I numeri di Facebook e compagni sono sempre più impressionanti e la cultura del Web 2.0 influenza anche l’economia tradizionale

Alzi la mano chi non ha mai passato neppure un minuto della sua vita in uno dei tanti social network che affollano il Web: a questa domanda la percentuale di mani sollevate è probabile che rasenterebbe lo 0 virgola qualcosa. Eppure è molto probabile che all’interrogativo “pensate che sia possibile ricavare denaro con il social networking” la percentuale di scettici sarebbe quasi altrettanto bulgara. In effetti appare ancora difficile pensare che qualcosa di totalmente immateriale come il Web 2.0 possa essere qualcosa di più di un semplice gioco o passatempo, anche perchè la breve vita di Internet è costellata da tanti piccoli e grandi flop (ultimo quello di Google Buzz). Eppure recentemente la banca d’ffari Goldman Sachs, solitamente piuttosto cauta, ha investito 450 milioni di dollari nel re dei Social network, Facebook, valutandolo complessivamente circa 50 miliardi di dollari. Una valutazione certo non di poco conto, considerando che colossi del Web come Yahoo! e eBay si attestano su cifre considerevolmente minori (rispettivamente 22 e 37miliardi di dollari). Qualche analista ha considerato la stima esagerata, altri hanno persino rievocato la bolla finanziaria che interessò Internet alla fine degli anni 90, ma i numeri della compagnia guidata da Mark Zuckemberg (illustrati da Fast company) spiegano molte cose.

 

Il fenomeno Facebook
Facebook ha attualmente oltre 610 milioni di utenti, in pratica uno su ogni undici persone sul pianeta. Sulla base di pagine viste e utenti, Facebook è al numero 2 dei siti più visti negli Stati Uniti, dietro a Google e davanti a YouTube e Yahoo. Ogni 60 secondi, su Facebook gli utenti inviano 230.000 messaggi, 95.000 aggiornamenti di stato, 65.000 tag di foto, 50.000 links e mezzo milione di commenti. Soprattutto ogni mese, l’utente medio crea 90 contenuti e passa 6 ore, 2 minuti e 59 secondi sul sito, offrendo a pubblicità e imprese un’opportunità forse unica per intercettare queste persone con messaggi altamente targetizzati. I principali Brand mondiali hanno già compreso la lezione e sono presenti in forze su Facebook: Coca-Cola può contare su 21,6 milioni di fan, Starbucks su 19 milioni, Disney su 15,6 milioni e Red Bull su 14,7 milioni. Questo spiega perchè nel 2010 Facebook abbia guadagnato 1,86 miliardi di dollari in pubblicità, cifra che dovrebbe crescere del 118% quest’anno (4 miliardi di dollari). Ma l’advertising non è l’unica fonte di entrate per la società nata nell’Università di Harvard: Facebook guadagna il 30% di tutte le entrate generate attraverso la sua moneta virtuale, i Crediti Facebook, che ha un giro d’affari di 835 milioni di dollari. Non vanno poi dimenticati i popolarissimi giochi che imperversano sul social network: Zynga, il più grande sviluppatore di applicazioni Facebook, dispone di 19 giochi che attraggono 275 milioni di utenti al mese. Solo divertimento, potrebbe pensare qualcuno ma, secondo Park Associates, il giro d’affari del mercato dei videogiochi per social network raggiungerà quota 5 miliardi di dollari entro il 2015, anche perchè, a differenza dei videogame tradizionali, garantiscono l’accesso ai dati relativi al comportamento dei consumatori.

 

Il Web 2.0 sbarca in azienda
Facebook a parte, anche gli altri social network, scommettono sulla sostenibilità del proprio business: Linkedin è prossimo alla quotazione in Borsa, Youtube inizia finalmente a produrre ritorni economici per Google e Twitter, nonostante un giro d’affari di “soli” 10 milioni di dollari, avrebbe addirittura rifiutato un’offerta proprio di Marck Zuckerberg da 10 miliardi di dollari. Il Web.2.0, insomma, sembra avere tutte le carte in regole per diventare un business proficuo e non a caso, la cultura del Web 2.0 sta lentamente permeando anche l’organizzazione di società impegnate in settori che nulla hanno a che vedere con il Web. Dappertutto la separazione storica tra l’interno e gli ambienti al di fuori di una società sta perdendo importanza e con essa il ruolo privilegiato di quelle idee e decisioni che le aziende spingono verso il mercato (inside-out) rispetto al flusso inverso delle indicazioni che dal mercato arrivano in azienda (outside-in). Come riporta il sito Internet del Social Business Forum, il social business può essere definito come “Un’organizzazione che ha messo in atto le strategie, tecnologie e processi per coinvolgere sistematicamente tutti gli individui del suo ecosistema (dipendenti, clienti, partner, fornitori) nel massimizzare la co-creazione di valore”. I processi decisionali e le responsabilità di gestione del cambiamento non sono insomma più limitati ai dirigenti, ma possono essere guidati persino da clienti, dipendenti, partner e fornitori.