Venti anni di strategie per costruire crescita e innovazione

Ormai è solo questione di tempo; la Strategia di Lisbona è giunta al capolinea ed è già tempo per una nuova strategia di crescita che tenga conto di ciò che sarà l’Europa nei prossimi dieci anni.  La storia della Strategia di Lisbona è storia travagliata; nata in un periodo di forte crescita, dopo le gravi crisi di inizio millennio, nella primavera del 2005 è stata interamente rivista, con una focalizzazione più decisa sugli elementi in grado di promuovere crescita e lavoro, attraverso un netto potenziamento delle attività in partnership. Il processo è diventato ciò che oggi è noto come Lisbona II. La Commissione in sede di valutazione, pur riconoscendo i molti limiti, ha ritenuto però che gli sforzi abbiano comunque generato risultati nel complesso positivi, capaci di avviare alcune riforme strutturali, rendendo l’economia europea più resiliente.  La nuova Agenda si chiamerà Europa 2020, un’agenda destinata ad avviare una crescita “smart”, sostenibile in grado di costruire maggior coordinamento tra i Paesi, per una politica sempre più europea, condivisa. Le tre priorità della strategia sono già delineate: crescita “smart”, per sviluppare un’economia costruita sulla conoscenza e sull’innovazione; crescita sostenibile per un’economia competitiva che sappia utilizzare con efficienza le risorse; crescita inclusiva, per far crescere il numero di occupati, per costruire coesione sociale e territoriale.

 

Verso Europa 2020
Rispetto all’Agenda di Lisbona e alla Società della conoscenza sottesa, Europa 2020 si concentra sulla sostenibilità, pur non trascurando l’economia digitale. Promuovere aziende “low-carbon”, investire nello sviluppo di nuovi prodotti, modernizzare formazione ed educazione sono alcune delle priorità già identificate. Come accadde per l’Agenda di Lisbona, non mancano i target specifici: portare il tasso di occupazione al 75%, spingere gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Pil, realizzare gli obiettivi di Europa 20/20/20, la strategia ambientale prevista, destinata al contenimento delle emissioni di Co2 (ammesso che ve ne siano le condizioni) addirittura al 30 per cento; consentire ad almeno 20 milioni di persone di uscire dalle condizioni di povertà; ridimensionare il rateo di abbandono dell’obbligo scolastico, portando la percentuale di giovani nelle università dal 31 al 40. Perché gli obiettivi possano trasformarsi in realtà, Europa 2020 identificata sette azioni specifiche che coinvolgono tanto l’organizzazione sociale quanto quella culturale della Ue. “Innovation Union” migliorerà le condizioni al contorno necessarie per finanziare iniziative innovative, per far sì che dalle idee si passi realmente ai prodotti; “Youth on the move” è destinata a migliorare i sistemi educativi per facilitare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro; l’”Agenda digitale” proseguirà gli sforzi profusi per dotare l’Unione di accessi veloci a internet; la politica industriale per la globalizzazione migliorerà le condizioni del business, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese; “resource efficient Europe”, invece, potenzierà l’efficienza delle risorse energetiche oltre che modernizzare il settore dei trasporti; l’”Agenda per le nuove competenze e le nuove professioni” è finalizzata allo sviluppo di nuove skill, al miglioramento della mobilità, al potenziamento dell’incontro domanda-offerta. Infine, la piattaforma europea contro la povertà dovrebbe costruire maggior coesione sociale e territoriale.

 

The Lisbon Review: la voce del World Economic Forum
Perchè questa lunga premessa? Perchè le declaratorie della Commissione non sono certo una novità ed Europa 2020 promette di essere anche più articolata della pure interessante Agenda di Lisbona che in dieci anni ha permesso di costruire molto, ma ha anche dimostrato tutti i limiti di strategie che, per quanto condivise, faticano a radicarsi nei diversi Paesi dell’Unione. Lo scorso maggio il World Economic Forum ha presentato l’ultima revisione dei risultati dell’Agenda, dati che mostrano, per ciascun Paese, lo scostamento effettivo dai target attesi e che delineano per l’Italia un quadro poco confortante. Pensate che nella graduatoria Ue27 dei Paesi più performanti siamo solo terzultimi; non ci consolerà sapere che dietro di noi abbiamo Bulgaria e Romania.
Società dell’informazione e innovazione sono state due delle sfide cruciali del primo decennio del nuovo secolo; insieme agli obiettivi puntuali la Strategia ha portato con sè metriche e metodologie specifiche di misura, necessarie per valutare gli stati avanzamento. Capacità di prevenire la fuga dei cervelli, attrarre ricercatori dall’estero, facilitare la mobilità dei professionisti sono tutti dati rilevati e monitorati. Oltre a ciò si è costruito un indice che tenesse conto degli investimenti nel business, dei brevetti registrati, della qualità delle istituzioni di ricerca scientifica, dell’estensione delle reti di collaborazione delle università e delle aziende, delle azioni a difesa della proprietà intellettuale. Naturalmente, sono parte della Strategia anche le quattro libertà chiave, merci, servizi, capitale e lavoro, a cui un contributo è stato dato dalla tanto discussa Direttiva Servizi, emanata nel 2006 e destinata al pieno recepimento (ma così non è stato) entro dicembre 2009. Tra le misure applicate per valutare lo stato avanzamento della Strategia di Lisbona non sono mancate quelle necessarie a valutare il miglioramento del funzionamento dei mercati, attraverso azioni di liberalizzazione (telecomunicazioni e aviazione in primis ma ora, con la specifica direttiva, anche la posta) e costruzione di network di industrie.  Per costruire lo stato avanzamento il World Economic Forum esplora anche il contesto dei servizi finanziari, sempre critico soprattutto per attrarre capitali, la capacità dei Paesi di facilitare la nascita e la crescita delle Start Up (grazie a un apparato burocratico adeguato). La creazione di nuovi posti di lavoro, inserita nella Strategia Europa 2020, è un obiettivo anche della Strategia di Lisbona; cambiano solo le percentuali da raggiungere. In questo caso si tratta del 70% di occupazione rispetto al dato Eurostat di 65,9% del 2008; non è nuova neppure la scelta di avviare lo sviluppo sostenibile.

 

Risultati a macchia di leopardo
Ora che sono più chiare le aree soggette a monitoraggio e misurazione è opportuno dare un’occhiata ai risultati. Grecia e Italia sono i Paesi più deboli nell’innovazione e nella ricerca e sviluppo con rilevanti debolezze nell’inclusione sociale e nella costruzione di un contesto normativo e di regole in grado di promuovere il business. In particolare nell’inclusione sociale la Grecia è scivolata dal 22esimo posto al 24esimo; agli ultimi due posti ci sono Bulgaria e Romania che, però, sono anche gli ultimi due Paesi ad essersi uniti all’Unione e soffrono ancora di opacità del contesto e scarsa penetrazione delle nuove tecnologie nel tessuto produttivo. Preoccupante anche la situazione italiana che peraltro riflette i risultati di molti altri indici; basta pensare alla 27esima posizione nell’area che prevede lo sviluppo di un contesto adatto alla crescita di business e imprese. Fa riflettere l’analisi del World Economic Forum sui Paesi in attesa di unirsi ai 27; in questo “gruppo speciale d’osservazione” il Montenegro ha fatto un po’ meglio della Croazia, anche se le sue prestazioni complessive restano inferiori a quelle degli ultimi cinque Paesi nella graduatoria Ue27, ovvero Grecia, Polonia, Italia, Romania e Bulgaria. La Turchia, invece, fa meglio della sola Bulgaria. In poche parole, come osserva il rapporto del World Economic Forum, ci sono Paesi esclusi dall’Unione che già oggi fanno meglio di Paesi membri a tutti gli effetti, qualcuno anche da parecchi anni.  Ai primi posti tra i Paesi Ue che meglio di altri hanno lavorato per costruire la Strategia di Lisbona troviamo, e non è certo una sorpresa, i Paesi scandinavi; sono gli stessi che nelle graduatorie degli indici di competitività, innovazione e gender gap si piazzano tra i Top Ten. Pensiamo alla Svezia, per esempio (si veda tabella 1). La graduatoria del Gender Gap Index (che abbiamo esaminato nel precedente numero di FBR Italy) è un indicatore di quanto un Paese sappia fare nella partecipazione dei propri cittadini alla vita economica, al contesto educativo, al contesto politico. Uomini e donne che lavorano insieme rappresentano certamente una risorsa in più; minore è il gender gap più risorse umane sono mobilitate sul territorio. Finlandia, Svezia, Danimarca sono tra i Top Ten 2009 e sono pure nelle prime tre posizioni per raggiungimento degli obiettivi di Lisbona.

 

Tabella 1 Confronto 2008 – 2010 – Graduatoria soddisfacimento obiettivi Agenda di Lisbona

 

Paese Rank 2010 Punteggio 2010 Rank 2008
Svezia 1 5,83 1
Finlandia 2 5,72 3
Danimarca 3 5,61 2
Olanda 4 5,51 4
Lussemburgo 5 5,43 7
Germania 6 5,39 6
Austria 7 5,39 5
Francia 8 5,22 8
Regno Unito 9 5,15 9
Belgio 10 5,15 10
Irlanda 11 5,00 11
Estonia 12 4,96 12
Cipro 13 4,83 13
Slovenia 14 4,79 15
Repubblica Ceca 15 4,71 16
Portogallo 16 4,70 14
Malta 17 4,58 18
Spagna 18 4,53 17
Slovacchia 19 4,45 20
Lituania 20 4,39 19
Ungheria 21 4,28 22
Lettonia 22 4,21 21
Grecia 23 4,18 23
Polonia 24 4,07 26
Italia 25 4,03 24
Romania 26 3,96 25
Bulgaria 27 3,77 27
Media Europea = 4,81 =

Fonte: www.weforum.org

 

Tabella 2 – I sub indici della Strategia di Lisbona e il posizionamento dei Paesi Ue27

 

Paese Società dell’informazione
Rank 2010
Innovazione
Ricerca e Sviluppo Rank 2010
Sviluppo sostenibile
Rank 2010
Inclusione sociale
Rank 2010
Servizi Finanziari
Rank 2010
Reti di aziende
Rank 2010

Contesto
Di Business
Rank 2010

Liberalizzazioni
Rank 2010
Svezia  1  2  1  3  1  2  4  1
Finlandia  5  1  3  2  3  8  2  7
Danimarca  3  3  5  1  6  4  7  5
Olanda  2  5  6  4  7  7  6  2
Lussemburgo  7  12  7  5  2  5  1  6
Germania  9  4  2  9  9  1  17  4
Austria  6  8  4  8  4  6  10  3
Francia  10  9  9  13  5  3  12  11
Regno Unito  4  7  10  14  14  9  11  10
Belgio  14  6  11  6  11  11  8  8
Irlanda  13  10  8  11  17  18  5  9
Estonia  8  14  14  16  10  13  3  14
Cipro  16  21  18  7  12  10  13  13
Slovenia  12  11  12  15  19  15  15  18
Repubblica Ceca  17  13  16  10  15  20  19  12
Portogallo  15  16  13  17  16  12  16  19
Malta  11  23  27  12  8  16  23  16
Spagna  20  15  15  21  13  14  25  15
Slovacchia  18  25  17  18  20  23  9  17
Lituania  19  20  19  20  21  19  18  24
Ungheria  22  18  22  23  23  21  20  21
Lettonia  21  24  20  26  26  24  14  22
Grecia  25  17  21  24  18  17  26  25
Polonia  26  22  23  19  22  26  24  20
Italia  23  19  24  25  24  22  27  23
Romania  27  26  25  22  25  27  21  26
Bulgaria  24  27  26  27  27  25  22  27

 
Fonte: www.weforum.org