A un anno dall’ultimo recepimento nazionale della direttiva emanata della Commissione, la creazione di un mercato unico europeo per i servizi fruiti ed erogati dalle piccole e medie imprese è ferma. A Bruxelles promettono risultati entro il 2012

Il mercato dei servizi rappresenta attualmente due terzi del Pil e dei posti di lavoro dell’Unione europea e un quinto circa degli scambi totali all’interno dell’Europa: solo l’8% delle Pmi europee opera in altri Stati membri. Questa mancanza di dinamismo non solo ostacola la scelta dei consumatori, ma impedisce anche alle piccole imprese innovative di crescere, sviluppare le loro attività e diventare più competitive.  Per liberare questo potenziale del mercato unico dei servizi, la Commissione europea sta adottando una serie di azioni finalizzate a raggiungere l’obiettivo entro il limite del 2012.  Ad un anno dalla scadenza del termine per l’attuazione della direttiva servizi, infatti, la Commissione e gli Stati membri hanno completato una valutazione delle modalità di applicazione pratica della direttiva. I risultati di questo cosiddetto esercizio di reciproca valutazione dimostrano che, nonostante i notevoli progressi compiuti, il mercato unico dei servizi non è ancora sfruttato appieno.

 

Le prossime azioni della Commissione europea

Nel dettaglio, nel corso del biennio 2011/2012 la Commissione eseguirà un test di efficienza del mercato unico dei servizi dal punto di vista dell’utente. Tale verifica terrà conto di tutte le altre norme dell’Ue applicabili ai servizi oltre alla direttiva servizi e ne valuterà l’interazione. L’obiettivo è individuare problemi pratici specifici che intralciano il mercato interno dei servizi e valutare in che modo l’interazione tra regole diverse possa avere effetti indesiderati. La Commissione ha già indicato la necessità di considerare ulteriori provvedimenti a fronte dei limiti imposti a taluni prestatori in determinati paesi. Innanzitutto, eliminare gli ostacoli ai servizi transfrontalieri: dalla valutazione reciproca è emersa l’esistenza di difficoltà nella prestazione transfrontaliera di servizi in assenza di stabilimento permanente. La Commissione, pertanto, monitorerà attentamente gli effetti della direttiva servizi sotto questo profilo.
Una prima relazione sui progressi compiuti verrà pubblicata entro la fine del 2011 e da allora in poi ogni anno. Occorre inoltre impedire l’insorgere di nuovi ostacoli alla prestazione di servizi nella legislazione degli Stati membri; garantire un’attuazione ambiziosa e un’applicazione completa della direttiva servizi: la Commissione avvierà un dialogo bilaterale con una serie di Stati membri nei quali sono emersi problemi di attuazione della direttiva. La Commissione, inoltre, nel 2011 eseguirà una prima valutazione economica degli effetti dell’attuazione della direttiva e del suo impatto sul funzionamento dei mercati dei servizi.

 

Si attiva anche il Parlamento

Anche il Parlamento europeo concorda con quanto dichiarato dalla Commissione europea e aggiunge la necessità di migliorare il Single point of contact , che deve essere inserito nel più ampio progetto di e-government consentendo di osservare procedure e adempiere a formalità, anche a distanza, e fornire informazioni rilevanti ai prestatori di servizi. Non solo, queste informazioni dovrebbero essere disponibili anche in altra lingue per avere il più ampio bacino di utenti. Inoltre, invita le pubbliche amministrazioni a sviluppare una maggiore cooperazione amministrativa al fine di agevolare la prestazione transfrontaliera di servizi. Infine, i deputati invitano la Commissione e gli Stati membri a lanciare campagne di informazione e formazione il più presto possibile anche per migliorare la visibilità e la riconoscibilità della la “eu-go”, ossia il dominio che raccoglie tutti i siti Web del single point of contct.  Attuare correttamente la direttiva servizi e supportare gli Stati membri che, ad un anno dall’attuazione, non riescono a risolvere difficoltà interne significa raggiungere utili annui oscillanti tra 60 e 140 miliardi di euro, pari ad un potenziale di crescita compreso tra lo 0,6 a l’1,5% del Pil.