Da una ricerca condotta dall’Aica nell’ambito dei programmi europei dedicati alla formazione dei profili professionali nell’It emerge come i nostri Cio siano indietro rispetto ai colleghi degli altri Paesi. Pesa soprattutto la mancanza di adeguati percorsi formativi

Gli sviluppi tecnologici più recenti convergono intorno ad un elemento fondamentale: l’intelligenza integrata nelle architetture e nelle applicazioni destinate alle imprese, alle istituzioni, alle comunità. Gli ambiti in cui un approccio smart può avere un maggiore impatto sono numerosi. Pensiamo all’ energia, alla mobilità, alla salute, ai processi d’impresa, alla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e al modo in cui tutti questi aspetti confluiscono nel più ampio dibattito sulle “città intelligenti” e sulle modalità per garantire uno sviluppo sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Le tecnologie “smart” rappresentano una grande opportunità per i professionisti dell’Ict, in particolare dal punto di vista della creazione di lavoro: si aprono infatti nuove possibilità, anche in ambiti tradizionalmente più distanti da un utilizzo intensivo della tecnologia. Questa evoluzione richiede prima di tutto una più puntuale conoscenza del “territorio” delle competenze disponibili rispetto a cui sviluppare possibili percorsi di integrazione dei gap emersi rispetto ai bisogni strategici di competenza per l’innovazione smart.

Nell’ambito del Congresso Nazionale Aica che si sta svolgendo in queste settimane a Torino una intera sessione è stata dedicata ad approfondire i rapporti fra innovazione tecnologica e competenze necessarie per utilizzare adeguatamente le opportunità delle smart technologies nell’ambito applicativo delle imprese, delle organizzazioni pubbliche e delle istituzioni che promuovono servizi al consumatore e alla cittadinanza. In tale occasione è stata anche presentata la prima ricerca europea “Professionals e-Competences in Europe” condotta dal Cepis su 2.000 professionisti e manager Ict dei 28 Paesi della Grande Europa, il cui obiettivo è conoscere e anticipare le carenze di competenze It in Europa, considerando la crescente pervasività delle tecnologie in tutti i settori industriali e la criticità delle scelte di investimento in It, necessarie per ridurre i costi di gestione e migliorare la competitività.

Lo scenario risultante, basato sull’analisi di 18 profili professionali definiti attraverso le competenze previste nell’European e-Competence Framework, è piuttosto preoccupante. Per il nostro Paese, in particolare, assume rilevanza l’analisi delle competenze IT necessarie alle piccole e medie imprese che costituiscono tanta parte del nostro tessuto imprenditoriale; competenze che tipicamente si possono ritrovare nel profilo It Administrator definito nello standard Eucip.

In generale, chi lavora nell’It in Italia non ha un livello di formazione post secondaria elevatissima, e proviene da percorsi di apprendimento non particolarmente focalizzati sul settore. Gli It Administrator italiani, ad esempio, provengono solo nel 45% dei casi da percorsi di formazione specialistici in Ict. Esiste inoltre, sia a livello italiano sia negli altri Paesi, una differenza importante tra le competenze dichiarate e quelle effettivamente possedute rispetto ai profili in cui le persone si identificano.

Per colmare gap di questo genere, è necessario diffondere e accreditare gli standard di riferimento e creare percorsi di formazione dettagliati e specifici che evitino di ampliare ulteriormente questo divario, che potrebbe danneggiare seriamente le opportunità di crescita dell’Europa come economia della conoscenza. I dati emersi dalla ricerca possono attivare le imprese dell’offerta Ict, i governi e coloro che hanno la responsabilità di istruzione e formazione per sviluppare una visione che permetta di allineare le competenze realmente disponibili con quelle maggiormente richieste dall’evoluzione del mercato del lavoro e delle tecnologie.