Misurare la globalizzazione con l’Indice Kof

Scritto per non addetti ai lavori, racconta di matematica senza mai inserire una formula. E’ il libro “Il potere segreto dei matematici” (edito da Oscar Mondadori), il cui autore, lo statunitense Stephen Baker, giornalista, ci racconta il ruolo dei numeri nello sviluppo delle nuove tecnologie, nella configurazione di strategie di marketing, comunicazione e informazione. Ne esce un quadro affascinante; un tuffo nella complessità nel tentativo di capire come la sovrabbondanza di dati possa fornire informazioni predittive e descrivere possibili scenari di evoluzione. Mentre completavo la lettura, a metà aprile ho avuto la possibilità di ascoltare le considerazioni di Evgeny Morozov sul ruolo della rete (social network in particolare) nelle trasformazioni politiche del mondo contemporaneo; molti di noi hanno già letto il suo ultimo libro “The Net Delusion”, conoscono quindi l’approccio scientificamente scettico e sono ben consci dell’inversione di paradigma che potrebbe profilarsi all’orizzonte, Internet da strumento di libertà diventa strumento di controllo su scala globale.

 

A caccia di informazioni utili
Le argomentazioni di Baker, pur non richiamando esplicitamente gli studi di Morozov, raccontano delle analisi di data mining in corso, destinate a estrarre informazioni utili da blog, e-mail, social network, delle difficoltà di sviluppare sistemi di riconoscimento semantico o facciale. Il quadro che emerge è interlocutorio: libertà e controllo, libertà e sorveglianza sono le due facce del medesimo strumento. A fare la differenza è il contesto di vita, sono le norme, le leggi, gli standard adottati. Una domanda sorge spontanea, però; la diffusione e l’uso di internet sono davvero indicatori di apertura e di globalizzazione come si osserva in numerosi indici utilizzati per misurare le prestazioni dei Paesi? Una risposta univoca per ora non c’è. E’ interessante però osservare la struttura degli indici e vedere quali sono le variabili Ict utilizzate. Di indici di libertà e competitività ho già scritto. A metà marzo è stata pubblicata la graduatoria dell’Indice di Globalizzazione, sviluppato dal Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo, il Kof. Introdotto nel 2002 e pubblicato a partire dal 2006, l’Indice di Globalizzazione definisce la globalizzazione come il processo di creazione e costruzione di network di connessioni fra attori diversi, a distanze intercontinentali, resi possibili da una varietà di flussi che coinvolge persone, idee, informazioni, capitali e merci.

 

Monitorare la globalizzazione
La globalizzazione si trasforma così in un processo che erode i confini naturali, le economie nazionali, le culture, le tecnologie e i governi, producendo relazioni complesse di mutua dipendenza. Più nel dettaglio, l’indice Kof ha individuato tre dimensioni specifiche, economica (caratterizzata dai flussi a lunga distanza di beni, capitali e servizi così come di informazioni e percezioni che accompagnano i cambiamenti dei mercati), sociale (caratterizzata dalla diffusione di idee, informazioni, immagini e persone) e politica. Le cosiddette nuove tecnologie (che mi piacerebbe ormai definire come tecnologie relazionali) si collocano nella dimensione sociale; è in questo sub indice che si tiene conto delle connessioni internet, è qui che le riflessioni di Morozov e Baker potrebbero generare gli impatti più proficui. La variabile “contatti personali” infatti è concepita per catturare tutte le relazioni dirette tra le persone che vivono in diversi paesi, utilizzando strumenti come le tradizionali telefonate, le trasferte turistiche, le “care e vecchie” lettere (quelle che le generazioni di Digital Natives forse non hanno mai neppure usato); la variabile “flussi informativi”, invece, nasce per misurare il flusso potenziale di idee e immagini; comprende il numero di utenti internet, il numero di testate internazionali presenti (e lette), la disponibilità di televisori. Infine c’è la variabile di “prossimità culturale”, quella più complessa da misurare; nel 2006 Dreher, autore del Global Index, (Dreher, Axel (2006): La globalizzazione ripercussioni sulla crescita? La prova da un nuovo indice di globalizzazione,Economia Applicata 38, 10: 1091-1110)
suggerì che tra gli indicatori si contemplassero il numero di canzoni in inglese nella hit parade nazionale e il numero di film in lingua originale proiettati; dati di difficile reperibilità e poi sostituiti con il numero di libri importati ed esportati (relativamente al Pil), il numero di punti vendita Mc Donald’s e ora anche Ikea.
Mi chiedo cosa ne sarà di queste variabili in futuro. E’ possibile che gli studi dei matematici di Ibm, Google, Amazon e di molte altre società che se ne stanno occupando ovunque nel mondo sui dati dei propri clienti e sui milioni di pagine di blog possano suggerire nuove misure della globalizzazione? Probabilmente sì, con un apporto specifico proprio nella dimensione del sociale, quella che più di altre è legata al comportamento dei singoli, comportamento che grazie alle tecnologie si plasma e si trasforma ridefinendo le mappe dei più convenzionali confini geo – politici.

 

Per finire, la classifica 2011
Ora che abbiamo dato un’occhiata alla struttura dell’indice, osserviamone la graduatoria. Sono 186 i Paesi analizzati. La classifica 2011 vede ancora in testa il Belgio, seguito da Austria, Olanda, Svezia e Svizzera. La Confederazione Elvetica, in particolare, è al vertice della “graduatoria sociale”, tredicesima (seguita da Austria, Balenio e Canada; l’Italia è 27esima) in quella politica e 24esima in quella economica (con Singapore al vertice). La Francia ha conservato la settima piazza, il Lussemburgo è passato dal 21esimo al 14esimo posto. Stabile la Germania al 16esimo posto; in retrocessione gli Stati Uniti, ora 27esimi e la Norvegia, solo 20esima. Il nostro Paese si colloca al 23esimo posto, lasciando dietro di sé, tra i paesi Ue, Estonia, Slovenia, Polonia, Grecia, Malta, Bulgaria, Lituania, Lettonia. Di particolare interesse per valutare il dinamismo sono però le graduatorie relative alle tre dimensioni misurate; ebbene, sul piano economico Singapore, ancora prima, è seguita da Lussemburgo, Irlanda, Malta e Belgio, piccole economie ancora molto aperte nonostante la crisi; il Giappone è 92esimo, la Germania 28esima e gli Stati Uniti 50 esimi. L’Italia è 46esima, seguita, tra i paesi Ue, solo da Polonia (48esima) e Romania (53esima). Dal punto di vista politico, invece, il paese più globalizzato è la Francia, seguita dall’Italia (in questa classifica tra le variabili chiave ci sono le missioni diplomatiche e militari all’estero), dal Belgio, dall’Austria e dalla Spagna. Gli Stati Uniti sono 15esimi.