La strada per una piena affermazione dell’Ip tra i clienti è ancora lunga. Dall’inchiesta condotta da CBR Italy emerge come il settore delle tecnologie basate su protocollo Ip attiri l’interesse crescente delle aziende italiane, attratte dal risparmio dei costi e dall’ottimizzazione delle applicazioni

Un settore in controtendenza rispetto all’andamento piatto del mercato nazionale dell’Ict. E’ l’universo delle tecnologie di Unified communication and collaboration (Ucc), che secondo i dati forniti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano farà registrare, nel corso dei prossimi anni, una crescita costante e uniforme più o meno su tutti i target del mercato. Le ricerche condotte dal Polimi certificano infatti un interesse generalizzato delle aziende verso le applicazioni derivanti dall’integrazione dei dati sul protocollo Ip: il 98% dei Cio appartenenti a un campione nazionale di imprese afferma di disporre, all’interno della propria organizzazione, di almeno un’iniziativa riconducibile all’ambito delle Uc.

La conferma della preferenza accordata dai responsabili dei sistemi informativi a questo tipo di tecnologie arriva, poi, dall’entità degli investimenti destinati al settore, che, nell’arco dei prossimi tre anni, sono previsti in crescita rilevante (incremento superiore al 10%) per il 42% del campione, stabili per il 20% e in riduzione per l’8%.

D’altra parte, per un’attività di implementazione delle varie applicazioni che vede tra i principali sponsor il top management delle aziende, soprattutto in fase di sperimentazione delle nuove tecnologie, le barriere all’ingresso e alla diffusione dei paradigmi della Ucc sono rappresentate proprio gli investimenti necessari (55% dei casi) e alle difficoltà delle imprese a valutare i benefici economici delle tecnologie (39% dei casi). È per questo che Computer Business Review, anche a fronte della vivacità esibita dai produttori negli ultimi mesi, ha interpellato sull’argomento alcuni dei protagonisti del settore in Italia.

 

Un mercato in crescita

Il giudizio dei principali brand internazionali sul livello di evoluzione del mercato nostrano delle Uc è più o meno unanime.

“I trend di sviluppo esibiti dal mercato italiano rispecchiano gli sviluppi in atto a livello globale: l’utilizzo delle soluzioni tecnologiche è diventato parte sempre più integrante delle comunicazioni e delle attività di interazione realizzate dalle aziende. Si tratta di un profondo cambiamento strutturale, che porterà a una sempre maggiore integrazione tra le infrastrutture di Tlc e gli asset It” ha affermato Michele Dalmazzoni, Collaboration Architecture Leader di Cisco Italia.

La visione strategica della casa americana, fondata sul concetto della rete intelligente MediaNet ottimizzata per il contenuto multimediale avanzato, punta, in particolare, sulla pervasività delle tecnologie video, ritenute il primo passo verso la realizzazione del paradigma di immersive collaboration.

“Tutte le nostre soluzioni si basano su funzionalità video integrate, con l’obiettivo finale di consentire al cliente il miglioramento del livello di collaborazione interna ed esterna alla propria azienda. Completano il quadro l’attività di virtualizzazione del desktop e il fronte delle applicazioni mobile” ha proseguito Dalmazzoni.

Più nello specifico, l’introduzione di sistemi zero client integrati con i telefoni permetterà agli utenti, secondo Cisco, di fruire di soluzioni end to end in ambienti virtualizzati, mobili e flessibili.

In linea con la visione del vendor americano il giudizio espresso da Siemens Enterprise Communications, che per bocca del Direttore Presales & Engineering Gianfranco Ulian ha preso atto “dell’atteggiamento proattivo manifestato dalle aziende italiane, in questo specifico momento attratte dalla possibilità di migliorare l’organizzazione e l’efficienza delle proprie strutture che gli strumenti di collaborazione e comunicazione integrata offre”.

A spingere la diffusione delle tecnologie di Uc, secondo Ulian, ci sono i nuovi stili di lavoro che si stanno facendo strada nella società moderna. “Il profilo target per l’offerta di Uc è da associare a una popolazione lavorativa spesso fuori sede, ma con la necessità di interagire regolarmente con i colleghi. In quest’ottica, il sostegno all’adozione di tali tecnologie deriva dall’opportunità, che le aziende vedono per sé, di sviluppare nuovi modi di organizzare i propri processi” ha spiegato il manager.

Industria e Pa, quindi, i clienti preferiti da Siemens Enterprise, che propone all’utenza una gamma completa di soluzioni Ip/Pbx e di application server. Entrambe le categorie di prodotto si rivolgono alla fascia di clientela che va dalla piccola e media impresa alla grande industria.

“Tutta l’offerta è compatibile con l’intero nostro listino di applicativi per la collaborazione e la comunicazione integrata – ha argomentato Ulian –. Per la massima semplicità di installazione e la conseguente riduzione dei tempi e dei costi di gestione, infatti, le funzioni di Uc e di collaboration sono già residenti nella configurazione software di base, mentre per quanto riguarda Openscape Voice, la nostra soluzione di tipo carrier class, le medesime applicazioni si presentano come delle suite software che si innestano sulla piattaforma base e che, in un secondo momento, possono anche essere virtualizzate in ambiente Vmware. Per Siemens Enterprise, infatti, l’Unified communication non è una nuova tecnologia, ma piuttosto una modalità innovativa per consentire agli individui di accedere in maniera più semplice e immediata alle varie funzioni aziendali”.

D’altra parte, un’azienda come Aastra, da qualche mese aperta alle partnership con il canale di vendita indiretto, ha rilevato nella scarsità di cultura del mercato un ostacolo alla piena diffusione delle tecnologie basate su protocollo Ip.

“L’interesse degli utenti italiani verso le tecnologie di Unified communication, VoIp in testa, è elevato, nonostante il livello di integrazione delle relative applicazioni all’interno delle aziende sia ancora basso, così come la conoscenza degli usi possibili delle tecnologie e i vantaggi che se ne possono derivare” ha dichiarato Fabio Pettinari, Marketing & Business Development Director di Aastra Italia.

Per la casa canadese, dunque, il mercato offre senza dubbio ampi spazi di crescita, anche se in questa fase è importante individuare dei precisi target di clientela. “Sicuramente è più facile andare a operare su aziende di dimensioni medio grandi, che possono contare su una struttura It attrezzata e che danno a un vendor la possibilità di interfacciarsi con un c-level attento all’innovazione e al miglioramento dell’efficienza aziendale. Per quanto ci riguarda, poi, in Italia puntiamo a diffondere in maniera massiva la nostra offerta di videocomunicazione personale, recentemente aggiornata con le applicazioni per la mobilità” ha puntualizzato Pettinari.

La medesima visione è condivisa da Avaya, che con l’Amministratore Delegato Gianluca Attura ha riconosciuto “l’indispensabilità, per le aziende contemporanee, di disporre di un’infrastruttura di collaboration che garantisca continuità operativa, massima integrazione e flessibilità di utilizzo”. Insomma, una sorta di commodity, che il vendor intende mettere a disposizione dei propri clienti con la piattaforma di condivisione Avaya Aura, la suite di soluzioni di videocomunicazione Avaya Flare Experience e il listino di prodotti di telefonia Ip.

Di segno opposto, invece, l’opinione sull’argomento espressa da Microsoft.

“In termini di Unified communications, il mercato italiano non sembra ancora maturo – ha affermato Tamara Zancan, Product Manager Unified communications and collaboration di Microsoft Italia –. Tra le aziende, infatti, sta emergendo un crescente interesse verso tali tecnologie, ma di fatto nelle imprese It e Tlc restano distanti, spesso divise. Uno svantaggio evidente per gli utenti, dal momento che uno dei più importanti benefici che le applicazioni di Uc sono in grado di offrire è dato dal risparmio dei costi che la tecnologia Ip consente, in termini di spese per la manutenzione degli apparati e per il finanziamento dei viaggi e delle trasferte dei dipendenti: consapevole delle grandi potenzialità insite nell’Unified communications, Microsoft si impegna quindi a promuoverne l’adozione attraverso partnership e alliance con telco provider e partner specializzati”.

Induce in qualche modo a riflettere, poi, il fatto che tale giudizio sia lo stesso di un system integrator ben presente e radicato sul territorio come Asystel.

“Quello delle Unified communication è un mercato in lenta crescita e lontano dal livello di maturità. In particolare, una delle principali cause della lentezza dei processi di adozione delle tecnologie è rappresentata dalla presenza sul suolo nazionale di tante piccole imprese, le quali, lungi dall’aver compreso appieno le potenzialità delle applicazioni Uc, spesso ritengono che queste ultime siano costituite solamente da centralini e messaging privi di qualsiasi collegamento e integrazione con i processi aziendali”, ha notato Luigi Bozzetti, Technical & Solutions Consultant di Asystel.

Microsoft Exchange, per la gestione delle e-mail, e Microsoft Lync, per i servizi di audiovideo e di Web conferencing, invece, le due famiglie di soluzioni con cui la società di Redmond intende aggredire il mercato italiano.

 

I clienti non rinunciano agli investimenti

Nonostante qualche chiaroscuro, tuttavia, gli strumenti di Unified communication and collaboration sembrano essere un investimento a cui le imprese nostrane non vogliono rinunciare.

“Le aziende di grandi dimensioni sono chiaramente quelle più ricettive rispetto alla Unified communications, perché senz’altro più evolute in termini di infrastrutture tecnologiche. Un discorso a parte va fatto invece per le piccole e medie imprese, in cui la conoscenza delle opportunità offerte dal protocollo Ip è più limitata, ma non isolata. Tutto questo si traduce in una spesa per il settore che non raggiunge ancora i livelli di altri campi ma che si colloca senz’altro in una fase ascendente, con una prevalenza per l’audiovideo e il Web conferencing” ha sostenuto Zancan di Microsoft.

Per Siemens, invece, l’interesse degli utilizzatori verso queste tecnologie è molto più marcato.

“Stando alle nostre rilevazioni riferite agli ultimi dieci mesi, credo che il livello medio di investimento delle aziende italiane sia quantificabile attorno al 20% dei budget disponibili. Una percentuale che può apparire riduttiva, ma che tiene conto, oltre che delle difficoltà economiche del momento, del fatto che la maggior parte dell’investimento viene utilizzata per l’upgrade delle infrastrutture esistenti, in modo da abilitare adozioni significative, integrate e massicce delle applicazioni di comunicazione integrata. Indubbiamente la componente video, già videoconferenza per diverse aziende negli anni passati, è un elemento trainante del nuovo paradigma tecnologico, così come la Web collaboration e le varie funzionalità “da smartphone” conseguenti al processo di consumerizzazione dell’It” ha argomentato Ulian di Siemens Enterprise.

Invita invece a una maggiore riflessione Aastra, che con Pettinari ha sottolineato la complessità che sta dietro a un investimento in Unified communications: “Definire un livello medio di spesa non è facile, giacché la Uc non è una soluzione unica e pacchettizzata ma un insieme di funzionalità integrate ai relativi servizi, che a loro volta cambiano a seconda delle esigenze del singolo utente. Sicuramente, però, posta elettronica e video comunicazione sono le applicazioni che offrono a un vendor i migliori margini di azione per trasmettere al pubblico la propria offerta”.

Sulla medesima falsariga la visione di Avaya, che ha posto l’accento sugli effetti del passaggio al cloud: “Quello nel VoIp e nelle altre tecnologie del settore Ip è un investimento di medio periodo, nell’arco dei tre-cinque anni – ha premesso Attura –. Dopodiché, un’osservazione a parte va fatta per le recenti applicazioni di Uc tramite cloud disponibili sul mercato, che vengono incontro alle esigenze delle aziende con budget limitati e abbattono, in questo modo, le ultime sacche di resistenza alla piena adozione delle tecnologie”.

In un simile contesto, la migliore strategia di vendita per un produttore non può che essere quella basata sull’approccio consulenziale, teso a far comprendere agli utenti le reali e concrete opportunità messe a disposizione dal protocollo Ip.

La conferma di tale approccio arriva da Asystel, protagonista di quest’ambito, che con Bozzetti ha spiegato come “il buon modus operandi di una terza parte si debba basare sull’assunto per cui il cliente va assistito in tutte le fasi di un progetto tecnologico, dalla consulenza in fase di pre vendita ai servizi per l’integrazione degli asset con i vari processi dell’azienda” mentre Dalmazzoni di Cisco ha preso atto “della possibilità esistente per i vendor di presentare al cliente i vantaggi derivanti da una fruizione on premise e onsite delle applicazioni”.

Fondamentale, però, resta l’intervento delle terze parti specializzate del canale, come hanno sottolineato Avaya, molto attenta “al valore aggiunto che i system integrator possono apportare all’offerta”, e Siemens Enterprise, che si spinge a coinvolgere i clienti in appositi progetti pilota.

“Si tratta di un’attività di marketing basata sulla selezione di un gruppo di utenti, anche molto eterogenei ma aperti all’innovazione, su cui sperimentare, insieme ai nostri partner, l’impatto culturale, e in termini di Roi, delle nuove tecnologie” ha concluso Ulian.