Andrea Gibelli, Vicepresidente e Assessore all’Industria e Artigianato di Regione Lombardia, illustra le ultime iniziative a supporto del business delle imprese territoriali, tra l’introduzione di nuove tecnologie e la creazione di reti d’impresa in grado di spingere sulla competitività |

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L’innovazione tecnologica come strumento imprescindibile di semplificazione e miglioramento dei processi di comunicazione con cittadini e imprese, ma soprattutto come volano per promuovere la competitività delle aziende del territorio. Parte da qui la nuova visione della Pubblica Amministrazione, in alcuni casi già attiva nel coinvolgimento di cittadini, imprese e associazioni di categoria attraverso inizitive lanciate in nome dell’accessibilità e della trasparenza. Ne è un esempio Regione Lombardia, un’amministrazione locale che ha posto da tempo i temi della semplificazione e della digitalizzazione dei servizi tra le sue prime tre priorità e che CBR ha incontrato nella persona di Andrea Gibelli, Vicepresidente e Assessore all’Industria e Artigianato, per analizzare in dettaglio tipologie e obiettivi delle ultime azioni espressamente pensate per il mondo business.

 

Quali strumenti mettete a disposizione delle imprese per promuovere l’uso della tecnologia a supporto del business e quindi della loro competitività a livello locale e internazionale?
I bandi sull’innovazione sono sicuramente quelli che riteniamo più importanti per garantire il giusto slancio al business delle imprese. L’introduzione di nuove tecnologie all’interno delle imprese è alla base, infatti, di uno dei capisaldi su cui da sempre insiste la Regione Lombardia, vale a dire il grande tema della competitività, declinabile in due sottofamiglie, la prima rappresentata dall’internazionalizzazione, l’altra dall’attrattività. Per quanto riguarda il primo punto, occorre accettare la sfida rappresentata dai periodi di crisi, passando dall’eccellenza delle singole realtà territoriali a un sistema organizzato di eccellenze, realizzato attraverso “reti”. Le reti, infatti, rappresentano un elemento di grande competitività sui mercati internazionali, che oggi non sono più quelli di prossimità come negli anni passati. Prima dell’euro l’estero era rappresentato dai Paesi comunitari su cui si operava sfruttando la leva della svalutazione della lira. Oggi, con le nuove regole determinate dalla moneta unica, con l’ingresso della Cina nel Wto, con la rivoluzione di Lula in Brasile, con la sfida dell’India, i grandi mercati della qualità non sono più quelli di prossimità e gli imprenditori non possono più percorrere solo 5.000 km ma 15.000. Quindi la rete garantisce la possibilità di proporre un’offerta più ampia, presentandosi con una organizzazione più strutturata e con una serie di esperienze condivise per soddisfare le diverse richieste. Il tutto sotto un brand specificatamente realizzato, Made in Italy by Lombardia, in grado di rappresentare un ulteriore elemento di supporto alla competitività perché promosso da una regione che garantisce un contributo notevole al Pil nazionale. Un’organizzazione a rete garantisce poi una presenza stabile nei mercati esteri in cui non è pensabile operare senza costanza: oggi il mercato cinese conta tra i 40 e i 50 milioni di nuovi ricchi e quindi un potenziale enorme sul Made in Italy by Lombardia, ma è un mercato che richiede un solido gioco di squadra. Per quanto riguarda, per esempio, il settore della nautica, se per i cantieri lariani 100 commesse rappresenterebbero un cambio di passo decisivo, in Cina si registra un’aspettativa di ordinativi nell’ordine delle 17.000 unità all’anno: si tratta di una opportunità da non perdere, ma che i singoli cantieri non possono soddisfare dal momento che non riescono a presidiare quel mercato 365 giorni all’anno. Quindi è importante interrogarsi all’interno del distretto della nautica, creando dei cluster in cui grande industria e piccola impresa si alleino per proporsi sui mercati emergenti in forma stabile, accompagnati magari anche dal sistema bancario in una triade che rappresenta il successo dell’industria tedesca e di quella francese. Paesi, questi ultimi, in cui le aziende hanno una taglia mediamente maggiore della nostra, ma che accompagnano comunque le realtà territoriali attraverso figure istituzionali in grado di aggiungere riconoscibilità e valore alle offerte.

 

La spinta all’internazionalizzazione è un tema spesso considerato appannaggio delle sole grandi imprese. Eppure all’interno delle reti anche le piccole aziende possono giocare un ruolo importante. Dal punto di vista dei processi crede ci sia ancora una distinzione netta tra artigianato e industria?
L’internazionalizzazione è sicuramente una grande opportunità anche per le piccole realtà in partnership con le grandi. La qualità delle proposizioni si raggiunge, infatti, considerando i piccoli fornitori veri e propri partner industriali sul piano strategico. D’altra parte, spesso l’innovazione della grande industria rispetto al prodotto finito si ha attraverso la valorizzazione del capitale umano e della qualità tipica della piccola impresa. Oggi la distinzione tra artigianato e industria non è più così netta come in passato. Personalmente ho incontrato industriali che possono essere definiti veri e propri “sarti”, dal momento che non producono nulla di standardizzato, ma lavorano solo su commesse uniche. Eppure il loro valore economico è enorme, per cui sono riconducibili al settore industriale. D’altra parte ho incontrato anche tanti artigiani che hanno deciso di standardizzare la produzione per abbassare i costi e quindi hanno processi condotti quasi esclusivamente con tecnologie informatiche. Sono artigiani, ma l’attività è quasi industriale. Indubbiamente, quindi, queste due grandi categorie tendono a non esistere più: certo hanno tradizioni, ma hanno anche molto in comune, tanto da spingerle sempre di più ad allearsi e fare squadra.

 

Come si lega il tema dell’internazionalizzazione a quello dell’attrattività per incrementare la competititvità delle imprese locali?
La grande risorsa della qualità oggi risulta sempre più interessante per le imprese straniere attente a valutare lo sviluppo di partnership con il nostro sistema organizzato, quindi con cluster di aziende e non con singole realtà. Il tema dell’internazionalizzazione si lega dunque strettamente a quello dell’attrattività: ci sono già Paesi come la Cina o il Brasile in cerca di partnership con la fabbrica o l’officina lombarda per aggiungere valore in alcuni settori specifici, come l’agroalimentare, l’energia rinnovabile, la meccanica o la medicina. Loro hanno grandi mercati da aggredire e grandi capacità di investimento, noi grandi tecnologie ed esperienza. In questi settori lo sviluppo di partnership può creare indubbiamente squadre vincenti: oggi il tema dell’attrattività trova una sua concreta esemplificazione nel cosiddetto “Energy cluster” che raggruppa aziende di tutti i settori per la produzione di energia elettrica e rappresenta un partner ideale sui mercati esteri sia per intercettare commesse sia per sviluppare partnership con altri soggetti internazionali, magari già strutturati, con cui realizzare grandi interventi. Nei prossimi 30-40 anni sono, infatti, previsti in tutto il mondo investimenti di 250 miliardi di dollari per la realizzazione di impianti di produzione di energia, dal nucleare all’eolico, dal fotovoltaico al solare termico, fino alle centrali a gas e turbogas. Noi non possiamo non andare a fornire in forma organizzata la nostra tecnologia, per altro apprezzata, nella costruzione di questi grandi impianti. Per quanto riguarda la Cina, in particolare, è stato già registrato un forte interesse nelle esperienze lombarde per quanto riguarda il modello tecnologico di gestione e distribuzione dei servizi locali erogati attraverso le municipalizzate. Il modello, ritenuto clonabile (diversamente dagli oligopoli francesi e tedeschi – ndr), porterebbe il metano a 250 milioni di famiglie cinesi: se per loro rappresenta un piccolo progetto, per noi avrebbe la stessa portata della metanizzazione di metà Europa in 10 anni.

 

Quale contributo possono dare i centri di ricerca e il sistema dell’università alla valorizzazione dell’intelligenza d’impresa lombarda, una regione in cui si registra un’impresa ogni 12 abitanti?
Il tema dell’innovazione è sviluppato soprattutto dagli incubatori d’impresa, dai centri di ricerca pubblici e privati, dal sistema dell’università, dove la ricerca avanzata si combina con l’innovazione a breve termine: si attinge, infatti, all’esperienza teorica per realizzare progetti del raggio temporale di massimo 180 giorni. Per valorizzare tutto questo è fondamentale che l’intelligenza collettiva diffusa della Lombardia, una regione in cui si conta un’impresa ogni 12 abitanti, si strutturi, ancora una volta, in un sistema organizzato per raggiungere una massa critica di interesse. Se si confrontano alcuni dati della nostra regione con Shangai, emerge con evidenza questa necessità. Shangai ha 18 milioni di abitanti, la regione Lombardia 9 e mezzo; la prima conta 350.000 imprese (senza considerare quelle sotto i 50 dipendenti – ndr), la seconda ne conta 800.000 di cui il 90% sotto i 10 dipendenti. Ne consegue che queste realtà devono imparare a offrirsi in termini organizzati e a condividere le conoscenze se vogliono risultare interessanti o anche solo visibili, una visibilità che spesso manca già localmente.

 

Un bando per la ricerca e l’innovazione
 
Con l’intentenzione di promuovere la realizzazione di progetti da parte di Pmi lombarde in collaborazione con grandi imprese e organismi di ricerca, Regione Lombardia ha promosso un bando specifico per l’elaborazione di progetti che rispondano alle esigenze di innovazione e competitività. Sotto forma di agevolazione mista con proporzioni variabili in base alla composizione dei soggetti beneficiari e alla tipologia di intervento, sono stati stanziati finanziamenti per una dotazione complessiva di 121,5 milioni di euro: 59 dai fondi per la ricerca del MIUR e 62,5 da fondi regionali. Per poterne usufruire i beneficiari dovranno essere almeno tre Pmi oppure due Pmi associate con almeno uno tra grandi imprese e organismi di ricerca.

 

 

Programma Ergon: obiettivi e finalità
 
Con questo programma la Regione Lombardia, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Sistema delle Camere di Commercio lombarde intendono dare supporto allo sviluppo di aggregazioni in forma stabile tra imprese come fattore di competitività del sistema economico per la realizzazione di nuovi prodotti e servizi business. I beneficiari dei finanziamenti sono rappresentati da raggruppamenti di Pmi costituiti o da costituirsi con forma giuridica “contatto di rete”, oltre ad Associazioni temporanee d’impresa tra PMI e consorzi e società consortili tra PMI (società di servizi relative al settore manifatturiero e delle costruzioni).

 

Un’amministrazione sempre più digitale
 
Come stabilito dalla “Task force zero burocrazia”, incaricata di ridurre al minimo gli oneri amministrativi e sburocratizzare le pratiche per imprese e cittadini, la Direzione Industria della Regione Lombardia sta progressivamente trasferendo sul digitale tutte le misure che riguardano i bandi regionali. “In questo modo – ha sottolineato Andrea Gibelli, Vicepresidente e Assessore all’Industria e Artigianato dell’amministrazione locale – la partecipazione da parte delle aziende non sarà più fatto attraverso protocolli e interminabili attese, ma usando semplicemente un PC e una guida di supporto elettronico che rappresenta un elemento di facilitazione molto apprezzato”. La progressione nel trasferimento dei bandi è costante. “A distanza di un anno – ha precisato Gibelli – abbiamo già spostato il 50% dei bandi sul digitale, registrando un tale tasso di adesione all’uso di queste nuove procedure da indicarne con chiarezza il livello di gradimento. E questo indipendentemente dalla dimensione delle aziende: oggi sia l’impresa artigiana che la grande impresa non solo dispongono della dotazione informatica indispensabile, ma chiedono di potenziare tutti gli strumenti che consentono un’accessibilità più diretta anche per quanto riguarda le informazioni più generali”.