Il mondo delle libere professioni, rappresentato in maniera unitaria dal Cup, chiede alla politica il riconoscimento del suo ruolo e della sua importanza

All’orizzonte c’è la discussione di una legge di riforma e la richiesta di una piena rappresentatività istituzionale. I professionisti, come forza sociale di rilievo, chiedono di sedere al tavole delle concertazioni, al pari di altre categorie economiche. Sono oltre 2 milioni e a loro volta danno lavoro ad altre 6 milioni di persone e rappresentano, nell’insieme, il 13% del Prodotto interno lordo. Sono raggruppati in Ordini, Collegi, Albi: sono i liberi professionisti. Categorie tra le più diverse e disparate tra loro. Nei 28 Ordini complessivi si annoverano commercialisti, avvocati, architetti, ingegneri, geometri, geologi, consulenti del lavoro e tante altre figure che il legislatore ha via via regolato. Una vera popolazione nella popolazione, che conta e che ha deciso di contare di più. “Perché la politica non ci rappresenta e perché dalle istituzioni non siamo minimamente coinvolti”, ha precisato Marina Calderone, la presidente del Cup, il Comitato unitario permanente per la difesa degli albi, degli ordini e dei collegi professionali. Il Cup è l’organismo che a livello nazionale rappresenta gli interessi di questa lunga e snodata filiera di competenze, al fine di dare visibilità a questo esercito sparso ma deciso e agguerrito. A Verona, al Palazzo della Gran Guardia, recentemente, si sono tenuti gli stati generali del Veneto delle professioni, di questa forza crescente che a livello nazionale punta ad avere rappresentanti nel Cnel e che mira anche a partecipare ai tavoli di concertazione insieme alle altre parti sociali, che siano le forze di governo, i sindacati, la Confindustria, la Confcommercio, che a queste iniziative partecipano di regola. Che cosa può unire le competenze e le idealità dei diversi ordini? “Il fatto che le nostre competenze – ha evidenziato Vincenzo Scaduto, presidente del collegio notarile di Verona e provincia – sono tutte competenze certificate”. Nato nel 1997 per respingere gli assalti di coloro che volevano cancellare gli ordini professionali e liberalizzare le attività, il Cup si è dato un assetto istituzionale per affrontare anche altre questioni importanti, come la definizione di un’etica professionale unica e condivisa, ma soprattutto per affrontare quel nodo cruciale che è appunto la Riforma delle Professioni, di cui si parla dal lontano 1983. “Certo – ha detto l’onorevole Gianpaolo Fogliardi, segretario della Commissione Finanze della Camera dei deputati – la riforma e la rappresentanza istituzionale delle professioni sono gli argomenti più importanti e strategici, tuttavia non si devono dimenticare neanche le questioni legate ai contratti e alla previdenza, che sono molto sentite da molti giovani che si affacciano alla libera professione”.

L’incontro con la Politica
Il Cup ha avanzato un’idea al mondo della Politica, per difendere il ruolo delle professioni e per dare un motore nuovo all’attività. “Chiediamo di poter introdurre anche nell’ordinamento giuridico italiano lo strumento e il ruolo delle società di lavoro professionale, sull’esempio di quanto già sta accadendo in altri importanti Paesi dell’Unione europea che non si sono sottratti all’innovazione organizzativa”, ha illustrato Marina Calderone. Questa novità è stata presentata, in nuce, nella bozza di Riforma delle Professioni che il Cup ha elaborato e presentato al ministro della Giustizia Angelo Alfano. E’ ovvio che in questa delicata fase politica, tra crisi e tentativi di rilancio, il ruolo delle professioni diventi un possibile ago della bilancia per mediare il mondo sociale con il livello della politica. “C’è la volontà dichiarata – ha enunciato Giuseppe Cappochin, presidente del Cup Veneto – di far parte di un necessario cambiamento, sia professionale sia sociale. Da anni gli Ordini e i collegi professionali chiedono al mondo politico e istituzionale una nuova e più moderna legge di riforma delle professioni intellettuali, volendo essere protagonisti e compartecipi del processo di ammodernamento del sistema, essenziale per la crescita economica e sociale del Paese”. Intanto nel Paese, a che punto sono le forze che puntano a indebolire il ruolo degli Ordini professionali? All’inizio del mese di novembre, quando era ancora presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, davanti ad una platea di circa 2 mila tributaristi, aveva dichiarato che “bisognerà fare una dura battaglia per la liberalizzazione degli Ordini, che sono chiusi in sé stessi e non c’è prova che faccciano l’interesse dei consumatori. Gli si può riconoscere la funzione del codice deontologico, ma questo lo possono fare benissimo anche le associazioni”. Un attacco duro e corrosivo, di fronte al quale i rappresentanti del Cup si mostrano compatti e pronti alla battaglia. Per Franco Bussinello, che del Cup è vice-presidente, “il Cup è nato da un’emergenza, ma ha segnato una mutazione antropologica perché ha rappresentato il passaggio dalla tradizionale vocazione individualistica dei professionisti ad una visione confederativa, contrassegnata dall’aggregazione unitaria. Strada facendo, si è scoperto che l’unità delle professioni intellettuali può giocare un ruolo importante nella società, perché contribuisce al rinnovamento degli ordinamenti professionali”. In tal modo si può ringiovanire lo spirito delle attività professionali, svecchiandole e portandole al passo con i tempi.

Il nuovo decalogo delle professioni
Alla luce delle riflessioni presentate e discusse al convegno di Verona, che ha visto una folta e nutrita partecipazione, è emerso un decalogo delle sfide da affrontare e superare, una sorta di mappa concettuale, una traiettoria di concetti che possono rappresentare la base di ogni ulteriore approfondimento. Ecco, in pillole il decalogo emerso dai lavori:

1) tra gli appartenenti ai diversi ordini c’è la diffusa consapevolezza che esista una strada comune da percorrere per condividere valori e per condividere la difesa professionale;
2) per rafforzare il senso della condivisione occorre insistere sulla riflessione reciproca volando alto, superando i particolarismi e le specificità di ogni ordine;
3) esistono infatti dei piani concettuali che sono in grado di unire e su questi si deve lavorare insieme;
4) la costruzione di un codice etico e deontologico condiviso e sottoscritto dai vari ordini, albi e collegi, è una condizione che può gettare le fondamenta di ogni possibile sviluppo congiunto futuro;
5) occorre anche puntare sul valore delle competenze certificate come fattore minimo condiviso;
6) occorre dare piena visibilità sociale al significato delle professioni, una visibilità tendenzialmente pari alla misura e alla qualità del servizio che le professioni erogano verso il mondo economico e sociale;
7) tenere alta la stima dell’appartenenza non tanto e non solo ad un ordine, ma anche ad un settore, quello professionale, vitale per lo sviluppo delle imprese, del territorio e delle famiglie;
8) far partire un centro motore di interlocuzione con le istituzioni e con la sfera politica per diventare rappresentativi a tutti gli effetti in tutte le sedi competenti;
9) partecipare ai tavoli istituzionali, come tutte le altre categorie, per definire regole e indirizzi;
10) puntare, in conclusione, a far diventare il Cup un centro decisionale sul piano della politica economica del Paese, in relazione con tutte le istituzioni e i loro vertici.

 

In sintesi, in questo periodo, di fronte alle forze che cercano di separare, distaccare e distanziare gli ordini per disunirli – forze che lavorano per dis-ordinare – occorre reagire con una ferma strategia di unificazione, al fine di co-ordinare le prospettive di identità e di sviluppo degli ordini professionali. Il Cup si propone come la nave possibile e concreta per affrontare e vincere queste sfide.