Giovanni Linzi, di IBM, commenta con FBR Italy alcuni megatrend emersi nel corso del Banking Summit organizzato da The Innovation Group e MAT Edizioni. In particolare emerge una conferma del ruolo strategico che oggi l’ICT riveste nell’ambito del Banking e nel Finance.

I profondi cambiamenti che negli ultimi anni stanno caratterizzando la struttura dei mercati finanziari e bancari spingono gli intermediari a rivedere le proprie strategie competitive e a promuovere una radicale trasformazione delle strutture organizzative.
L’incremento del livello di concorrenza, conseguente ai cambiamenti dei vincoli normativi e territoriali, e l’affinamento della domanda conseguente all’evoluzione della clientela bancaria – di norma più competente ed esigente in materia di servizi – costituiscono i principali fattori del cambiamento delle strategie e delle strutture organizzative del mondo finanziario. Un terzo fattore, ancora più importante, è costituito dalle innovazioni tecnologiche, con particolare riferimento all’evoluzione dell’informatica, che è la tecnologia di base indispensabile per ogni attività finanziaria. In questo settore,infatti, la tecnologia informatica interessa non solo l’attività amministrativa e di controllo, ma l’intero processo produttivo degli intermediari.
La tecnologia ha un ruolo basilare nel nuovo scenario competitivo in cui operano gli intermediari finanziari, in quanto, da strumento passivo e destinato alla riduzione dei costi e alla razionalizzazione delle procedure interne, è diventato un fattore chiave innovativo per le banche, una forza propulsiva capace di favorire la nascita di nuove tecniche, nuovi prodotti e perfino nuovi mercati.
Oggetto di continua discussione tra gli analisti e gli studiosi del Banking e del Finance, il ruolo dell’Information Technology è ormai riconosciuto come un motore trainante dei processi di cambiamento nel mondo bancario. Le nuove tecnologie offrono alle banche l’opportunità di modificare la loro presenza sul mercato grazie alla nascita di nuovi canali distributivi, immediatamente integrabili con quelli esistenti, come l’home banking, la TV interattiva, il chiosco multimediale, il tablet e, più in generale, i Mobile Internet Device. Spesso abbreviato in MID, questa dizione indica alcuni dispositivi particolari, destinati soprattutto alla navigazione in Internet e pensati soprattutto per un pubblico non professionale.

Tra eccellenza e inefficienza

In occasione del Banking Summit organizzato da The Innovation Group e da MAT Edizioni, FBR Italy ha intervistato Giovanni Linzi, General Manager Sales di IBM proprio sul ruolo che potrà avere l’ICT nell’ambito delle trasformazioni del sistema Paese e, di conseguenza, del contesto bancario e finanziario.

Come si configura oggi il rapporto tra sistema bancario e sistema Paese?
Le banche sono fortemente presenti nel sistema Paese, ne fanno parte integrante, tanto che si può affermare che il sistema bancario ne è lo specchio poiché anch’esso, come tutto in Italia, è caratterizzato da grandi punti di eccellenza coesistenti con forti livelli di inefficienza.
Se analizzassimo la struttura di spesa di una banca – così come quella di una grande impresa o della PA – noteremmo che la parte dedicata all’innovazione, alla creazione di un differenziale strategico e di un vantaggio competitivo sarebbe molto ridotta. Quindi, se dovessimo giocare una partita sul futuro, dato che non siamo in grado di investire capitali freschi, noi italiani potremmo avventurarci, nel migliore dei casi, in un gioco a somma nulla (in realtà sarebbe un gioco a somma decrescente).
E’ chiaro che dobbiamo operare con l’ICT e con il supporto della tecnologia, in generale, ma non basta: è necessario incidere più in profondità a livello sistemico, di Paese, riducendo gli investimenti e i costi inerenti ad attività che non creano valore. Questo perché gli enabler che ci permetteranno di evolvere saranno originati da quelle aree e da quei componenti (dei processi, di generazione dei prodotti/servizi) che generano differenziazione e vantaggio competitivo.
Bisogna essere in grado di trasferire risorse e investire in queste aree: mantenere una notevole quantità di risorse bloccata in attività e processi che non generano valore è una “strategia” che non porta da nessuna parte, perché questi processi sono anche un inibitore dell’efficienza, della capacità di erogare livelli di servizio adeguati alle necessità del sistema Paese. Non vi è un unico elemento dei processi che sia particolarmente critico: la farraginosità è proprio sistemica poiché intraprendere attività inutili in un ambiente unico riduce l’efficienza complessiva.

 

Quant’è critica la situazione economica e finanziaria dell’Italia?
Siamo in un momento di discontinuità veramente critico e di ampia portata, comunque importante perché dovrebbe costringerci a riflettere sul presente e a pianificare il nostro futuro. In passato erano le guerre che proiettavano l’umanità (e gli italiani in particolare) in uno stato di bassa energia potenziale. Oggi – siccome nessuno di noi vuole una guerra, una crisi del ‘29, un default – dobbiamo pilotare una crisi che è, essenzialmente, di leadership; dobbiamo intraprendere un percorso di riposizionamento della nostra società su un livello diverso da quello che ha causato (e causa) le inefficienze del Paese.
Se poi queste sono determinate da eccedenze di persone, è chiaro che ce ne dobbiamo occupare come cittadini, come società civile; il rischio vero è che se non si affronta il problema dell’inefficienza, è tutto il sistema che ne risente. Dobbiamo far sì che si possa tornare su un cammino di crescita, l’unica condizione che garantisce il welfare e la pace sociale.

 

Qual è la prima barriera da rimuovere, il maggiore ostacolo del welfare?
E’ totalmente inaccettabile che vi siano risorse bloccate in attività che non servono. Tutti noi lo sappiamo, ma per mancanza di coraggio, della non-volontà d’operare una discontinuità nell’ambito delle organizzazioni, non si agisce sull’inefficienza. E’ inaccettabile, altresì, che in un paese civile ci siano miliardi di euro che non partecipano a rendere disponibili le risorse necessarie per garantire la crescita. Sto parlando dell’evasione fiscale: è chiaro che dobbiamo agire su due livelli: uno è quello dell’efficienza, per spendere meno, meglio e creare le condizioni perché la nostra vita sia strutturata in modo sostenibile; l’altro è quello del rigore poiché dobbiamo operare sul recupero di tutte le risorse che oggi non sono rese disponibili, che contribuiscono solo alla ricchezza personale e non danno nulla al paese in cambio della ricezione di tutti i servizi legati al welfare.
Tutti devono contribuire perché si possa ridurre l’evasione fiscale. Oggi la tecnologia e l’innovazione rendono disponibili tutti gli strumenti necessari a fronte però di una volontà politica chiara per recuperare tutto o parte di quanto sfugge allo Stato per atteggiamenti che sono socialmente inaccettabili.
L’IT è una conditio sine qua non per la crescita, una leva abilitante perché consente di correlare in maniera significativa le informazioni disponibili. Fatta salva la volontà politica di utilizzarla, la Business Analytics, mette a disposizione gli strumenti per individuare gran parte degli sprechi e, nella versione più avanzata, fornisce anche la capacità di individuare quelle componenti di spesa positiva, che possono essere considerate “virtuose” perché dovute ad alcuni irrinunciabili ammortizzatori sociali.
Sappiamo che, nonostante tutto, esiste una quantità enorme di risorse, almeno di un ordine di grandezza superiore a quelle che la manovra finanziaria intende mobilitare, che sono sprecate, o malamente impiegate, o addirittura ignote ai più.

 

Quali sono le leve da azionare per recuperare competitività? Quale deve essere il ruolo dell’IT per favorire la ripresa?
Per quanto riguarda il sistema bancario, le leve che occorre mobilitare sono quelle riportate dai report delle banche stesse.. Se si analizzano i piani industriali delle banche, si osserva che i temi caldi sono il recupero dell’efficienza (che “pesa” per il 40% circa della spesa totale), la creazione di nuove revenue a parità di costi (ancora per il 40%), la gestione del portafoglio asset (10%) e infine c’è un’attenzione particolare per la corretta gestione del capitale, della vigilanza e dell’operatività.
Sono temi complessi e ovviamente gli analytics possono essere d’aiuto nella valutazione di questi argomenti. A proposito del tema del recupero dell’efficienza nelle banche rilevo che, anche in questo caso, l’IT è la leva abilitante più efficace. Come leva può essere un moltiplicatore “10x” o “20x” ma, fintanto che viene vista come una voce di costo, essa non può che essere periodicamente “tagliata”.
E necessario che i vertici dell’azienda si rendano conto che l’IT deve assumere il suo ruolo di leva per ridurre significativamente la struttura totale dei costi, per riorganizzare l’articolazione dei processi, per migliorare l’efficienza, per migliorare il servizio, per creare nuovi prodotti/servizi, per far sì che gli operatori siano posti nella condizione di fornire informazioni mirate indipendentemente dal canale di interazione usato dal cliente. E’ una presa di coscienza che deve necessariamente avvenire perché il sistema bancario “conosce” il cliente (previo il suo consenso) e ha i mezzi per comporre una value propositon personalizzata in termini di offerte di prodotti o servizi mirati sulle sue specifiche esigenze. Si garantisce così, nel punto di contatto, un’efficacia che non può che generare nuove opportunità.
Già oggi l’IT è una leva d’azione importante, nonostante il momento di discontinuità sia anche fin troppo duraturo. In questo periodo bisogna abbandonare le rendite di posizione, bisogna essere rivoluzionari. E’ un momento in cui ognuno di noi deve mettere in gioco se stesso ma, soprattutto, quando si parla e si propone un prodotto/servizio bisogna dimostrare d’avere una visione, le competenze e un approccio metodologico, e IBM, che è un grande operatore di mercato e ha un compito di advisor anche per il sistema Paese, può mettere a disposizione queste capacità a beneficio del sistema paese.

Innovazione e coraggio

Nella vostra CEO Survey “Capitalizing on Complexity” viene enfatizzato il tema della leadership creativa, una virtù manageriale che presuppone il coraggio di affrontare il mondo nuovo, credendo nel valore dell’innovazione. Può spiegare le motivazioni che giustificano questa enfasi?
Oggi o ci si pone in una condizione di supporto per la rimodulazione del contesto in cui si opera per realizzare il cambiamento, oppure lo fa qualcun altro. Assumere una posizione di indifferenza porta solo alla degradazione del sistema stesso. Io credo che tutti i player – persone, organizzazioni, Stato – debbano fare di più con molto meno. Se non inseriamo le due variabili critiche – innovazione e il coraggio di operare una discontinuità – questa equazione non viene risolta. Oggi occorrono voglia di intraprendere e molto brainware; noi provider di ICT abbiamo l’obbligo di spiegare come l’innovazione possa contribuire alla creazione di welfare, mentre il ruolo dei CIO è convincere il top management che l’innovazione e l’ICT (che ne è la leva fondamentale) possono contribuire ad abilitare modelli di business e di gestione differenti da quelli attualmente adottati, tali da consentire un risparmio di risorse, l’apertura di nuovi fonti di reddito e, soprattutto, permettere a un’impresa di continuare ad esistere e coesistere con un mondo che è già cambiato.
Oggi, quando acquisto un bene o un servizio, mi aspetto che la persona che me lo sta vendendo ne sappia almeno quanto me, se non di più. E’ quanto sta accadendo nel mondo bancario: io ho un certo profilo, che è stato costruito – con la mia approvazione – dalla mia banca, ma se devo ripeterlo ogni volta che ho una relazione d’affari con essa, allora non mi interessa continuare la relazione perché il mio interlocutore deve conoscere il mio profilo e proporre una gamma di soluzioni adeguata alle mie esigenze. Il CRM è la strumentazione che rende disponibile oggi informazioni molto più granulari per creare valore a livello individuale.
Gli strumenti esistono, ma bisogna usarli, così come esistono strumenti che permettono di gestire il rischio in maniera appropriata. Se li si combina con tutto ciò che abbiamo realizzato nel campo degli analytics avanzati, con applicazioni basate su SPSS, Coremetrics, Cognos, che permettono di disegnare scenari predittivi in base ad una molteplicità di variabili, otteniamo una gamma di tool di Decision Support molto potenti
Abbiamo tutto ciò che serve per rendere più efficiente il sistema bancario nazionale: basta comprenderne i vantaggi per usarlo . La grande sfida che noi abbiamo oggi è rivedere, ridisegnare con paradigmi più semplici il sistema di core banking, la cui architettura deriva da una stratificazione decennale causata da operazioni di Merger & Acquisition e presenta un livello di flessibilità e di componentizzazione molto ridotto. Dobbiamo ingaggiare i nostri clienti, rendendoli partecipi della nostra visione – e lo stiamo facendo, pur incontrando alcune resistenze – e trasformare il core banking in strumenti avanzati che siano di supporto alla flessibilità del business, che le dinamiche del mercato richiedono.

 

Oltre all’efficienza, qual è la seconda sfida che il sistema bancario deve affrontare?
Un’altra grande sfida è quella dell’industrializzazione dell’IT. Oggi si parla molto del cloud computing (e anche noi lo facciamo), ma il cloud, in sé, non significa nulla perché i tre attributi fondamentali di questo paradigma (self service, easy of use, interattività) fanno riferimento al concetto di consumerizzazione dell’IT, una polarizzazione che pone l’organizzazione della banca sotto uno stress gigantesco. Infatti si passa dall’avere 5000 utenti, nemmeno contemporanei, a dover fronteggiare (almeno potenzialmente) le esigenze di milioni, un salto paradigmatico che presuppone un sistema informativo totalmente instrumentato e processi IT assolutamente robusti. Volendo raggiungere questo obiettivo, massimizzando l’utilizzo delle risorse, senza avere una sotto-utilizzazione, bisognerebbe procedere a una revisione e riorganizzazione della attività molto articolata, partendo dai processi realizzati tramite il portafoglio applicativo per giungere alla revisione della componente infrastrutturale.
Tutto questo è il cuore dell’industrializzazione dell’IT, che non è certo come effettuare la virtualizzazione di pochi server. Le grandi banche, le grandi organizzazioni lo hanno compreso da tempo e hanno già definito e risolto il problema di comprendere cos’è differenziante e cosa non lo è, e quindi non strategico. . Tutto ciò che non è differenziante può essere acquistato sul mercato entrando così in una logica di sourcing selettivo che utilizza tutte le leve disponibili. Tutto questo deve essere governato in coerenza con il piano strategico della banca, onde ottenere una vista armonica e coordinata delle risorse IT
Nasce comunque un altro problema, che cito appena: se si hanno milioni di accessi e questi non sono protetti, si rende vulnerabile il proprio business. Uno degli attributi fondamentali che dobbiamo associare in modo industrializzato ai sistemi informativi delle banche è quello della sicurezza.”

Ma questa è un’altra storia,che racconteremo.