Anche le medie aziende stanno sempre più implementando soluzioni basate sulla “nuvola”

È ormai da diversi anni che esperti e ricerche profetizzano l’avvento del cloud computing, ovvero di quelle soluzioni che permettono di accedere tramite Internet ai dati e alle applicazioni memorizzate su hardware remoto invece che sulla workstation locale (senza dunque bisogno di acquistare miriadi di programmi e licenze, ndr). La crisi economica globale scoppiata nel 2008 ha probabilmente rallentato gli investimenti delle medie e piccole aziende in questa tecnologia (nonostante i grandi risparmi promessi), ma il 2011, grazie ai segnali di risveglio di buona parte delle economie globali, sembra essere l’anno buono per la definitiva affermazione della nuvola. Nel 2009, stima la società di analisi Idc, circa 3,4 miliardi dollari sono stati spesi nell’area Emea su servizi cloud forniti da fornitori terzi, cifra che potrebbe crescere del 56% nel 2010 a 5,3 miliardi di euro e toccare i 18,8 miliardi dollari nel 2014.  Il cloud computing sta infatti raggiungendo lo stadio della maturità nelle grandi imprese, secondo quanto rivela uno studio condotto dalla società di ricerca Management Insight per conto di CA Technologies su un campione di professionisti dell’IT nord-americani ed europei. Dall’indagine emerge che già oggi oltre l’80% delle aziende e il 92% delle imprese di dimensioni più grandi possiede almeno un servizio cloud.Conclusioni simili arrivano dallo studio Cisco Connected World Report: nei 13 paesi presi in esame, il 52% dei professionisti IT ha dichiarato di utilizzare o prevede di utilizzare il cloud computing. I livelli più elevati di adozione del cloud sono previsti in India (76%), Brasile (70%) e Cina (69%) mentre l’Italia rimane vicina al valore medio con il 51%. Interessante è il dato riferito alle medie aziende, sinora in ritardo nella corsa alla “nuvola”: a livello globale, il 66% delle imprese di medie dimensioni intervistate ha avviato o sta avviando progetti di cloud computing. Un’ulteriore spinta alla diffusione del cloud nelle medie e piccole imprese dovrebbe arrivare dal recentissimo Google Cloud Connect for MS Office, che permette la sincronizzazione tutti i documenti prodotti con i programmi del pacchetto Office Word, Excel e PowerPoint con lo spazio di archiviazione cloud offerto da Google. I vantaggi nell’adozione di soluzioni di questo tipo risiedono nell’ottimizzazione dei costi e della ridondanza, con un parallelo aumento di uptime e scalabilità. In effetti il cloud computing, secondo il report “Cloud Dividend” del Centre for Economics and Business Research (Cebr) in Europa, potrebbe migliorare l’efficienza di un impiegato in media del 2,1%, riducendo anche la quantità di investimenti legati alle capacità IT sottoutilizzate. Per questo motivo nei prossimi 5 anni queste soluzioni sono in grado di produrre benefici per una cifra record (763 miliardi di euro) e generare oltre 2 milioni di posti di lavoro entro il 2015, cifre non certo trascurabili per le imprese del Vecchio Continente, sempre più sottoposte alla sfida competitiva della concorrenza globale. Tra i settori che potrebbero maggiormente avvantaggiarsi dall’avvento del cloud, prevede il Cebr, ci sono la distribuzione, il retail e l’hospitality. Ma perché la rivoluzione della nuvola possa definitivamente affermarsi è necessaria una svolta dal punto di vista normativo: di fatto con questa tecnologia si esporta una mole di dati all’estero, spesso in luoghi diversi, in contrasto con quanto normalmente consentito dai diversi regolamenti in uso negli stati europei, per ragioni legate alle privacy e sicurezza. Per questo motivo l’anno prossimo l’Unione Europea metterà a punto una serie di linee guida per aiutare le organizzazioni a mettere in atto le tecniche di cloud computing. Neelie Kroes, commissario per l’Agenda Digitale, ha recentemente anticipato che le linee guida riguarderanno la protezione dei dati, la sicurezza, la regolamentazione della privacy e un approccio comune all’impiego delle tecnologie cloud. “La mia visione – ha dichiarato – è che ogni cliente europeo dei servizi cloud dovrebbe essere in grado di sapere due cose: 1)che il loro fornitore protegge i propri dati personali in modo efficiente, trasparente e in linea con le norme Ue sulla protezione dei dati personali. 2)Che tutti i governi di tutti i paesi in cui la “nuvola tocca la terra”, ovvero in cui i server si trovano, devono avere un quadro giuridico in vigore che garantisca un’adeguata protezione dei dati e della privacy. Ci possono essere limitate eccezioni per ragioni di ordine pubblico e sicurezza nazionale, ma queste devono essere governate dallo Stato di diritto”.