Assintel Report 2010: indicazioni, commenti e osservazioni tra le righe

Quasi il 60% della spesa IT italiana dipende dalle decisioni di poco più di 1500 Cio di altrettante organizzazioni, tra cui spiccano in primo piano imprese ancora a larga partecipazione dello Stato. Il dato, diciamo cosi abbastanza sorprendente, lo ha comunicato in modo incipiens Alfredo Gatti, managing partner di Nextvalue, la società che cura la elaborazione per conto di Assintel dell’annuale Report sulle condizioni del nostro mercato dell’informatica (software e servizi). Gatti, come è sua consuetudini, ho offerto una interpretazione di largo respiro dell’IT e degli attori che al suo interno ne determinano lo stato di salute. Ebbene dal suo punto di vista il ruolo dei Cio, anziché degradare, come ventilato da altri analisti, alla luce della trasformazione dell’informatica da leva tecnologica a leva strategica per il business, sta uscendo rafforzato o si preannuncia in rafforzamento dopo gli sconquassi a cui sono è stata sottoposta la disciplina che si regge sull’uso dei computer, centralmente (vecchio modello ma ancora molto diffuso) o decentralmente (il modello cloud, ai suoi primi vagiti). “Nel gioco in corso, osserva, la posta dei Cio si alza. A loro è richiesto di fare sempre innovazione tecnologica ma in un’ottica chiaramente diversa dal passato. Devono essere in grado, in prima e pronta battuta, i fornire i dati che servono al momento in cui servono e in tempi rapidi, poco importa le ‘diavolerie’ che usano. Il loro operato sarà misurato in futuro su questi basi. Loro hanno le competenze per la virata richiesta all’IT. Non c’è dubbio tuttavia che devono aggiornarsi ed evolvere anche culturalmente. Con circa il 30% del budget IT destinato ai nuovi progetti (il resto serve per far funzionare quello che esiste) devono garantire un miglioramento di produttività che è in ultima analisi quello che il top management e gli altri stakeholders chiedono. Per dirla diversamente devono essere in grado di rimodellare il sistema informativo in maniera efficiente anche in modo possibilmente ‘branded’ perché su Facebook ci sono circa 750mila giudici severi del loro operato” (sezione “I like it”). Insomma la figura dei Cio è attesa da una mezza rivoluzione. Il nuovo Cio, per essere all’altezza dei nuovi compiti, deve essere sempre più un uomo di relazioni e di business, sempre meno un tecnologo. Deve capire di business ma anche di informatica perché la liberalizzazione di risorse dalle spese correnti a quelle in conto capitale (Opex versus Capex) si giocherà in sostanza sulla capacità di decidere su due aspetti: cosa portare o cosa non portare sulle nuvole, e come fare demand management, due cose peraltro intrecciate tra loro.
Ovvero elaborare una strategia per l’IT che tenga contro dei principali trend tecnologici: il cloud computing in tutte le sue declinazioni; i device di accesso ai dati aziendali, dove a dominare sono sempre più quelli mobil;, e infine l’Internet delle applicazioni, ovvero tutto quello che è in odore di Web, incluso l’Internet delle cose.
E qui si inserisce una domanda che per ora è senza una risposta credibile perché non esiste. Se è vero che le aziende utenti si avviano gradatamente con la virtualizzazione e l’ottimizzazione delle risorse ad assumere un assetto ready-cloud, è anche vero che dall’altra parte le aziende di software e servizi (Ssi) , ossia quelle rappresentate da Assintel, devono elaborare una strategia cloud. Ne discende un messaggio forte: queste aziende non devono più aspettare, devono assolutamente fare qualcosa perché le nuvole non sono una moda ma un bisogno degli utenti. “Se da sole, dice Gatti, non sono in grado di fare questa svolta è bene pensare a forme di aggregazioni e/o forme di collaborazione che oggi non ci sono perché la sola specializzazione per mercati verticali di tipo tradizionale potrebbe non bastare”. Qui c’è un certo ritardo da parte delle Ssi italiane: nel primo semestre dell’anno a fronte di oltre 1410 operazioni di M&A (merge and acquisition) a livello europee, si sono contate appena 14 operazioni “ufficiali” in Italia. La capacità dell’Italia di migliorare i propri livelli di produttività dipende anche dal supporto che ricevono da questi soggetti. Oggi il nostro Paese è classificato dal Wef (World Economic Forum) nella graduatoria del ruolo svolto dall’ICT per lo sviluppo al 47mo posto, con un punteggio che sfiora il drammatico per l’ICT nella PA dove si è scesi all’87mo posto. C ‘è quindi un grande spazio di manovra per risalire.
Perché non pensare, per esempio, a un“Vivek Kundra” anche per l’Italia? Dal nome del Cio voluto da Barak Obama subito dopo il suo insediamento per rinnovamento dell’amministrazione sulla base di tre principi strategici, trasparenza, partecipazione e collaborazione, illustrati in una sola pagina, inviata personalmente dal presidente a tutte le agenzie del Governo Federale. In essa si richiama tutti gli enti della PA al dovere di fare tesoro delle nuove tecnologie per porre l’informazione al centro, in forme facilmente reperibili e utilizzabili da tutti. Un portate Apps.gov mette a disposizione delle stese agenzie le applicazioni cloud aventi caratteristiche certificate per un utilizzo ai ambito pubblico.
Per crescere un po’ nella scale della produttività in parte basta riorganizzare le capacità e le risorse disponibili ma non ben governate. Un aggiunta di italianità alla ripresa dell’IT non guasterebbe. Un inciso. La Camera di Commercio di Milano ha indetto un bando tra le Pmi milanesi per elargire sussidi finanziari per innovare in funzione della competitività: 150 imprese, su 700 che hanno fatto domanda, hanno ricevuto fino a 25mila euro a fondo perduto.
Tornando al mercato dell’IT ci sono dei pro e dei contro. L’Assintel Report 2010 offre anche sotto questo aspetto, e non solo dei numeri afferenti il mercato, una serie impressionate di spunti. Non c’è un sistema bancario granché favorevole al sostegno di investimenti in innovazione e il venture capital è ancora praticamente all’anno zero per le imprese che aspirano a crescere. Per contro quello che quello che caratterizza i processi di innovazione è in gran parte è una attività fatta di persone, quindi più facilmente riconfigurabile rispetto a beni immobilizzati. “E il cloud, sostiene convinto Gatti, rappresenta una grossa opportunità”.
Qualche riga ai numeri. Il 2010 si avvia a chiudersi con un calo del 7,6%, tra i peggiori dei Paesi avanzati. Un dato forse più pesante di quello effettivo, tenuto conto del recupero nel terzo trimestre e della previsione di un finale d’anno buono rispetto agli stessi periodo del 2009.
Per il presidente di Assintel, Giorgio Rapari, anche il 2011 sarà all’insegna della stagnazione, se il governo non farà sentire la sua voce. “Il governo, dice con amarezza, non ci ascolta. Anzi si fa notare per la sua assenza, Con diverse conseguenze negative Per esempio la PA, che potrebbe essere un volano per la rivoluzione digitale del Paese, tarda a metabolizzare e ad implementare gli impulsi dati dal ministro Brunetta. Continua a mancare un progetto unitario”.
Eppure scorrendo i molto numeri del Report, si nota un intreccio tra segnali positivi e negativi. Fortunatamente anche se dobbiamo forse fare l’abitudine che la “nuova normalità” è questa, quella di prima forse non tornerà più. Innanzitutto pare che nell’ultimo trimestre ci possa essere un recupero del 15% sull’analogo periodo dell’anno precedente. L’indicazione arriva dal panel delle 500 Ssi di Nextvalue, che esclude sia le micro che la PA. Un altro segnale positivo viene dal software applicativo che si avvia a chiudere il 2010 con oltre 2400 milioni, in crescita rispetto all’anno prima. In calo i servizi (a 9023 milioni da 9379), inverce, per la ulteriore contrazione delle tariffe. Ormai costa quasi di più una badante che un esperto in informatica, non per niente ci sono anche da noi aziende americane e indiane alle ricerca di sviluppatori software nostrani. I servizi hanno una connotazione nazionale, il software una connotazione internazionale: questo spiega il divario. Poi c’è l’hardware che Assintel vede al suo interno in contrazione mentre Assinform ha rilevato un andamento diverso grazie ai personal computer.
Per i suddetti panelist la principale priorità nei prossimi 12 mesi viene individuata nella sicurezza dell’hardware e del software, in controtendenza rispetto alle indicazioni che assegnano alla virtualizzazione il ruolo di battistrada. Fortunatamente l’IT viene sempre più percepita come una risorsa strategica e quindi di aiuto al raggiungimento dei seguenti tre obiettivi indicati come prioritari: ottimizzazione dei costi (41%), reingegnerizzazione dei processi (18%) e espansione in nuovi mercati (16%).
Da ultimo un plauso agli estensori del Report che fornisce veramente un quadro d’insieme esauriente per software e servizi (il capitolo 6 dedicato alle Strategie emergenti merita una citazione), con la possibilità, non solo di consultazione, ma anche di incroci di dati, matrici di attrattività, etc. (l`Assintel Report 2010 è infatti consultabile su www.nextvalue360.it; è attivo anche il download delle immagini contenute nel documento).