Big Blue, sorretta dalla sua visione strategica dello “Smarter Planet”, da più di tre anni sta investendo sul programma “Smarter Cities” in tutto il mondo. In Italia ha già toccato più di cento città.

Ibm crede nel business delle Smart City e dell’Internet degli oggetti, e lo ha dimostrato siglando dodici protocolli strategici, avviando diversi progetti di innovazione e consolidando una comunità di circa 40 città in partnership con Forum PA. La società ha anche investito 100 milioni di dollari in attività culturali tra i cittadini, che ritiene una condizione indispensabile per il successo delle iniziative di miglioramento del sistema ambientale. Come offrire di più, in termini di qualità e personalizzazione, con meno: questa è la grande sfida delle città italiane e non solo.

 

Cristina Farioli, Direttore Sviluppo e Innovazione IBM Italia, in merito a questo tema si è domandata :“Come l’IT può venire incontro a questo proposito, avviando un processo di innovazione capace di ripagarsi in tempi brevi? Intervenendo in modo prioritario in aree critiche capaci di liberare risorse è la nostra risposta. Queste aree sono: l’elusione ed evasione, per recuperare denaro; la gestione oculata degli asset (identificare il patrimonio, le sue caratteristiche, gestirlo e manutenerlo correttamente può significativamente abbattere i costi); lo sviluppo di nuovi servizi, ritagliati sulle caratteristiche della città, che può permettere nuove entrate. Si tratta quindi di riuscire a bilanciare le 3 leve, in accordo con gli obiettivi della città”.

 

 

 

 

Questo però non basta, è necessario saper osservare i fenomeni che si stanno manifestando e che già tracciano la rotta di nuovi cambiamenti. La città sta divenendo uno spazio più ampio rispetto ai meri confini dell’Amministrazione Comunale, lasciando il passo al Sistema Urbano. Le aree metropolitane sperimentano un forte deficit infrastrutturale, in particolare per quanto concerne la mobilità, non solo urbana (aeroporti, alta velocità), il degrado di ampi quartieri nelle periferie storiche e le trasformazioni dei modelli abitativi. I sistemi di città piccole e medie richiedono invece di essere meglio strutturati nella loro articolazione multiregionale, rafforzando le relazioni di complementarità e sinergia tra i singoli centri e le connessioni con le reti globali.

 

Quale infrastruttura tecnologica?

 

È ormai un dato di fatto che le pubbliche Amministrazioni Comunali con meno di 5.000 abitanti dovranno raggrupparsi e tali aggregazioni dei piccoli comuni dovranno, al più presto, condividere almeno tre delle nove funzioni fondamentali indicate dall’art.19. Le Regioni, inoltre, saranno chiamate a un vero e proprio riordino del territorio, che comprenderà la città metropolitana, le aree vaste e le unioni di medi e piccoli comuni.

 

È evidente che in questa situazione l’infrastruttura tecnologica risulterà fondamentale per facilitare l’integrazione dei servizi e più banalmente, anche solo lo scambio di informazioni tra gli stessi enti che si consorzieranno. Una serie di servizi e funzioni potranno anche essere erogati in modalità cloud, determinando risparmi economici diretti, grazie all’utilizzo di apparati tecnologici, ed indiretti, derivati dalla riduzione di  un’ attività tecnica/tecnologica di formazione e aggiornamento del personale.

 

Centrale inoltre, nel sistema urbano, resta la “Governance”, ovvero la capacità di seguire a livello territoriale come le indicazioni vengano interpretate e tradotte in servizio per il cittadino. “A supporto della governance – precisa Farioli – si collocano tutti quei sistemi o motori di intelligence in grado di misurare, interpretare, pianificare e anticipare i fenomeni. È il caso dell’ IBM Intelligent Operations Center for Smarter Cities, una nuova soluzione studiata per aiutare le città, di ogni dimensione, ad ottenere una visione complessiva delle informazioni dislocate nei diversi dipartimenti e nelle agenzie che lavorano per la città stessa. Grazie all’applicazione di modelli analitici avanzati ai processi delle attività amministrative locali, gestiti attraverso un unico punto di comando centrale, le città saranno in grado di prevedere i problemi, rispondere alle situazioni di crisi e gestire al meglio le risorse”.

 

Gli obiettivi di cui sopra, riconosce la stessa Farioli, non sono facili da raggiungere per la molteplicità di freni, la poca concordanza sulle cose utili da fare subito, la poca conoscenza delle tecnologie disponibili, la mancanza di risorse economiche e soprattutto l’assenza di una cultura non solo tra i cittadini ma anche tra gli amministratori. Non è un caso che IBM stia lavorando molto proprio su quest’ultimo punto.

 

Negli ultimi 3,5 anni la società ha speso 100 milioni di dollari per “istruire” 100 città (Siracusa per l’Italia) per far capire loro, verso quale modello innovativo di città sia necessario andare. Sono fondamentali inoltre delle piattaforme di sostenibilità, in cui coinvolgere banche e piccole aziende, obiettivo per cui IBM si sta dando da fare. Ma il vero punto di forza sarà quello che l’esponente di IBM chiama, tavolo dell’innovazione, come momento di confronto tra politica e tecnica e per il rilancio della trasversalità, inteso come un passo culturale fondamentale all’interno delle Amministrazioni.