Nelle multinazionali terrorizzate dalla congiuntura economica, un eccesso di controlli rende corto il respiro del management, spesso privo dell’autorità per esprimere una propria visione

Lasciamo stare un attimo la crisi. Estraniamoci dal contesto economico fissando però l’attenzione sul cosa sia avvenuto negli ultimi dieci anni, quanto meno dopo lo scandalo Enron, nelle multinazionali.
L’assurda tensione sui risultati a breve, anzi a brevissimo, ha inquinato lo scenario complessivo e dato, all’interno di quei contesti, maggior peso a tutta una componente di manager che nulla hanno a spartire con l’efficacia e la competitività dell’offerta di quelle stesse aziende.
Il controllo interno ha assunto rilevanza arrivando a ingerenze sull’operatività talvolta grottesche.
Controllers ovunque, di sopra, di lato, in disegni peraltro più che matriciali dove alla fine troviamo uno solo a lavorare e troppi a controllare.
Controlli sempre più incrociati e non solo diretti dove si arriva anche al paradosso del controllo sul controllore.
Il risultato, di solito, genera situazioni tali da portare i pochi che effettivamente lavorano a spendere molto più tempo nel compilare report piuttosto che, per esempio, visitare clienti.
Questo soffocante intreccio ha messo di mezzo anche gli Amministratori Delegati, o Managing Director, delle filiali di dette multinazionali.
Il loro effettivo potere deve infatti essere adeguato alla struttura in essere, dove le matrici organizzative vedono responsabilità distribuite per linee di business o geografie.
Così troviamo strutture di Field Services aggregate per regioni geografiche, con i relativi capi.
Lo stesso per il Marketing o per le divisioni Prodotto.
Ciascuno dei gruppi locali non riporta più all’Amministratore Delegato ma al proprio capo internazionale.
Facile quindi l’insorgere di sindromi di nanismo fra quanti ricoprono tale ruolo.
Quale sia il loro potere effettivo è decisamente opinabile.
Qualsiasi presa di posizione nei confronti di altri soggetti, clienti o partner che siano, deve essere pesata e condivisa con il vero capo della linea di business coinvolta.
Talvolta si arriva quasi all’imbarazzo di non poter dare risposte dirette a un cliente in quanto impossibilitati a farlo.
Solo altri potranno assumersi tale compito e relativa responsabilità.
Non parliamo poi dei casi nei quali sia in discussione un piano di investimento su una determinata area.
Non basterà redigere ponderosi business plan per supportare la richiesta.
Alla fine il povero A.D. non sarà lui a decidere: altri lo faranno.
Ma allora quale è il vero potere di tale soggetto nel triste panorama delle multinazionali tutte focalizzate al succedersi dei trimestri?
Certamente è il legale rappresentante e quindi in caso di grane serie nei guai ci può finire.
Ma oltre questo? Quale peso reale può dare nelle azioni verso i clienti?
Difficile, molto difficile.
Tutto questo è radicalmente sbagliato e chiaro indicatore di una società in crisi dove si è lontani da una vera ripresa.
Ripresa vuol dire anche dare potere e autonomia a chi deve operare.
Ripresa passa anche dalla capacità di agire in modo rapido e incisivo.
Di questo sono certo, anzi di più.
La prima “multi” che deciderà di mettere la sordina ai propri apparati di controllo interno dando invece pieno “empowerment” ai responsabili delle varie filiali, trasformandoli nuovamente, come era anni fa, in veri plenipotenziari delle attività nella specifica nazione, potrebbe stupire tutti per risultati sorprendenti.
Si potrebbe veramente tornare a quel modo di agire diretto ed efficace di cui tanto avremmo bisogno.
Si attiverebbe naturalmente quella flessibilità che, ancor più in periodo di crisi, deve saper distinguere, paese da paese, il come e dove agire.
Non potremmo mai, e la realtà economica lo dimostra, uscire dalla crisi applicando solo ricette globali.
Se si vuole veramente operare con efficacia in modo locale nel rispetto di un comune disegno globale sarebbe veramente necessario ritornare a modelli di “total local empowerment”.
Chiare anche le regole: pieni poteri ma anche totale responsabilità su tutto, senza deroghe sugli sbagli.
Non solo non vedremmo più Amministratori Delegati affetti da nanismo operativo ma troveremmo imprese più agili e capaci di adattarsi al meglio alle opportunità dei mercati.
Forse tutto questo porterebbe anche a una migliore qualità del lavoro.
Ritengo che un bravo commerciale si diverta molto di più nel passare il proprio tempo operando sui clienti piuttosto che redigere noiosissimi report.
O no?