Scienza e tecnica, un connubio alquanto complesso che richiede attitudini, competenze e percorsi educativi solo in parte simili. Questo e altri punti di riflessione e occasioni di approfondimento dalla quarta World Engineers’ Convention

Per una settimana Ginevra è stata al centro dell’ingegneria mondiale, ospitando la World Engineers’ Convention. Con oltre 1800 partecipanti, di cui un quinto giovani, la Convention ha concentrato l’attenzione di tecnici, scienziati e operatori del settore sulla sfida energetica. Il titolo, d’altro canto, condensava già l’intenso programma: Engineers Power the World – Facing the Global Energy Challenge si è dimostrata un’occasione stimolante per fare il punto sulla capacità di visione del futuro energetico degli oltre 140 Paesi invitati, un futuro che non può prescindere dall’apporto sostamziale di ingegneri e scienziati, da cui dipendono le intuizioni e le tecnologie che possono trasformare il mondo.

 

A rendere ancor più stimolante il contesto, poi, il 7 settembre è stato pubblicato a cura del World Economic Forum il Report 2011 dell’Indice di Competitività Globale, con la Confederazione Elvetica ancora una volta ai vertici della Top 10, tra le migliori al mondo nell’innovazione.

Scienza e tecnica, un connubio alquanto complesso che richiede attitudini, competenze e percorsi educativi solo in parte simili. Il Professor Rolf-Dieter Heuer, direttore generale del Cern, ha ricordato come la scienza sia un linguaggio universale; ha dimostrato come le domande chiave della fisica oggi ancora insolute possano trasformarsi nella chiave di volta del futuro. E’ dalla ricerca fondamentale, dalla capacità di indagare la materia, che passa la crescita delle conoscenza. Il Cern è scienza e ingegneria; senza l’apporto cruciale degli ingegneri non sarebbe stato possibile costruire il Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore con un anello di 27 km che nel vuoto (sulla Luna c’è un’atmosfera dieci volte più densa che nell’anello del Cern!) accoglie le collisioni dei protoni, un migliaio di volte più calde del cuore del sole.

 

Forse pochi sanno, al di fuori degli addetti ai lavori, che per monitorare ciò che accade nell’Lhc il Cern (in cui, non dimentichiamolo, nacque il world wide web) ha sviluppato il sistema più ampio e complesso di sensori, i cui dati, processati, permettono di osservare le collisioni tra le particelle. Pensate: ogni anno di attività dell’Lhc genera 15 Petabyte di dati; se volessimo, per assurdo, salvarli su Cd, ne avremmo bisogno un numero tale da costruire una colonna alta 20 m.

 

Proprio questi numeri, difficili da trasformare in concetti tangibili, contribuiscono a spiegare la profondità del legame che esiste oggi tra ricerca fondamentale, innovazione tecnologica e competenza ingegneristica. Applicate quanto vi ho descritto all’Ict che deve sostenere progetti di simile portata e avrete chiara la ragione per cui Paesi tuttora impegnati nella ricerca di base hanno poi la possibilità di innovare capillarmente, facendo leva sull’Ict e su sistemi informativi a elevata complessità.

 

Ginevra si è inoltre rivelata essere la piattaforma di discussione su scala globale della sfida energetica, con una sessione specifica dedicata all’energia nucleare dopo l’incidente di Fukushima e molto spazio riservato alle rinnovabili. La Confederazione, infatti, ha varato un anno fa il Masterplan Cleantech. Elaborato dal Dipartimento federale dell’Economia (Dfe) e dal Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e della comunicazione (Datec), il documento ha identificato le aree di intervento prioritarie e la strategia di sviluppo delle energie rinnovabili, accanto a specifiche azioni per migliorare l’efficienza delle risorse.

 

Confederazione e Cantoni agiscono da tempo in sinergia; nel sistema federale rossocrociato, infatti, spettano a Berna le linee guida strategiche ma ai Cantoni è affidata la responsabilità di tradurre le strategie in tattica e operatività. L’esperienza pluriennale delle piattaforme condivise di confronto ha permesso di orientare Cleantech verso un approccio metodologico condiviso e ben rodato, a cui oggi si associano scelte concrete. La scelta svizzera di uscire lentamente dal nucleare (La Svizzera dovrebbe chiudere la sua ultima centrale nel 2034) è proprio il frutto di un approccio gradualista, in cui si misurano le alternative possibili per verificare che il Paese possa davvero vivere e crescere con buona parte dell’energia fornito dal mix delle rinnovabili.