Se ascoltate i politici in televisione o alla radio – di qualunque fazione – potete notare che spesso definiscono l’innovazione tecnologica come “fattore di sviluppo” di un paese: un’ovvietà madornale che anche un bimbo di 4 anni approverebbe tra una spalmata di Nutella e una marachella in giardino. Avete mai provato a chiedere a un […]

Se ascoltate i politici in televisione o alla radio – di qualunque fazione – potete notare che spesso definiscono l’innovazione tecnologica come “fattore di sviluppo” di un paese: un’ovvietà madornale che anche un bimbo di 4 anni approverebbe tra una spalmata di Nutella e una marachella in giardino. Avete mai provato a chiedere a un politico che cos’è l’innovazione tecnologica, nei fatti e nei dettagli? Provateci alla prima occasione che avete, se riuscite a raggiungerli. Non avrete risposte soddisfacenti, ma nebulose congetture. Perché in verità, non lo sanno. C’è qualcuno che alla domanda risponde: le invenzioni. Un altro che sottolinea il valore dei ritrovati tecnici. E magari qualcuno più avveduto che sottolinea l’importanza della ricerca e dello sviluppo. Tutto qui? Ma possibile che nessuno abbia letto o conosca Schumpeter, o la scuola di economisti che da lui è derivata? Non si vuole sdottoreggiare in questa sede: non c’è alcuna saccenteria in questo articolo. Ma solo una constatazione dell’ignoranza nella quale (sic!) una parte della nostra classe dirigente è immersa. Secondo una certa matrice culturale che in altri Paesi più avanzati è ampiamente condivisa, l’innovazione tecnologica è ciò che viene a modificare gli assetti produttivi, i comportamenti e gli usi di una collettività. E tutto ciò non richiede solo brevetti, invenzioni, ritrovati e via discorrendo. Servono anche capitali: sono gli investimenti a fare la differenza. Cioè: se ognuno di noi nella propria abitazione cambia una lampadina e mette una luce a led si tratta di una scelta individuale e marginale. Ma se ognuno di noi, nell’ambito del budget familiare, decide di sostituire l’intera dotazione di lampadine al tungsteno con nuove soluzioni a led, beh, allora, in questo caso è innovazione tecnologica. Questo è un esempio piccolo, magari anche stupido, ma nella sua leggerezza è significativo. Allarghiamo la considerazione a grandi imprese o a network produttivi come i distretti. Il fatto che un ricercatore elabori un’idea geniale non è innovazione tecnologica, ma solo la creazione di qualcosa di nuovo. Ma se aziende e distretti decidono che su quell’idea c’è da giocarsi una carta per il futuro e decidono di investire ricorrendo a prestiti bancari o a mezzi propri, questa è la prima fase di qualcosa che cambia e che innova lo stato delle cose. Quando poi nell’uso comune si diffonde una soluzione o un prodotto, allora sì che si può parlare di innovazione tecnologica. Tra l’idea di un prodotto e la sua realizzazione c’è una fase preliminare che richiede investimenti per lo sviluppo. A cui segue una fase per la produzione su grande scala. E’ in questa economia di scala che si valuta ciò che è innovativo da ciò che è più semplicemente “geniale” o anche più semplicemente “stravagante”. L’idea di una bicicletta che possa procedere sull’acqua galleggiando o il progetto di soprammobili sgonfiabili possono essere novità da curiosi, ma è difficile che possano scatenare l’interesse di investitori e di finanziatori d’assalto. Un conto sono le genialate solitarie, un conto la catena di procedure che si instaura quando una idea è giudicata “buona” dagli sviluppatori di business. Dunque, per farla breve, l’innovazione tecnologica non è un prodotto: si tratta piuttosto di un sistema, a volte anche molto complesso, dove si sposano insieme un’idea o un progetto a evidente carattere scientifico o tecnologico, almeno un produttore industriale che operi su larga scala e una rete di finanziatori in grado di sostenere e promuovere l’impresa. Un’idea senza capitali e senza produzione resta un’idea e non appartiene a ciò che si considera innovazione. Ci sono poi le innovazioni che riguardano lo stesso processo produttivo e queste vengono vissute e inseguite ogni giorno nelle aziende, nei capannoni, nelle fabbriche. Tutto il resto è chiacchiera da bar. O da talk show.