Gestire una o più commesse di grandi dimensioni richiede il supporto della tecnologia e professionalità. Può farlo chiunque? Quali competenze contano per scegliere o diventare un Project Manager di successo?

Sempre più spesso, si sente parlare di Project Management. In esso, l’Information Technology gioca un ruolo cruciale. Molti progetti, infatti, sono in ambito IT  e ne abbiamo parlato nell’articolo che trovate a questo link. Inoltre, quando si ha a che fare con l’ingegneria civile e ambientale o con quella industriale, la gestione di una o più commesse, soprattutto se di grandi dimensioni, richiede quasi sempre il massiccio ricorso all’Information Technology.

Se è vero che chi ben comincia è a metà dell’opera, non si deve sbagliare nella scelta del Project Manager: può farlo chiunque? Quali sono le competenze richieste?

 

L’articolo 46 del DPR n°328 del 5 giugno 2001

Per essere un Project Manager di successo, occorre avere una grande padronanza delle più moderne tecniche di Project Management (oggetto di studio nei corsi di laurea in ingegneria) e una profonda conoscenza dell’ingegneria civile e ambientale, industriale o dell’informazione, in base al particolare ambito del progetto.

Non deve stupire, quindi, il contenuto dell’articolo 46 del DPR n°328 del 5 giugno 2001, che stabilisce le competenze professionali degli ingegneri. Questi non vanno confusi con i meri laureati in ingegneria, come chiarito dalla circolare CNI n°383 del 26 gennaio 2011. Essa evidenzia la differenza fra il titolo accademico e quello professionale, prerogativa dei soli iscritti all’albo degli ingegneri.

 

Il mondo del lavoro e le certificazioni in materia di Project Management

Tra i requisiti che compaiono nelle ricerche di personale per ricoprire il ruolo di Project Manager, di rado si trova l’iscrizione all’albo degli ingegneri. Ciò è particolarmente vero per il settore industriale e per quello dell’informazione: qui più che altrove, infatti, il Job Title di Project Manager sembra deregolamentato e alla portata di tutti.

Lo stesso discorso, purtroppo, vale anche per le altre figure che caratterizzano il variopinto mondo del Project Management. Basti pensare al Planner/Scheduler (a questo proposito, si veda l’articolo di Giovanni Bonini pubblicato nel numero di maggio 2009): responsabile della pianificazione di una o più commesse, non può prescindere da una profonda conoscenza dell’ingegneria civile e ambientale, industriale o dell’informazione, secondo il particolare ambito del progetto.

Per essere un bravo Planner/Scheduler, infatti, non basta conoscere il Critical Path Method (CPM), la Program Evaluation & Review Technique (PERT) o l’Earned Value Management System (EVMS). Occorre anche avere quelle nozioni che soltanto un ingegnere (o un architetto, per le opere di edilizia civile) è in grado di padroneggiare, in base alle competenze professionali che gli sono proprie.

Non esiste, quindi, la professione del Planner/Scheduler. Al contrario, esiste quella dell’ingegnere (o dell’architetto, per le opere di edilizia civile), al quale affidare la pianificazione delle commesse, quando queste sono inerenti all’ingegneria civile e ambientale, industriale o dell’informazione.

Non ha senso, infatti, parlare di Project Scheduling & Control, prescindendo da una profonda conoscenza delle attività che si è chiamati a pianificare. Basti pensare, tanto per fare un esempio, al Front End Engineering Design (FEED) di una piattaforma petrolifera, soprattutto se gestito con la metodologia nota come Fast Tracking. Essa implica forti compressioni/sovrapposizioni, al fine di anticipare il più possibile la Completion Date.

Le competenze professionali sono stabilite dalla normativa vigente, non dalle aziende o da chi si occupa di selezione del personale: legate al percorso di studi intrapreso, si accrescono con l’esercizio della professione (Learning by Doing) e la formazione continua.

Pensare o sperare che la sola pratica possa sostituire del tutto la teoria è un’illusione alla base di molti fallimenti: progetti che non finiscono mai o che, quando terminano, hanno un Actual Total Cost ben maggiore del loro Budgeted Total Cost/BL Project Total Cost.

Il mondo del lavoro dà grande importanza alle certificazioni in materia di Project Management. Tuttavia, sebbene aggiungano valore al titolo professionale, esse non possono in alcun modo sostituirlo. Basti pensare, per esempio, alla pianificazione delle attività da svolgere per costruire un edificio in cemento armato, per non parlare della direzione lavori vera e propria.

Ben vengano, quindi, le certificazioni in materia di Project Management, ma nel pieno rispetto delle competenze professionali stabilite dalla normativa vigente.

 

Le società, i contratti e il Body Rental

Molte aziende hanno un Project Management Office (PMO) costituito da un certo numero di dipendenti, assunti a tempo determinato o indeterminato. Altre, invece, si affidano a dei liberi professionisti (da non confondere con i lavoratori autonomi, che, a differenza dei liberi professionisti, non sono iscritti a un albo professionale) o a delle società di consulenza.

In alcuni casi, le aziende fornitrici di personale qualificato si comportano come dei semplici intermediari: consentono alla domanda e all’offerta d’incontrarsi e in ciò consiste il valore aggiunto da esse generato. Come fornitori di servizi, queste società ricercano persone e professionisti, a fronte di una specifica richiesta proveniente da un potenziale Cliente (“Ci serve un Project Manager”). Fatta una prima scrematura, le aziende di questo tipo inviano al potenziale Cliente una ristretta rosa di profili e organizzano una serie di colloqui, spesso a spese dei candidati. Quando il Cliente ha deciso a chi affidare l’incarico, gli viene “venduta” la risorsa. Soltanto a questo punto, essa viene messa sotto contratto, con un rapporto di subordinazione nei confronti della società fornitrice di personale qualificato.

Il margine dell’intermediario è tanto più grande quanto: 1) maggiore è il prezzo di vendita (spesso espresso da un Daily Rate per ogni giornata lavorata); 2) minore è il costo sostenuto per l’acquisto della risorsa. Ecco perché, con una certa frequenza, le aziende di questo tipo ricorrono al contratto a progetto: peccato che questa forma contrattuale sia incompatibile con l’iscrizione a un albo professionale (si veda la circolare CNI n°323 del 26 marzo 2010).

Se fosse possibile instaurare un rapporto diretto, privo d’intermediari, il Cliente e il professionista ne sarebbero avvantaggiati, poiché verrebbe meno la percentuale trattenuta da chi li mette in contatto, a volte dell’ordine del 40% del prezzo di vendita della risorsa.

Accanto ad aziende come quelle appena considerate, ci sono anche delle società di consulenza che selezionano e formano il proprio personale, prevedendo un percorso di crescita ben strutturato, spesso comprendente il conseguimento di una o più certificazioni in materia di Project Management.

In ogni caso, le competenze professionali stabilite dalla normativa vigente andrebbero sempre rispettate, trattandosi non di una barriera all’entrata, ma di un elemento chiave per il successo, necessario per garantire la qualità dei prodotti (che sono un Mix di aspetti tangibili e intangibili) e dei servizi offerti al Beneficiario/Cliente finale.