Valutazioni economiche a parte, il Content Management rappresenta un’interessante sfida organizzativa, per costruire un approccio globale all’organizzazione e alla gestione dei contenuti

Le tecnologie della comunicazione e dell’informazione si dimostrano strumenti di innovazione formidabili; costringono infatti a una revisione profonda dei metodi di lavoro, cambiano le abitudini di fruizione, spingono verso la cultura della prestazione, mettendo a disposizione strumenti dinamici di controllo. Con le tecnologie, sfruttando spesso ciò che già esiste, si può “riformare” a costo zero (o quasi), semplicemente agendo sulla razionalizzazione e la semplificazione dei processi (il che non vuol dire che in fase progettuale la complessità non cresca). Lo scorso 1° gennaio, per esempio, per effetto dell’articolo 32 della legge 69/2009, gli Albi Pretori cartacei della Pubblica Amministrazione avrebbero dovuto essere sostituiti da specifiche sezioni previste nei siti Web; solo dal 1° gennaio 2013 scatterà l’obbligo anche per bilanci e bandi di gara. Togliere valore legale alla carta significa spingere tutto il settore pubblico a razionalizzare i processi, analizzandone le attività, individuandone i responsabili, gli obiettivi, le prestazioni attese. L’impatto della tecnologia, in questo caso, è il catalizzatore del cambiamento culturale. Come evidenziato dalla ricerca condotta a inizio 2011 dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, in collaborazione con il CNR, alla data del 1° gennaio erano 5.133 i Comuni che avevano già predisposto una sezione online dell’Albo Pretorio nei propri siti. Tra le città metropolitane, alcune (tra queste Milano) hanno colto l’occasione dell’obbligo di legge per trasformare l’intero processo documentale. Ecco, la forza dell’ICT sta proprio qui: generare catene innovative virtuose, in grado di suscitare revisioni sostanziali di abitudini di lavoro consolidate, in un approccio misto bottom-up e top-down.

Linee Guida per il Web
A fine luglio sul sito del Ministero è stato pubblicato il documento “Linee Guida per i siti Web della PA” accompagnato da due vademecum specifici. Frutto di un gruppo di lavoro, composto da Digit PA, dal Dipartimento per la funzione pubblica, dal Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica e da FormezPA, le Linee Guida propongono metodi, criteri e strumenti per la realizzazione ex novo o l’adeguamento dei siti della PA. Documento utilissimo, non solo alle PA ma anche al settore privato, soprattutto ai tanti che, grazie ai nuovi software, affrontano in autonomia lo sviluppo di un sito Web, esperienza complessa e impegnativa, in cui il rigore del metodo applicato alla creatività è fondamentale per non generare fallimenti a catena. Le Linee Guida hanno il pregio di introdurre con chiarezza e immediatezza il principio del ciclo di vita di un progetto, nel caso specifico della realizzazione di un sito Web, articolato nelle fasi di avviamento progetto, analisi dei requisiti, disegno e progettazione tecnica, sviluppo e migrazione, collaudo e messa in esercizio, gestione. Ricordate? È la sintesi della metaprogettazione dei siti Web; se ne parlava già negli anni Novanta. Il tempo ha dato ragione ai professionisti che sin dagli albori di Internet in Italia sostenevano la necessità di un approccio scientifico e metaprogettuale, ben lontano dall’approccio commerciale-pubblicitario che per molto tempo dominò la scena Internet nostrana, almeno fino all’esplosione della prima, grande bolla speculativa del digitale.
Il lavoro svolto nella realizzazione delle Linee Guida è più che apprezzabile. A prescindere dalla dimensione normativa, si trasformano in un vero e proprio testo di divulgazione metodologica, uno strumento di innovazione culturale e formativa, con ampio uso di tavole sinottiche. Le Linee, poi, introducono il principio fondante della revisione in corso d’opera: la Direttiva 8/2009, infatti, prevede che siano oggetto di revisione almeno annuale, per essere sempre aggiornate; la versione oggi disponibile è il frutto di due mesi di consultazione pubblica online, attraverso un forum. A partire da settembre sarà disponibile sul sito del Ministero uno specifico spazio forum dedicato (www.innovazionepa.gov.it).

Il CMS come strumento di efficienza
Proprio nelle Linee Guida alcune pagine sono dedicate al Content Management System (CMS); approccio informativo e pragmatico, oltre che divulgativo. Se per un addetto ai lavori si tratta di concetti noti, per chi si avvicina per la prima volta o quasi, le definizioni proposte sono essenziali, proposte in modo che siano chiari requisiti, funzioni e potenzialità di un CMS. Il Content Management System, tra l’altro, è considerato uno degli strumenti disponibili per soddisfare il requisito di “facilità di aggiornamento dei contenuti”, richiesto esplicitamente dal nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale. Interessante poi (e innovativo rispetto ai più tradizionali approcci) cogliere l’analisi vantaggi e svantaggi; a fronte dei vantaggi di un CMS ben configurato, infatti, le Linee Guida non dimenticano di individuarne i limiti, legati soprattutto all’onere economico e organizzativo che potrebbe richiedere soprattutto nelle fasi iniziali. Si introducono così concetti chiave, come l’analisi costi – benefici, il controllo in itinere delle prestazioni, l’aggiornamento continuo (anche in termini di formazione del personale coinvolto), la scalabilità delle risorse applicative.
Lasciamo ora l’Italia per dare un’occhiata a ciò che accade al Content Management nel mondo. Al Symposium IT Gartner del 2009, gli analisti Mick MacComascaigh e Regina Casonato hanno dedicato all’Enterprise Content Management e al Web Content Management una sessione specifica. Le aziende impegnate nell’avvio o nel completamento di iniziative CM vivono l’esperienza prese tra due fuochi; da una parte gli utenti che chiedono facilità d’uso, “leggerezza” del sistema, semplicità di integrazione dei contenuti, miglioramento dell’efficienza; dall’altra il management che richiede velocità, efficacia, efficienza.
La scelta di una suite di Enterprise Content Management è spesso la soluzione, che, però, che richiede investimenti cospicui (i costi sono pari a 250.000 dollari per cento utenti) in termini di risorse e tempo (sono necessari dai 9 ai 12 mesi, talvolta anche di più, per completarne l’implementazione). Soluzioni di Basic Content Services (BCS) rappresentano spesso l’alternativa da percorrere, anche se è necessario sacrificare alcune funzionalità.
Valutazioni economiche e finanziarie a parte, però, l’ECM rappresenta un’incessante sfida organizzativa, per costruire un approccio olistico all’organizzazione e alla gestione dei contenuti attraverso i diversi domini funzionali d’impresa. Perché se ne possano sfruttare a fondo i vantaggi, tuttavia, è necessario comprendere che un’applicazione inserita in una suite ECM è dipendente da altre applicazioni con cui lavora come fosse un’unica entità. Tutto ciò riconduce direttamente a quel concetto di ciclo di vita del documento a cui le nostre Linee Guida fanno esplicitamente richiamo. I componenti delle suite ECM devono lavorare di concerto con quanto accade nel contesto, seguendo l’evoluzione dei contenuti inseriti. Tra gli elementi integrati di recente nelle suite ci sono gli e-form e il DAM (Digital Asset Management). L’e-form è la via più semplice per automatizzare un processo che coinvolge la raccolta e il trattamento di dati proposti dagli utenti dei siti. Il DAM rappresenta invece la via di ingresso dei rich media nelle suite ECM. Ne emerge un quadro sempre più articolato, in cui le suite e il Content Management più in generale sembrano essere contemporaneamente prodotto, architettura e infrastruttura.