La terza edizione dell’Osservatorio Assintel sui profili professionali IT mostra il blocco degli stipendi nel settore delle imprese ICT nostrane

La crisi economica continua a danneggiare la competitività delle imprese ICT italiane e frena l’affermazione dei giovani talenti. Queste le conclusioni cui giunge la terza edizione dell’Osservatorio di Assintel sui profili professionali nell’IT, presentato di recente a Milano presso la sede dell’associazione con il contributo della Camera di Commercio di Milano, di IDC e dei partner GiGroup, Od&M, Aica e itSMF. Dai dati della ricerca emerge innanzitutto come la scelta, da parte delle aziende, di porre un freno alle spese abbia sortito un effetto sul livello delle retribuzioni del personale impiegato, che è rimasto fermo per tutto il 2010 e ha fatto registrare solo un + 1,5% rispetto al 2009, nella maggior parte dei casi in seguito agli aumenti programmati nell’ambito dei contratti collettivi di categoria. Per il resto, si limita ulteriormente la percentuale di imprese che decide di corrispondere al proprio personale una quota variabile della retribuzione: è del 41% rispetto alla categoria degli addetti commerciali (10% dello stipendio) del 52% rispetto ai quadri (16% dello stipendio) del 68% rispetto ai dirigenti (23% dello stipendio). Soprattutto, le cifre mostrano un calo dei contratti da lavoro dipendente (-1,1% rispetto al 2009 e 78% del campione analizzato) e un aumento degli inquadramenti atipici (+3,9%) che coprono il 27% del campione analizzato. Un fenomeno che, in qualche modo, va collegato alla diminuzione dell’ organizzazione delle imprese in forma di società di capitale (-0,9%) e di società di persone (-2,4%) e alla crescita delle ditte individuali (+ 2,4%).
Per quanto riguarda la classificazione di genere, le retribuzioni delle donne risultano sistematicamente inferiori a quelle dei colleghi uomini, con un divario del 22% per i dirigenti, del 7% per i quadri e del 6% per i dipendenti, mentre, a livello geografico e dimensionale, gli impiegati in aziende del Nord del Paese e di grandi dimensioni risultano percepire una retribuzione fino al 19% più alta del personale addetto in aziende del Sud e delle isole e di piccole dimensioni. In generale, la retribuzione annua media di un impiegato dipendente si attesta sui 25.976 euro, sui 45.531 euro per i quadri, sui 92.681 euro per i dirigenti e sui 102.727 euro per i direttori dei sistemi informativi. Maglia nera per i Web developer e master (22.850 euro) spesso le figure professionali più creative, e per i neo laureati, che entrano in azienda con uno stipendio inferiore ai 1.400 euro. L’ultima analisi dell’Osservatorio, infine, riguarda il settore dell’IT training & education, che, nel corso del 2010, ha subito un calo degli investimenti dedicati del 4,4% rispetto al 2009. L’elemento discriminante, in particolare, è rappresentato dalle dimensioni dell’azienda: in quelle con meno di venti dipendenti la spesa in attività di formazione è pari a zero nel 77% dei casi; superata la soglia dei venti, la percentuale scende al 52%. Le motivazioni per la mancanza dell’investimenti sono uguali per entrambe le tipologie: non serve (40%) o non c’è tempo a sufficienza (36%). Tra quelle che, invece, la formazione la fanno (27% del campione) il 47% non si avvale comunque di un quadro strutturato per inquadrarla. Dopodiché, il 55% delle ore dedicate è riservato ai ragguagli tecnici, il 19% al marketing e alla contabilità, l’8% al potenziamento delle skills manageriali e il 4% al migliormento delle soft skills. Mancano, però, processi strutturati di valutazione del personale (78% dei casi) e, se presenti, questi sono solo informali (14% dei casi).

 

Il confronto tra i sindacati e le imprese

Flessibilità dei rapporti di lavoro, inquadramento e adeguamento retributivo delle nuove professionalità e dibattito intorno alla possibilità, ventilata già qualche mese fa, di procedere alla realizzazione di un contratto nazionale autonomo per il settore ICT sono i temi specifici che, a margine della presentazione dei dati dell’Osservatorio Assintel, sono stati affrontati nel corso della tavola rotonda che ha riunito le organizzazioni sindacali di categoria, la stessa Assintel e Confcommercio.
“Partiamo dal presupposto che, oggi, la flessibilità dei rapporti di lavoro, anche nell’ICT, non è più una novità da contrastare, ma una realtà con cui confrontarsi – ha esordito Franco Martini, segretario generale di Filcams/Cgil –. Detto questo, l’elemento discriminante per sviluppare delle relazioni industriali mature e consapevoli sta nella capacità di capire, tutti assieme, in che modo la flessibilità può diventare una risorsa utile ad aumentare la competitività delle imprese e a salvaguardare, al contempo, i diritti dei lavoratori impiegati”. Parole che hanno indotto Francesco Rivolta, presidente della commissione lavoro di Confcommercio, già impegnata nella costruzione di una piattaforma comune per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del terziario, ad aggiungere che “allora, la questione può essere risolta davvero solamente trovando una formula di contrattualizzazione che includa la flessibilità” magari, come ha suggerito Pierangelo Raineri, segretario generale di Fisascat/Cisl, “introducendo anche in Italia, come contropartita, la possibilità per i lavoratori di partecipare agli utili delle aziende”. Meno chiare le risposte al quesito relativo alle motivazioni che stanno alla base della bassa incentivazione dei giovani talenti, relegati agli ultimi posti nella classifica delle retribuzioni corrisposte al personale aziendale. L’ostacolo principale sembra risiedere in un problema di ordine culturale. “Il sistema Paese sconta un pregiudizio negativo verso i creativi: chi sono, cosa fanno, come li impieghiamo? – ha cercato di spiegare Martini –; l’impasse si trasferisce automaticamente ai sindacati, che, purtroppo, sono spesso fermi a una categorizzazione delle professionalità, e all’organizzazione dei relativi meccanismi di tutela, che risale agli anni Settanta”. “L’Italia è lenta, in generale, a recepire il nuovo, se è vero che ancora non è capace di rappresentare e di ricompensare il merito di un settore ICT che contribuisce per il 57% alla formazione del Pil nazionale e per il 53% alla creazione di posti di lavoro” ha convenuto la controparte imprenditoriale di Confcommercio. La soluzione, allora, parrebbe poter arrivare solo dalla creazione e dal riconoscimento di un Ccnl autonomo per il settore dell’ ICT. Una questione che sta particolarmente a cuore al presidente di Assintel Giorgio Rapari, il quale già la scorsa primavera si era fatto promotore di un appello alle istituzioni per iniziare un percorso comune tra le parti che “possa dare un contratto autonomo al mondo IT”. “Lavoriamo tutti quanti per individuare i bisogni specifici del nostro settore e presentarci al Governo con una proposta compiuta per ottenere un riconoscimento ufficiale” ha esortato Rapari. La risposta delle parti sociali, però, è stata “tiepida”, a partire dai rappresentanti del mondo dell’impresa. “Quali sono i vantaggi di un’operazione che porterebbe a un’ulteriore frammentazione delle rappresentanze sul lavoro, con il rischio di aumentare ancora di più il livello di conflittualità nell’ambito delle relazioni industriali? Forse è più conveniente lavorare a un allargamento del contratto del terziario, aprendo una finestra dedicata all’ICT” ha affermato Rivolta. Un compromesso su cui sembrano voler convergere anche le sigle sindacali. Una per tutte, la voce di Brunetto Boco, segretario generale di Uiltucs/Uil, che così ha chiuso: “La strada che porta al riconoscimento professionale della categoria e alla salvaguardia di tutti, precari inclusi, è quella della derogabilità: sedersi attorno a un tavolo per riformare il contratto del terziario e, su questa base condivisa, procedere all’individuazione di eccezionalità per il comparto ICT nell’ambito della contrattazione di secondo livello”.