In azienda i ‘nativi digitali’ portano una nuova linfa in grado di svecchiare i processi e rinfrescare le relazioni con il mercato, ma parallelamente introducono anche alcuni fattori di rischio per nulla trascurabili

Una nuova forza lavorativa si sta affacciando al mondo del business, una generazione nata intorno alla svolta del Terzo millennio e cresciuta nel pieno dell’era digitale. Si tratta di giovani tra i 18 e i 30 anni, che per dimestichezza nell’uso dei dispositivi di ultima generazione e familiarità con gli strumenti software più innovativi rappresenteranno sempre di più un’opportunità per tutte le aziende intenzionate a introdurre nuova linfa nei processi interni e nella relazione con il mercato. L’integrazione della capacità innovativa dei Millennial all’interno delle imprese si profila, però, come un passaggio delicato, da non sottovalutare a causa delle criticità che potrebbero generarsi. Per mettere a fuoco le principali sfide da affrontare in termini organizzativi e tecnologici, CA Technologies, in collaborazione con NetConsulting, ha promosso uno studio dedicato alla definizione delle aspettative di questa nuova forza lavoro, misurando soprattutto lo stato di preparazione del sistema produttivo che sta per accoglierla.

 

 

I risultati dell’indagine
In generale, il profilo del Millennial emerso dall’indagine è quello di un giovane caratterizzato da un approccio multitaskting, sempre online, pioniere nei confronti delle tecnologie emergenti, ma anche molto anarchico nei confronti delle regole. La sua dotazione tecnologica è tipicamente mobile (l’88,3% dei nativi digitali usa un notebook nel 95,8% dei casi più volte al giorno), mentre il servizio online usato più abitualmente è la condivisione dei dati online (nel 62,9% dei casi): un aspetto, quest’ultimo, che oltre a rappresentare un’interessante opportunità per le aziende (dal momento che testimonia quanto i Millennial siano risorse già formate e predisposte alle ultime tendenze tecnologiche) introduce però anche un primo elemento di rischio legato all’accesso a questo tipo di servizi con dispositivi interni al firewall aziendale e un secondo problema per quanto riguarda l’occupazione delle risorse. Dall’indagine risulta poi la forte propensione dei nativi digitali all’uso di tecnologie per condividere opinioni e idee (il 95,7% degli intervistati usa Facebook nell’87,4% dei casi almeno una volta al giorno, il 79,3% usa Skype, il 73,9% usa YouTube). Per le imprese questo aspetto ‘social’ rappresenta un elemento particolarmente interessante dal momento che, se valorizzato correttamente, non solo permette di aumentare la produttività interna attraverso la naturale propensione alla collaborazione dei nativi digitali, ma parallelamente introduce anche la possibilità di incrementare la visibilità esterna dell’azienda attraverso un uso più mirato degli strumenti social. A fronte di tutto ciò, questa stessa propensione introduce però nelle aziende nuovi fattori di rischio, soprattutto in combinazione con la scarsa sensibilità dei Millennial nei confronti della privacy e l’intenzione dichiarata dal 28% degli intervistati di essere disposto a cercare modalità di accesso alternative in caso di limitazioni aziendali a social network e a strumenti 2.0: una situazione che va ad aumentare la possibilità di violazione o perdita dei dati, riducendo anche la produttività del dipendente.
Per quanto riguarda le aspettative tecnologiche, la nuova generazione di knowledge worker conta dunque di ritrovare nel contesto lavorativo, poco riconducibile al tradizionale perimetro della scrivania (il 50% dei Millennial non dà alcuna importanza alla presenza fisica sul luogo di lavoro), gli stessi strumenti e le stesse modalità operative cui si è abituato nella propria vita privata. Un quadro che si scontra pesantemente con la diffusione attuale delle soluzioni di remote working e collaboration all’interno delle imprese italiane: solo il 18% fornisce oggi a buona parte dei propri dipendenti la possibilità di lavorare in remoto, confermando una scarsa convinzione nei confronti di modelli flessibili della gestione del lavoro. Un po’ più popolari risultano essere le soluzioni di collaboration (il 36,7% delle aziende dichiara di metterle già a disposizione della maggior parte dei dipendenti), anche se poi, analizzate in dettaglio,queste soluzioni sono nella maggior parte dei casi riconducibili a prodotti di videoconferenza in sale dedicate.
Pur in presenza di una strategia volta a colmare alcune lacune, dall’indagine risulta quindi evidente la necessità di colmare alcuni vuoti per rendere più proficuo l’inserimento della nuova forza lavorativa rappresentata dai Millennial. Per sfruttare a pieno il loro contributo è indispensabile, infatti, che le aziende facciano i conti con alcuni aspetti infrastrutturali, non solo per rispondere alle aspettative dei nativi digitali, ma anche per mettersi al riparo da alcuni fattori di rischio: in primo piano spiccano la performance delle reti e quella delle applicazioni, seguite da una gestione intelligente della capacità, l’adeguatezza dei servizi di sicurezza (la gestione delle identità e degli accessi, soluzioni per la prevenzione della copia di dati) e la gestione dei livelli di servizio in un’ottica business oriented.

 

Il campione dello studio
L’analisi promossa da CA Technologies in collaborazione con NetConsulting è stata condotta sulla base di interviste dirette rivolte a un campione di 280 studenti di quattro atenei italiani (presso le facoltà di Economia e Ingegneria) e Web survey compilate da un campione di 150 aziende di classi dimensionali medio-grandi, appartenenti a tutti i settori.