Anche in ambito business l’applicazione di tecnologie sociali e collaborative è utile a coltivare le relazioni e favorire le conversazioni ma se non vengono calate in approcci umani e socievoli e meno aziendali, i risultati potrebbero essere nulli o controproducenti.

La voglia di comunità descritta dal sociologo Zygmunt Bauman, ha portato al successo i social network, ma la cosa è più complicata quando il contesto è quello aziendale.

Le statistiche e le informazioni disponibili raccontano di una diffusione ampia delle nuove tecnologie sociali e collaborative in azienda. L’emergere di nuovi comportamenti nell’accesso all’informazione e di generazioni sempre più connesse ed interconnesse, ha spinto molte aziende ad investire nei social media con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di nuove forme di relazione tra dipendenti, clienti e partner. Dalla comunicazione si è passati alla conversazione e al racconto con l’intenzione di costruire e coltivare relazioni durature nel tempo e un rapporto più trasparente e autentico in grado di trasformarsi in un asset strategico per l’azienda e per la sua capacità di fidelizzare target, audience e clientela.

 

Perché gli impegati non amano le social app

Malgrado questi sforzi l’accettazione di social app per finalità enterprise non è ancora diffusa, come testimonia una survey pubblicata all’inizio del 2012 da Informationweek, che mostra come anche negli Stati Uniti i dipendenti non mostrino particolare gradimento per queste soluzioni, considerate più come una fonte aggiuntiva di informazioni da tenere d’occhio perdendo tempo, che uno strumento innovativo di business che migliora l’efficienza.

Del resto sono le conversazioni e i racconti che caratterizzano da sempre la rete (Cluetrain Manifesto) e gli spazi online di social e professional networking. Questi spazi sono spesso fuori controllo e lo sono a maggior ragione all’interno di strutture organizzate come le aziende. I social media e le tecnologie collaborative comportano una cessione di controllo e una disponibilità ad accettare l’imprevisto non sempre sopportabile da organizzazioni complesse come sono le aziende. Monitorare i flussi di conversazione e i contenuti in essi circolanti, gestire i toni e i volumi utilizzati, controllare che non si creino rotture relazionali è esigenza primaria per ogni azienda, soprattutto se opera sul mercato consumer o è molto attenta a valori e immagine della marca e dei suoi marchi.

Ma questo monitoraggio è pressoché impossibile e la scelta obbligata sta nell’accettazione del rischio che sempre è collegato ad una maggiore libertà e democrazia. Più del controllo e del monitoraggio conta la comprensione del ruolo che i nuovi media sociali hanno nel realizzare strategie di attenzione e focalizzazione sul cliente per garantirsi la sua fedeltà e fidelizzazzione. Molti clienti e utenti, così come molti dipendenti, vivono già esperienze sociali personali online e sentono il bisogno di trasferire questa esperienza anche nella vita lavorativa. Gli strumenti sono gli stessi e, se mancano, vengono richiesti, ma cambia l’uso che ne viene fatto perché diversi sono gli scopi e le finalità. Il consumatore è diventato ConsumAttore e il cliente vuole essere ascoltato in tutte le fasi, nelle quali partecipa ad una interazione con l’azienda o il fornitore.

 

Difficile rinunciare alle gerarchie

I social network portano in azienda un cambiamento reale nel modo con cui si sviluppano le relazioni con il cliente. Le parole chiave intorno alle quali l’azienda è chiamata a ripensare le sue strategie sono collaborazione, interazione, partecipazione e condivisione. Concetti e comportamenti semplici da praticare in comunità ristrette o in tribù omogenee in rete, complicate da realizzare in realtà nelle quali non sempre esistono la necessaria umiltà nell’ascolto, il rapporto fiduciario, la capacità di delega, la trasparenza sulle informazioni da condividere, la capacità a cedere parte di comando e leadership e soprattutto la disponibilità a trasformare il rapporto professionale in rapporto più personale, più sociale e più umano.

Le referenze e i casi di studio su implementazioni di successo dei social media in azienda continuano ad essere limitati ma non tali da impedire nuove sperimentazioni e progetti. Probabile che le une e gli altri aumentino con l’arrivo in azienda di nuovi manager e nuovi leader. Questi nuovi manager, cresciuti per età anagrafica nel mondo dei social network, dovrebbero essere più capaci di dare meno importanza alla tecnologia e maggiore attenzione ai rapporti umani e sociali. In fondo si tratta semplicemente di sviluppare una cultura aziendale orientata alla condivisione e praticare quello che si ama fare all’interno delle proprie cerchie di amici e reti sociali ma di farlo per costruire relazioni più strette e premianti con i clienti della propria azienda.