Dall’ultimo rapporto Assinform relativo al settore del Finance emerge come i nostri istituti finanziari considerino strategico il ricorso agli asset IT per innovare i propri modelli di business

A quanto ammontano gli investimenti in Information and Communication Technology delle istituzioni finanziarie italiane? Dopo l’agosto nero di piazza Affari e con l’andamento tuttora altalenante dei titoli di banche e assicurazioni, la domanda appare più che legittima, in riferimento a un settore che rischia di essere nuovamente azzoppato dalla possibilità che le economie occidentali ricadano in recessione.
Al quadro macroeconomico si aggiunge, poi, il rigore sui conti imposto agli operatori finance dalle recenti normative di Basilea III, in base alle quali ciascun istituto ha l’obbligo di conservare capitali di qualità primaria (common equity) e un patrimonio di base (core tier 1), in rapporto alle attività ponderate per il rischio, rispettivamente del 4,5 e del 6%.
Stante la fase attuale, sembrerebbe che le banche abbiano altro a cui pensare che non ai progetti di innovazione tecnologia dei processi produttivi e del rapporto con i clienti. La conferma della situazione di stallo arriva dall’ultimo rapporto Assinform, da cui emerge anzitutto come il 2010, avendo rappresentato un anno di calo generalizzato degli utili e di crescita delle sofferenze, abbia indotto gli istituti di credito e le banche a ripensare le proprie priorità strategiche. E se il primo pensiero di direttori e responsabili organizzativi va alla riduzione dei costi di gestione e al rafforzamento della liquidità, l’innovazione dei modelli di business si piazza al secondo posto nella lista delle cose più importanti da fare. È chiaro, infatti, che l’Information Technology, soprattutto grazie al fenomeno dell’IT consumerization, oggi può diventare un asset fondamentale al fine di migliorare la conoscenza dei clienti e aumentarne la fidelizzazione, così come per abilitare le tecnologie interattive della multicanalità.
Il punto è che, negli ultimi mesi, il riconoscimento da parte degli addetti ai lavori dell’importanza di tali risorse, se, da un lato, ha aperto la strada a ulteriori scenari evolutivi, come l’eventualità della prossima entrata in vigore della moneta elettronica quale metodo internazionale di pagamento, dall’altro non si sta traducendo in investimenti economici degni di nota.
Il dato emerge con evidenza per quanto riguarda le spese in infrastrutture di telecomunicazione, che nel 2010 hanno proseguito il trend negativo dell’anno precedente facendo registrare un calo del 7,1%, per un valore totale di 2.536 milioni di euro.
La riduzione maggiore delle spese, in particolare, fa riferimento alla componente dei servizi di fonia, fissa e mobile, che ormai sono considerati alla stregua di commodity, caratterizzate da una concorrenza di prezzo assai pronunciata per via della percezione dei fornitori come operatori pressoché indifferenziati. Sulla stessa falsariga le spese per le infrastrutture di rete, che hanno subìto un forte calo dovuto al downpricing degli apparati di rete a livello mondiale.

 

Risultati non molto distanti sono stati raggiunti nell’ultimo anno dalla spesa dedicata alle soluzioni IT.
Qui l’investimento complessivo degli istituti è pari a poco più di 4 miliardi di euro, secondo una dinamica negativa che riguarda soprattutto le banche di grandi dimensioni, mentre le medie e le piccole hanno mantenuto invariato il livello della spesa; da segnalare come sulla riduzione degli investimenti abbiano inciso gli effetti del completamento dei progetti di integrazione di infrastrutture e applicativi precedentemente acquistati dai CIO.
Dopodiché, il calo più consistente riguarda ancora una volta la componente dei servizi, penalizzati dalla conclusione dei suddetti processi di integrazione e dalla diminuzione delle tariffe. Riprende a crescere, invece, seppure in maniera limitata, l’hardware, per via dell’acquisto nel secondo semestre dell’anno di sistemi high end e mainframe, mentre pare che il software stia attraversando un momento di passaggio, dunque di stasi, dovuto all’affacciarsi, presso l’utenza, dei nuovi paradigmi del Cloud Computing e al conseguente inizio di una fase di transizione tecnologica.

L’IT in banca: un driver per migliorare il rapporto con i clienti
Per quanto riguarda i criteri che guidano la spesa IT degli istituti, gli interventi di compliance, soprattutto alla luce delle recenti normative introdotte in tema di vigilanza, antiriciclaggio e Sepa, mantengono un peso rilevante sull’esborso complessivo, con un ammontare pari a circa il 20% del totale. Seguono i processi di razionalizzazione del back office, che però, dati i tempi lunghi di realizzazione, non risultano facilmente quantificabili; hanno conosciuto un netto rallentamento, invece, i progetti di rinnovo e sostituzione degli sportelli Atm. Restano elevati gli investimenti, pressoché obbligati, in sicurezza, con il buon numero di vendite fatte registrare dalle soluzioni di Risk Management e dagli strumenti di analytics. Senza dubbio, però, l’interesse maggiore degli utenti è generato dalle applicazioni di CRM, alla luce delle politiche di segmentazione e di rafforzamento della customer experience intraprese negli ultimi mesi dagli istituti.
Da questo punto di vista, il CRM costituirà una priorità per le banche nella misura in cui sarà in grado di migliorare la qualità della loro relazione con i clienti, in termini di capitalizzazione del patrimonio informativo raccolto e della possibilità di incrementare gli elementi di interattività. In tale ottica l’abilitazione dei canali innovativi di comunicazione, Internet e mobile (e-banking, phone banking) risulterà fondamentale per la buona riuscita dei progetti già in corso.
A livello infrastrutturale, i dati Assinform confermano infine che le sfide poste dall’IT saranno affrontate dalla maggioranza degli istituti bancari sulla base degli asset forniti dal Cloud Computing, per via delle opportunità offerte dalle tecnologie del settore di ottimizzare le risorse disponibili e di estendere la platea di applicazioni e utenti potenzialmente raggiungibili.

 

L’IT guida le assicurazioni verso Solvency 2
Il biennio 2009/2010 ha segnato una forte ripresa per il settore italiano delle assicurazioni, che ha conosciuto una crescita complessiva della raccolta soprattutto per merito dell’exploit dei rami Vita e Danni e per le buone performance fatte registrare, sul fronte dei canali di distribuzione, dai promotori finanziari. Il buono stato di salute del comparto autorizza quindi buone previsioni per quanto riguarda la propensione alla spesa in IT da parte delle principali compagnie di assicurazione, come confermato dai dati raccolti dal rapporto Assinform. Le ricerche condotte dall’associazione aderente a Confindustria attestano infatti la presenza di investimenti in tecnologia rimasti sostanzialmente invariati nel 2010, per un valore totale di 980 milioni di euro. I motivi che hanno indotto le assicurazioni a non seguire le banche nei trend al ribasso della spesa fanno riferimento alle normative disciplinari del settore, che imponendo agli operatori l’aggiornamento dei propri sistemi informativi hanno evitato la contrazione della spesa destinata alle componenti hardware, software e ai servizi. L’IT, in particolare, rappresenta per il settore assicurativo un driver utile a portare avanti i progetti di rinnovamento o sostituzione delle applicazioni più datate e onerose, così come la principale leva per adeguare le infrastrutture tecnologiche delle società alle normative di vigilanza imposte dal regolatore Isvap: Solvency 2, infatti, renderà necessario lo sviluppo di azioni di standardizzazione e di automatizzazione dei dati per alimentare i modelli di rischio, in chiave di monitoraggio e di produzione della reportistica destinata al management interno e all’ente di vigilanza.