Il moderno panorama del Project Management è caratterizzato da una veloce diffusione del paradigma concettuale che propone (e dai conseguenti metodi e pratiche) applicabili in settori diversi da quelli originali o tradizionali. Si può affermare che il PM rappresenti oggi una disciplina manageriale autonoma, consolidata ma, per molti aspetti, ancora bisognosa di conferme attraverso sperimentazioni e pratiche.

Da tempo si assiste ad una dinamica espansione del PM in tutte le organizzazioni, spesso in maniera non sufficientemente formalizzata. I dati incoraggianti non devono indurre a facili trionfalismi sulla modernizzazione dei tradizionali sistemi di gestione, ancora sostanzialmente burocratici. Una minaccia allo sviluppo e al consolidamento del PM è costituita dall’adozione di questa disciplina più come una moda culturale che come un modo di operare per il successo dell’impresa, qualunque ne sia la natura, in un contesto economico turbolento e in un’ottica di competizione internazionale.

 

Campi d’applicazione

Il termine “progetto” significa “gettare avanti” e il moderno concetto di PM mostra la sua natura dinamica, ma i significati originali sono stati dimenticati. Per effetto del tempo e di una certa pratica si è sviluppata la propensione a confondere il progetto con il prodotto del progetto o, quantomeno, a enfatizzare eccessivamente quest’ultimo. Il PM ha come premessa imperativa un salto qualitativo dalla cultura di identificazione nel prodotto alla cultura di identificazione nel processo. L’attenzione e la tensione all’intraprendere viene prima dell’accurata esecuzione delle specifiche tecniche; coloro che vi lavorano dovrebbero essere prima intraprendenti e poi tecnici o specialisti. Il PM è definibile come la gestione di un’impresa complessa, unica e di durata determinata, rivolta al raggiungimento di un obiettivo chiaramente predefinito mediante un processo (continuo) di pianificazione e controllo di risorse differenziate, con vincoli interdipendenti di costi, tempi, qualità. “Gestione di un’impresa complessa, unica e di durata determinata” induce un richiamo al concetto di sistema e alcune riflessioni su quello di impresa. Relativamente al concetto di sistema ci si limita a ricordare che l’elemento caratteristico della Teoria Generale dei Sistemi è costituito più dall’attenzione alla ricerca delle congruenze logiche-funzionali delle varie parti che dalla definizione e specifica delle stesse. L’attenzione alle relazioni mobilita più energie verso la ricerca di meccanismi di coordinamento e integrazione che verso la puntualizzazione di specifiche specialistiche, senza nulla togliere all’importanza e all’essenzialità di queste ultime. “Impresa”, in questo contesto, assume il significato di “intrapresa” con l’inclusione del concetto di “business”: ha di peculiare l’idea di temporaneità e di non ripetitività, praticamente l’idea di incertezza e di rischio. “Obiettivo chiaro e predefinito” non è un invito all’introduzione o al mantenimento di elementi di rigidità ma richiama il rispetto di alcuni principi fondamentali molto noti e diffusi ma poco rispettati nella pratica. Tali principi possono essere espressi brevemente come trasferibilità, trasparenza e misurabilità. La trasferibilità impone che gli obiettivi siano ragionevolmente decomponibili e trasferibili (è uno stimolo per lo sviluppo di una cultura delle deleghe); la trasparenza implica che siano comprensibili e non avere finalità ambigue o contraddittorie (è uno stimolo per lo sviluppo della cultura della negoziazione e dell’assunzione di responsabilità); la misurabilità presuppone che siano espressi in termini di elementi quantificabili e di misurabili (e uno stimolo per una cultura della quantificazione e della misurabilità) Il processo di pianificazione e controllo deve essere inteso in modo molto integrato: in quest’ottica si eviterà la tentazione di egemonizzare l’una o l’altro. L’enfasi sulla pianificazione può condurre al rischio di scrivere un complicatissimo “libro dei sogni” con una ricerca del perfezionismo che sarebbe facilitato dalla disponibilità dei supporti informatici. Sull’altro versante, l’enfasi sul controllo comporta il rischio di asfissiare il progetto a causa di possibili rigorose interpretazioni in termini fiscali. La pianificazione ed il controllo, affrontati e gestiti in simbiosi, devono permettere l’attuazione di successive azioni monitoraggio continuo traducendosi così in un indispensabile strumento per la gestione dei progetti che rimane, comunque, un fondamentale compito manageriale. Si considerano, infine, i termini “risorse differenziate”. Per quanto riguarda le risorse, queste sono sempre più limitate nella loro disponibilità rispetto alle necessità. In particolare: la risorsa umana richiede una più puntuale e pesata valorizzazione come risorsa critica; la risorsa tempo, specie in certe situazioni, è ancora troppo largamente considerata come una risorsa gratuita. In generale è ancora troppo poco diffusa l’idea che le risorse vanno gestite in funzione degli specifici obiettivi di progetto e non in funzione delle massime potenzialità cui le risorse stesse sono portatrici: spesso gli sprechi, le frustrazioni e i danni economici traggono origine proprio dalla errata valutazione del livello di performance richiesto alle risorse. Del termine “differenziate” si ricorda solo che è il maggior responsabile dei problemi di coordinamento e di integrazione e che, come tale, è sempre più l’elemento critico del PM.

 

Il Project Management Institute

Date queste premesse, non è un caso – come si notava precedentemente – che la gestione dei progetti sia oggi una vera e propria disciplina scientifica, oggetto di studio nelle più importanti università e che anche nel nostro Paese sta divenendo materia di docenza soprattutto nei master post laurea magistrale. Il termine “gestione di un progetto” si traduce oggi scientificamente e universalmente in “Project Management”, frutto di elaborazioni successive e di sperimentazioni che ne costituiscono il back round storico. Il Project Management, che nasce e si sviluppa negli USA a cavallo degli anni ’50 e ’60 in funzione delle complesse strategie aerospaziali USA, è fortemente connotato – nella sua fase iniziale – da tematiche e contenuti di system engineering. Quindi, negli anni successivi, viene gradualmente accolto nel settore industriale, fra le grandi corporation del settore edilizio e impiantistico. L’elaborazione dei contenuti e la definizione metodologica del PM viene nel frattempo adottata in modo permanente dal Dipartimento della Difesa statunitense – attraverso la redazione dei primi standard del Department of Defence – e dalla NASA. Questo patrimonio iniziale di sapere progettuale, risulta improntato a logiche, strategie e procedure di applicazione necessariamente “interne” a queste istituzioni. L’elaborazione, appena successiva, dei primi handbook disciplinari, così come la realizzazione di seminari e programmi di formazione manageriale per un pubblico vasto di manager e ingegneri, diffondono e approfondiscono con rapidità le tecniche di tale disciplina. Il focus iniziale del PM verte su alcuni temi-chiave quali la pianificazione e ottimizzazione tempi-costi (tramite le tecniche reticolari e una serie di algoritmi statistici), l’indicizzazione delle performance, la gestione dei conflitti fra management di linea e gruppi di progetto Agli inizi degli anni ‘70, una rilevante novità è rappresentata dal sorgere – nei paesi anglosassoni – di enti e società dedicate al Project Management, che organizzano una diffusa azione di informazione, promuovendo forum internazionali di professionisti e richiamando l’attenzione di media e di riviste e dando il via di fatto a una veloce estensione dell’ambito di applicazione della disciplina. È nel contesto di questa complessa e vasta attività che a metà degli anni ottanta si costituisce in Pennsylvania il Project Management Institute (PMI), cui faranno seguito altre realtà a livello internazionale ed europeo, prima fra le quali l’Association for Project Management (APM) britannica. Le attività del PMI nascono da subito con lo scopo di realizzare e condividere non solo metodologie e standard, ma anche linguaggi e culture comuni di un terreno (quello dei progetti) che in ragione della sua crescente vastità contiene una babele di prassi e vocabolari. Tale verifica comporta la raccolta e la sistemazione concettuale di curricula, competenze ed esperienze pratiche di progetto ad opera di un gruppo di studiosi e pratictioner – prevalentemente anglosassoni – riuniti intorno alla neonata istituzione (il PMI appunto), sino a organizzare in tal modo un terreno comune che sfocia nella “Guide to the Project Management Body Of Knowledge” (PMBOK). L’esperienza del PMI e il PMBOK ottengono una notevole espansione soprattutto alla fine degli anni ottanta e vengono adottati a livello internazionale, con parziali adattamenti per le realtà e i contesti manageriali europei e mondiali. Attualmente, il PMBOK rappresenta a livello mondiale gli standard comunemente accettati, e – tramite il PMI – supporta la certificazione dei programmi e della professione, senza tuttavia costituire una rigida summa di regole inoppugnabili, bensì proponendosi come vademecum, soggetto peraltro a frequenti revisioni e aggiornamenti.

 

PMItaly

In Italia, il punto di riferimento per l’aggiornamento circa i trend internazionali sulla gestione per progetti (e dei progetti) è costituito da alcuni “PMI chapter”, dirette emanazioni del Project Management Institute (www.pmi.org) sul territorio nazionale. Per un approfondimento delle tematiche del PM rimandiamo quindi il lettore ai siti PMI-NIC (Northern Italy Chapter – www.pmi-nic.org), PMI-Rome (www.pmi-rome.org), PMI-SIC (Southern Italy Chapter – www.pmi-sic.org) e alla nuova branch PMI-SIC Sede Puglia (branch_puglia@pmi-sic.org, in corso di attivazione)