Nel corso di un recente incontro all’Ispi di Milano dedicato all’analisi delle performance economiche del Paese il ceo della banca milanese ha invitato i presenti a investire nelle iniziative di Ankara. Il caso dell’acquisizione di Yapi Credi

La presenza di Unicredit in Turchia è in crescita.

Lo ha confermato l’amministratore delegato del Gruppo bancario, Federico Ghizzoni, nel corso di una conferenza recentemente tenutasi all’Ispi di Milano e intitolata “Turchia, nuovo motore del Mediterraneo?”.

Siamo pronti a una nuova acquisizione bancaria nel Paese, se si dovesse presentare l’occasione giusta per crescere ulteriormente in un’economia che cresce a ritmi dell’8/9% all’anno, a ritmi inferiori solamente a quelli della Cina” ha affermato Ghizzoni.

L’ad, in particolare, ha fatto riferimento a un’espansione ulteriore di Unicredit nel ramo del retail e del private banking locale, dopo aver proceduto, nel 2002, all’acquisto del 50% della locale Yapi Credi.

Siamo entrati nel mercato turco una volta passata la crisi finanziaria del Bosforo del 2001, entrando nel capitale di una banca, la Yapi Credi, che oggi rappresenta il quarto istituto del Paese – ha spiegato Ghizzoni –. Con un return on equity del 26% e un valore di circa 10 miliardi di euro, se fosse italiana Yapi Credi sarebbe il terzo operatore di borsa e per utili”.

Un nome sulla possibile nuova preda il Ceo non l’ha indicato, anche se la forza del settore bancario nell’economia locale, secondo solo alla produzione manifatturiera (che a sua volta però è fonte di lavoro per le numerose Pmi), e l’impulso che il governo Erdogan, in odore di rielezione, sta dando alle privatizzazioni, lascia presagire che l’istituto di Piazza Cordusio una mossa per replicare con un altro partner il successo dell’esperienza di Yapi Credi (571 milioni di utili ante imposta nel 2010 e 131 milioni nel primo trimestre 2011) la farà.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, i turchi sono professionisti preparati, aggiornati e aperti a una visione internazionale del business, con delle rare eccellenze nel campo delle carte di credito” ha aggiunto Ghizzoni.

Se queste sono le premesse, appare evidente come Ankara rappresenti, tra i Brics, la meta più a portata di mano per gli investimenti non solo delle altre banche nazionali, ma anche di tutte quelle imprese nostrane che cercano oltreconfine i fattori della nuova competitività richiesti dai paradigmi della globalizzazione.

 

Uno sguardo sul boom economico del Paese

 

I dati forniti dall’Ispi, nel dettaglio, restituiscono il quadro di un’economia in netta crescita.

Dopo un ultimo trimestre del 2010 in cui il Pil ha raggiunto punte di crescita del 9,2% su base tendenziale, il Paese ha fatto registrare infatti una crescita media annua dell‘8,9%. La crisi dei mercati finanziari internazionali, insomma, non avrebbe avuto impatti di rilievo sui trend di crescita del contesto imprenditoriale locale, caratterizzato, al contrario, da una forte domanda interna (+9% nel 2010) e da un vero e proprio boom degli investimenti esteri, cresciuti in pochi mesi del 50%. Con un debito pubblico al di sotto del 50% del Pil, il problema della Banca centrale è quello di contenere gli impieghi degli istituti, passati, nel giro di un anno, da 190 a 246 miliardi di euro.

Sembra strano in tempi di sofferenze bancarie in diversi altri Paesi del mondo, ma al momento uno dei problemi della Banca centrale è quello di adottare misure per contenere almeno un po’ l’emissione dei prestiti e il conseguente aumento dell’inflazione, così come il tentativo di ridurre la dipendenza, che forse sta diventando eccessiva, dagli investitori esteri”. ha concluso Ghizzoni.

Problemi di un’economia in crescita che tutti, di questi tempi, vorrebbero avere, qualcuno dirà. A onor del vero, valgano le considerazioni di Standard & Poor’s, che ha recentemente operato un movimento all’insù del rating sovrano, portandolo da BB- a BB.