Il Supply Chain Management è una disciplina che ha come obiettivo finale la riduzione dei costi delle operation e il raggiungimento di un elevato livello di servizio al cliente

L’evoluzione della Supply Chain, intesa, in prima approssimazione, come una serie di sequenze di operation di tipo logistico e produttivo, ha attraversato vari stadi, che corrispondono a livelli di pervasività multisettoriale crescenti. Nati in ambito militare e trasferitisi successivamente all’interno delle aziende, gli studi, le ricerche e le soluzioni del Supply Chain Management (SCM) si sono estese anche nel settore commerciale, distributivo e dei trasporti. Si parla anche di SCM per le banche, istituzioni che hanno sempre rifiutato l’adozione delle filosofie organizzative e dei metodi provenienti dall’ambiente industriale, sottolineando la peculiarità del loro contesto ambientale. Attualmente i nuovi processi di produzione dei servizi bancari esulano da un contesto di nicchia e richiedono tecniche capaci di apportare un plusvalore al cliente, operando sulla base di elementi di integrazione e di razionalizzazione delle operazioni. I problemi della localizzazione sul territorio dei servizi tradizionali e di quelli automatizzati, la progettazione delle reti di home banking, la valutazione dei volumi di informazione da trattare sono esempi che evidenziano una serie di nodi nel processo produttivo sui quali esercitare azioni di miglioramento.
L’SCM può essere definito come un insieme di discipline, di metodi e di tecniche inteso ad assicurare la gestione integrata del flusso di tutte le risorse e dei prodotti dell’azienda e ha come obiettivo finale il raggiungimento di un opportuno livello di servizio al cliente ai minori costi possibili. Questa definizione (che riconduce l’obiettivo dell’SCM alla risoluzione di un problema di ottimizzazione del rapporto “Servizio al Cliente/Costi”) richiede un’analisi del profilo del cliente, una definizione del livello di servizio richiesto e una completa conoscenza dei costi aziendali. Di fatto, esiste una Supply Chain per ogni azienda: i principi di base della disciplina sono chiari, ma il baricentro dei problemi è diversamente posizionato in funzione del settore industriale e, spesso, delle particolarità della singola azienda.

Un anello mancante: l’integrazione
Dal punto di vista organizzativo, esistono alcune macro-tendenze rilevanti nel mondo delle imprese. Lo sviluppo per processi, l’outsourcing delle funzioni non strategiche e una maggiore produzione e circolazione di informazioni, contrapposta alla riduzione dello spostamento delle attrezzature, sono tra le correnti principali del mainstream organizzativo attuale. Per coniugare questi trend con l’obiettivo della logistica e creare un benefico effetto sinergico, è necessario verificare se la gestione della logistica è integrata e conoscere il flusso delle risorse e dei prodotti. Ne discende che, al problema di ottimizzazione del rapporto Servizio al Cliente/Costi, si aggiungono altre due variabili che influenzano i risultati: una di natura organizzativa e strutturale, l’altra di natura conoscitiva, che deve essere gestita anch’essa in modo integrato.
La parola magica è dunque “integrazione”. Quando, nel contesto SCM, si integra un complesso di entità, si devono eliminare le ridondanze strutturali e informative, annullare i tempi morti di transito, modificare i comportamenti procedurali per armonizzarli in una visione complessiva dell’intero processo logistico.
L’integrazione può essere realizzata se sono definiti, e fortemente condivisi, gli obiettivi della logistica nel contesto dell’orientamento al cliente, sia esso di natura interna o esterna, che costituisce il “manifesto di marketing” condiviso da tutta l’industria di produzione di beni e servizi. Se ne deduce che l’integrazione deve essere concepita almeno a due livelli: l’integrazione aziendale e quella interaziendale.
In Italia, la gestione integrata a livello aziendale, percepita e realizzata, non è effettiva e operante in tutte le realtà aziendali e riguarda l’acquisizione delle materie prime e dei materiali, la gestione della produzione e della distribuzione. In gran parte delle organizzazioni aziendali, l’integrazione è ancora parziale o addirittura affidata solo alla buona volontà delle strutture funzionali. I giapponesi, con il Just-In-Time, propongono un modello di organizzazione logistico-produttiva strettamente integrato in senso interaziendale. La gestione integrata interaziendale è operante solo in alcuni gruppi industriali e riguarda i rapporti con i fornitori, mentre risulta meno attuata quando le aziende sono di medie e piccole dimensioni.
Oltre ai motivi contingenti o dimensionali, una delle cause di insuccesso dei tentativi di integrazione interaziendale risiede nel mancato rispetto di un presupposto fondamentale, condizione necessaria per ogni progetto di successo. Infatti, si rileva sperimentalmente che le aziende intenzionate a procedere a una reciproca integrazione della propria gestione logistica caratteristica hanno successo solo se sono integrate internamente.
A livello aziendale, l’SCM si propone, tra l’altro, di progettare, gestire e controllare il flusso dei materiali e di tutte le altre risorse che compongono il processo produttivo. In alcune imprese il flusso dei materiali che viene gestito in maniera integrata è quello interno all’azienda; in altre, oltre a questo, si assiste all’inizio di un processo di integrazione di sistema grazie alla realizzazione di relazioni con i fornitori; infine si arriva sino al coinvolgimento del cliente. In ogni caso, l’efficacia del processo logistico è tanto maggiore quanto più numerosi sono gli stadi, sia di tipo produttivo che distributivo, della Supply Chain coinvolti in un processo di integrazione. Molti sono i punti di intervento necessari per realizzare l’integrazione; se si pensa che gli stadi successivi di una Supply Chain, da valle a monte, sono: il cliente finale del punto di vendita, il punto di vendita, il centro di distribuzione, il magazzino dell’azienda produttrice, l’azienda produttrice stessa, il magazzino del fornitore materie prime, ecc. Non esistono casi di integrazione completa di tutte queste entità; inoltre, la catena logistica è ancora più complicata poiché intervengono nuovi attori: i fornitori dei servizi di trasporto delle merci, di immagazzinamento, di distribuzione integrata.

L’impatto del Web
Internet e il Web hanno cambiato il panorama del business computing, generando nuove opportunità per le aziende che si sono avventurate nel mondo dell’e-business. Chi ha saputo trovare il modo d’utilizzare le potenzialità originate dalla connettività per incrementare in maniera intelligente l’efficienza della Supply Chain, riducendo il tempo di ciclo e garantendosi la fiducia e la fedeltà dei clienti, ha conseguito un notevole vantaggio competitivo.
L’impiego dell’ICT ha subito una sostanziale evoluzione nel corso degli anni. Inizialmente il networking all’interno delle aziende consisteva semplicemente nell’interconnessione dei terminali a un mainframe. Con l’avvento dei PC e delle killer application, gli utenti hanno potuto gestire i dati, produrre dei report e analizzare le informazioni aumentando, di conseguenza, la capacità di prendere decisioni in maniera rapida, rafforzando la potenzialità competitiva.
Internet ha avuto un ruolo chiave in questo processo, facendo sì che questi miglioramenti potessero essere attuati in qualunque tipo di impresa, di qualunque dimensione.
Il cambiamento essenziale è stato quello di introdurre dei sistemi che permettessero alle applicazioni non solo di “vedere” i dati, ma anche di farne un uso attivo. Questo passaggio coincide con la transazione da un sistema centrato sui processi interni a uno centrato sul cliente.