Il Cloud Summit di Innovation Group fa il punto sulle opportunità e i rischi della trasformazione della rete in un mondo di servizi

In una sala conferenze della sede di Assolombarda gremita all’inverosimile si è svolto l’appuntamento del 2012 con il Cloud Summit, il più atteso tra gli eventi organizzati da Innovation Group dedicati alle tematiche calde dell’It nazionale.
Che quello del cloud sia un hot topic è evidente a tutti, malgrado il mercato effettivo valga al momento solo lo 0,3% dell’It nel nostro Paese.
“Oggi per le aziende del settore il cloud è come la notte in cui tutte le vacche sono nere”. Così ha esordito Roberto Masiero, co-fondatore di Innovation Group, per spiegare come la varietà costituita dalle diverse modalità in cui si può declinare il concetto di cloud sia in realtà poco compresa e poco percepita.
Se tutti credono nel cloud e intuiscono il grande cambiamento di paradigma che porta con sé, sono in pochi a rendersi conto che di nuvola non ce n’è una sola, e che non è la tecnologia abilitate la vera rivoluzione, quanto il modo nuovo di applicarla e le best practice per ottenere la necessaria efficienza e coerenza.
Per Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia d’Impresa in Bocconi, la nuvola è un laboratorio di innovazione organizzativa, un incrocio dove si incontrano i processi di business. Come tale può rappresentare una straordinaria opportunità per il nostro Paese, che più di altri può imparare a sfruttarne la logica per superare la frammentazione e il disordine che lo penalizza rispetto a sistemi economici più razionalizzati.
Al centro di tutto dovranno esserci i dati, essi stessi forniti e gestiti come servizio in un’architettura aperta e connessa (Linked Open Data). In questo senso dovranno cambiare anche gli approcci alla privacy e alla sicurezza, vista l’impossibilità e la non convenienza a fermare lo scambio. Per svilupparsi il cloud ha bisogno di disciplina, di regole e di standard, ovvero di quello che la rete finora non è stata in grado di offrire. Affidabilità, garanzia e certezza nell’erogazione dei servizi devono essere il faro dell’economia portata sulle nuvole, mentre il Web resterà libero e anarchico.
Un errore che compiono molti vendor è quello di proporre il cloud come un’offerta speciale per rottamare i vecchi server, poiché in questo modo non si lascia spazio alla visione delle opportunità che il nuovo approccio può offrire al cambiamento dei modelli di business.

Le infrastrutture si evolvono
Di servizio garantito ha parlato anche Stefano Pileri, Amministratore delegato di Italtel. Oggi nel mondo ci sono 5,2 miliardi di clienti di servizi mobile nel mondo con 7 miliardi di sim. Cresce anche il numero di oggetti che senza intervento umano interagiscono con la rete usando applicazioni cloud, arrivati a 2 miliardi di device e che si prevede diventeranno 25 miliardi entro il 2016.
Evidentemente questo percorso obbligherà a cambiamenti significativi nelle infrastrutture di rete. In Italia già qualcosa è stato fatto in termini di normative, che ora sanciscono la possibilità di offrire un servizio migliore a pagamento negli scambi via reti Ip dove sia richiesta una qualità garantita, senza intaccare i principi di best effort e Net neutrality delle connessioni normali.
Per cui i servizi cloud avranno le loro “autostrade”, su cui transitare per assicurare il necessario livello di servizio.
E di infrastrutture ha parlato anche Massimo Fasoli di Cisco, a cui abbiamo chiesto come dovranno evolversi i datacenter per supportare l’enorme crescita di dati prevista.
I problemi non saranno solo di adeguatezza in termini di efficienza dei singoli componenti, ma anche nella logica di interoperabilità tra gli elementi dell’infrastruttura It nel suo complesso, vista ormai come sistema produttivo vero e proprio.
L’evoluzione del traffico inoltre mostra come il flusso di dati provenga da fonti sempre più eterogenee e non strutturate. Quanto questa complessità possa essere gestita da strumenti automatici o di management è la domanda chiave, e non può comunque prescindere dall’evoluzione del datacenter.
L’approccio deve essere end-to-end e Cisco ha annunciato un’evoluzione dei suoi sistemi di management in modo che prevedano interopereabilità tra server con fattori di forma diversi, integrando tanto sistemi a virtualizzazione spinta che macchine fisiche. Tutto integrato in un unico frame per ridurre la complessità.

 

Il cloud parte lento
Secondo Cisco per il momento in Italia sono le logiche di private cloud delle grandi aziende ad aprire la strada, mentre il cloud pubblico per le piccole e medie imprese si accinge solo ora a muovere i primi passi. In questo il nostro Paese è in leggero ritardo rispetto a mercati del Nord Europa, ma siamo agli inizi e l’offerta comincia a essere pronta e matura. La domanda seguirà entro pochi mesi.
Anche per Marco Pasculli, Regional director central mediterranean countries di Alcatel-Lucent “il business già c’è ed è enorme, ma riguarda più l’organizzare i datacenter dei fornitori che soddisfare le esigenze dei clienti, per i quali al momento forniamo quasi esclusivamente soluzioni d’accesso e applicazioni as-a-service come attività pilota”. In gran parte le richieste si limitano a soluzioni di Unified communication and collaboration, che rappresentano però un punto di partenza importante per il cambiamento dei modelli di business. Per il momento però l’interesse, pur crescente, si concretizza poco.
Il driver principale sarà comunque il time-to-market: il cloud non si farà per risparmiare, ma per rendere tutto più veloce e flessibile.
Un ruolo chiave nella diffusione dei servizi sarà comunque svolto dalle grandi compagnie di telecomunicazioni, con Telecom Italia in testa.
Gli ostacoli alla diffusione del nuovo approccio comunque non mancano e riguardano soprattutto il timore del nuovo, che si concretizza nella paura degli imprenditori di avere meno controllo sulle proprie cose, a cui si aggiunge la necessità di mettere a disposizione di altri soggetti dati prima considerati riservati.
In realtà la tecnologia già consente livelli di sicurezza maggiori di quanto previsto dall’approccio tradizionale di molte aziende.
Secondo Alcatel-Lucent, comunque, il 2012 sarà un anno di prime adozioni serie. “Prevediamo che con noi passerà dalla fase di test alla reale adozione delle soluzioni qualche decina di aziende e forse un paio di pubbliche amministrazioni”. Il settore pubblico dovrebbe essere comunque quello che subirà l’accelerazione più forte, sulla spinta delle scadenze sempre più impellenti dell’Agenda Digitale.