitarie premiate dal Polimi per l’innovazione ICT.

L’Ausl di Reggio Emilia ha avviato un progetto per l’implementazione della Cartella Clinica Elettronica Medica e Infermieristica. La nuova soluzione si avvia diventare operativa in queste settimane, facendo cooperare efficacemente tutti gli applicativi con la nuova anagrafe interaziendale, con il nuovo sistema di ordinazione delle prestazioni e con il data warehouse clinico.
L’Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni Battista di Torino nel giugno 2008 ha avviato un progetto sperimentale di telemedicina nella radiologia domiciliare per garantire l’assistenza radiologica a domicilio alle persone anziane, ai disabili o ai soggetti in condizioni tali per cui il trasporto in ospedale sarebbe difficile. Adesso è pronta una stazione radiologica mobile in grado di effettuare gli esami al domicilio del paziente con una qualità clinico-diagnostica comparabile a quelli effettuati in ospedale.
Presso l’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera il progetto W:ood (WEB Ospedale Orientato al Digitale), un’applicazione Web per la notifica e la consultazione dematerializzata dei documenti clinici, ha permesso una riduzione della documentazione cartacea, una maggiore velocità di reperibilità della documentazione archiviata, un miglioramento di qualità della documentazione e dei processi di monitoraggio e il controllo dell’attività sanitaria.
L’Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, infine, ha messo a punto un percorso onco-ematologico sicuro, attraverso l’integrazione di automazione e tecnologie informatiche, con una reingegnerizzazione dei percorsi associati all’erogazione della terapia oncologica e un sistema che esegue l’allestimento robotizzato dei farmaci chemioterapici. La soluzione ha permesso la digitalizzazione dei flussi informativi e lo sgravio dalle attività a minore valore aggiunto in favore delle attività direttamente legate alla cura al paziente.