Maurizio Mondani, Amministratore Delegato di Capgemini Italia, descrive le sfide e le opportunità per una consulting firm

Sempre più le imprese e le organizzazioni, sia private che pubbliche, orientano le proprie iniziative e definiscono i propri sistemi di governance secondo una logica di gestione per progetti. Ne discende che aumenta l’esigenza di affidare la conduzione di tali attività a persone in possesso di una riconosciuta professionalità poiché il principale fattore critico di successo è la capacità di trasformare le risorse e le conoscenze disponibili in opere concrete – una dote, questa, tipica di un efficace, sperimentato (e raro) talento di Management Consulting. In particolare, osservando l’ambito della consulenza IT, un quotidiano a diffusione nazionale ha recentemente segnalato che, in questo periodo di difficoltà economica per le imprese, sembra che il settore dell’ IT Consulting stia reggendo bene la situazione. Questo avviene nonostante il fatto che le rilevazioni degli analisti mostrino andamenti altalenanti o addirittura negativi per il mercato dell’IT nel suo complesso.

Profilo d’impresa
Per chiarire questo stato di apparente ambiguità, CBR Italy ha intervistato Maurizio Mondani, Amministratore Delegato di Capgemini Italia, che può essere considerato un osservatore privilegiato dato il suo ruolo di responsabile italiano di una delle principali società operante nei settori dei servizi di Management Consulting, dell’IT Consulting e dell’Outsourcing.

 

In base alla sua esperienza, come valuta il giudizio positivo sull’IT Consulting? Lo condivide o lo ritiene non completamente veritiero?
Sicuramente il momento poco favorevole che sta vivendo l’economia in generale si ripercuote su vari settori. Per la consulenza, in particolare, ci si trova di fronte ad una contrazione del 5-6%, che in realtà coinvolge maggiormente gli aspetti strategici, ma mi sento di evidenziare che la crisi ha avuto un impatto minore negli altri servizi che compongono la nostra offerta, ossia l’Information Technology e l’Outsourcing.

Si sente anche dire, da più fonti, che la crisi è ormai quasi al termine e presto vi sarà una netta ripresa. Voi in quale settore industriale percepite una capacità di ripresa più veloce?
La ripartizione del nostro fatturato è abbastanza bilanciata nei cinque settori principali di attività: il Manifatturiero (insieme al Retail e alla Distribuzione) pesa per il 26%, la Pubblica Amministrazione per il 23%, le Banche e le Assicurazioni per il 20%, l’ambito Telecom (più Media ed Entertainment) per il 17%, e infine il settore Energy & Utilities per il 14%. È interessante notare il diverso potenziale di crescita dei settori: anche a causa del momento economico particolare, sono soprattutto le Banche e la Pubblica Amministrazione a mostrare prospettive di incremento di fatturato. In quest’ultimo settore la spinta dell’attuale Governo verso l’efficienza della macchina pubblica, unita alla necessità di semplificazione legislativa e di adeguamento alle direttive comunitarie, richiedono grandi sforzi consulenziali e tecnologici.

 

Innovazione, collaborazione, efficacia sono i termini che sintetizzano il vostro modo di lavorare. Può illustrare meglio come si realizzano?
Capgemini aiuta imprese e organizzazioni a trasformarsi attraverso le tecnologie per essere sempre più all’avanguardia e competitive in un mercato in continua evoluzione. Il vantaggio di essere una società globale ci permette di capitalizzare uno storico di esperienze caratterizzate da specifiche industriali che possono essere trasferite con successo nelle varie realtà locali, indipendentemente dalle dimensioni. La possibilità di poter attingere a un ingente numero di risorse di altissimo livello ci permette di creare un circolo virtuoso dell’innovazione innestato sulle specificità delle nostre aziende clienti. Il nostro modo di lavorare presuppone una sinergia di tipo collaborativo che si esplicita in una promessa quantificabile in termini di benefici e di ritorni. In questo senso sono premianti i risultati costruiti nel tempo attraverso i progetti realizzati a livello worldwide, le attività di ricerca e sviluppo portate avanti dai nostri centri di competenza internazionali e i processi di formazione che scandiscono percorsi di crescita mirati per tutto il nostro personale. La possibilità di contemplare attraverso le risorse del Gruppo diversi scenari di mercato, ci consente di continuare ad affinare metodi e approcci la cui efficacia ed efficienza sono brevettati da tempo. Un esempio per tutti è quello della Collaborative Business Experience, che rappresenta il nostro modello globale di collaborazione con il cliente, creato per soddisfare ogni esigenza. La CBE sfrutta metodi e strumenti improntati alla collaborazione: condividendo gli obiettivi del cliente e i rischi associati, proponiamo una partnership che, nel modo più rapido e nella maniera più sostenibile, offre risultati concretamente misurabili.

Problemi e soluzioni
Che cosa chiedono essenzialmente a Capgemini le aziende che ad essa si rivolgono?
Dato il difficile quadro economico odierno, molte aziende devono affrontare il compito di snellire l’organizzazione, rendendo variabili i costi e traendo il massimo beneficio dalla tecnologia. Capgemini offre tutto questo soprattutto grazie all’esperienza internazionale che viene comunque localizzata e disegnata rispetto alle esigenze del singolo cliente. Un altro fattore importante è mantenere la nostra caratteristica di azienda vendor-independent che dialoga con tutti i più importanti fornitori di soluzioni e tecnologie con l’obiettivo di realizzare sempre il migliore progetto per i nostri clienti. Un altro approccio brevettato, e che costituisce il fiore all’occhiello per Capgemini, è l’ASE, acronimo di Accelerated Solutions Environment. Impiegata con successo da ben undici anni, è una metodologia, unica ed esclusiva, studiata e realizzata per accelerare l’assunzione di decisioni aziendali complesse, il che ci permette di accompagnare il cliente verso le fasi di progettazione e di realizzazione delle soluzioni più adeguate. Un’altra soluzione, il DesignShop, accompagna il cliente dalle prime alle ultime fasi di messa a punto di un progetto articolato, velocizzando i processi di start up di un’impresa, le strategie aziendali, l’implementazione di tecnologie critiche, la gestione del cambiamento, le fusioni e acquisizioni. Capgemini dispone di un centro ASE a Milano in grado di accogliere fino a 45 persone ma gli eventi possono essere organizzati anche in location esterne (Mobile Session).

L’outsourcing rappresenta una componente importante della vostra offerta di servizi. Quali tipologie di aziende ne usufruiscono e perché? Avete notato un trend di crescita nella domanda?
L’outsourcing, a livello di Gruppo, costituisce uno dei fattori chiave del business Capgemini. Mi sentirei di dire che è più rilevante all’estero che in Italia: molte aziende si rivolgono a noi proprio per questo aspetto che ci caratterizza. Possiamo contare su oltre quarant’anni di esperienza, su un team mondiale di 15.000 professionisti dedicati, oltre a conoscenze maturate nella gestione di alcuni dei maggiori progetti di outsourcing nel mondo. L’approccio industrializzato è basato sul modello Rightshore. La denominazione di “right-shore” nasce proprio dalla constatazione che tra le varie opzioni di gestione di alcune attività fuori dal perimetro aziendale, vi può essere un approccio “giusto”, che supera i problemi classici evidenziati nel corso del tempo dalle esperienze di gestione offshore, come quelli relativi alle barriere linguistiche, ma anche culturali, derivanti dall’utilizzo di risorse spesso molto lontane. Invece, il modello Rightshore si basa su un concetto di delivery distribuita, dove le attività del progetto o del servizio sono dislocate su più sedi geografiche in funzione della tipologia di attività, delle competenze necessarie, delle caratteristiche del portafoglio applicativo e delle specifiche esigenze del cliente. Il modello prevede un’organizzazione del team costituita da un front office, dislocato presso il cliente, e un back office situato presso i centri industrializzati del network internazionale di Capgemini: per l’Italia sono a Roma e a La Spezia. In Italia, l’approccio Rightshore sta ottenendo da tempo un ottimo riscontro nell’ambito delle utilities, mentre sta muovendo i primi passi nel settore della Pubblica Amministrazione. Questa metodologia di delivery distribuita sta dando molte soddisfazioni nei settori dove vi sono competenze sviluppate da tempo. Per esempio, nel nostro Paese siamo molto attivi nell’ambito bancario per i servizi di pagamento, oppure per il marketing di tipo retail. Uno dei vantaggi più importanti dell’utilizzo di questo approccio è quello di un contenimento nei costi, a parità di qualità nel servizio: le percentuali di risparmio ottenibile vanno dal 10 al 25% dei costi di un progetto o di un servizio, in base al diverso mix tra front office e back office.

 

Come considerate l’Enterprise 2.0, ovvero quella struttura organizzativo-operativa che intende sfruttare appieno le caratteristiche del Web 2.0?
Già prima della crisi che ha colpito i mercati mondiali, le aziende sono state sottoposte a numerose pressioni, fra cui la globalizzazione dei mercati, che hanno richiesto alle stesse uno sforzo in termini di adeguamento a nuovi modelli economici. Una delle conseguenze della globalizzazione è il consolidamento di nuovi canali distributivi online, nati come community o ecosistemi virtuali (Ebay, Amazon.com, ecc.). L’aggregazione di un crescente numero di consumatori all’interno di queste comunità rappresenta un mercato con un potenziale paragonabile a quello tradizionale, basti pensare all’affermazione dei voli low-cost, che apre nuovi scenari in termini di esigenze specifiche dei clienti in funzione di parametri sociali e culturali riferiti a specifici ambiti geografici. Questo concetto è conosciuto come Long Tail: il business si sviluppa secondo il modello sell more of less ossia tramite la commercializzazione di differenti modelli del proprio prodotto per raggiungere differenti mercati e ottenere maggiori revenue con margini più alti, a differenza di modelli con alti volumi e bassi margini. Questo cambiamento, sia nell’ambito dei prodotti che in quello dei servizi, richiede di rivedere i modelli di business da una impostazione reattiva o proattiva ad una nuova impostazione interattiva che possa confrontarsi con nuovi mercati e nuovi canali distributivi. Gli elementi che vengono riduttivamente definiti come appartenenti al Web 2.0 stanno creando un mercato differente con il quale le imprese e i loro modelli organizzativi devono confrontarsi e integrarsi realizzando ciò che viene definito Enterprise 2.0, che vede l’evoluzione delle dinamiche del Web 2.0 all’interno dei processi aziendali coinvolgendo dipendenti, partner e clienti. La base di questo nuovo modello è costituita dalla relazione tra il fornitore e la comunità, che sempre più spesso si configura come rete sociale e che consente di creare variazioni o evoluzioni dei prodotti tramite un meccanismo di domanda di tipo pull che esprime costi e rischi associati minori rispetto al modello di marketing tradizionale di tipo push. Questo tuttavia non è che un aspetto. Per poter sviluppare un modello di business di tipo interattivo è necessario confrontarsi con cambiamenti aziendali in termini di funzioni, sistemi, ruoli e responsabilità che necessitano un piano di business transformation o la creazione di nuove divisioni. I processi aziendali che fra i primi hanno colto le potenzialità di questo nuovo contesto sono quelli legati al marketing (numerose sono infatti le aziende che si affidano al viral marketing o alle customer communities). Probabilmente questo è avvenuto per maggiore familiarità con le nuove tecniche di comunicazione di queste funzioni ma è possibile portare un aumento di valore lungo tutta la filiera del business con l’introduzione di nuovi modelli di governance; ad esempio fattori tecnologici emergenti quali il SaaS (Software as a Service) o più genericamente il Cloud Computing permettono di concentrare gli investimenti su elementi differenzianti del business, utilizzando per i processi standard appositi servizi software offerti as-is sul mercato. Risulta chiaro che, se la tecnologia (come enabler) ha portato al cambiamento del modello di business e la combinazione di business e tecnologia ha decretato il successo di nuovi mercati, è necessario partire dalla tecnologia per sviluppare e supportare il cambiamento, integrandola in una nuova vision per l’evoluzione del proprio modello di business.


Strategie e obiettivi
Che strategia adottate per acquisire e formare i vostri collaboratori? Quali caratteristiche personali devono possedere?

In tutte le aziende, ma in particolare per una società come la nostra, la qualità è fatta soprattutto dalle persone: in pratica, vendendo progetti vendiamo la capacità dei nostri consulenti di realizzare piani davvero efficaci per le aziende clienti. Questo è il motivo per cui abbiamo investito e continuiamo a investire risorse ingenti nel potenziamento dei team consulenziali, sia attraverso strumenti sempre più avanzati di Knowledge Management, sia attraverso percorsi di training avanzati. Capgemini University, situata a Les Fontaines (Parigi), è il centro di eccellenza formativa in cui vengono sviluppati programmi di formazione tecnica, commerciale e manageriale che consentono ai professionisti Capgemini di essere sempre allineati con le strategie aziendali di approccio al mercato e di riuscire così a soddisfare ogni tipo di esigenza o di specificità aziendale. Affinando le capacità e le competenze professionali dei collaboratori, i percorsi formativi assicurano una crescita professionale costante che alimenta la motivazione individuale e di team contribuendo al successo dei progetti realizzati e a sviluppare nuove opportunità, crescendo nei settori d’eccellenza. Una scelta che ci ha portato a crescere negli ultimi tre anni con un trend superiore rispetto alla media del mercato sia in termini di fatturato che nel numero delle persone. Ne consegue che ricerchiamo persone che abbiano l’attitudine alla condivisione delle informazioni, alla capacità di lavorare in team, anche internazionali; quindi l’ottima padronanza della lingua inglese è per noi prerequisito imprescindibile. Diversi sono i canali che usiamo per acquisire risorse. Innanzitutto tramite il nostro sito (è un’ottima fonte per candidarsi sia spontaneamente che in risposta ad una posizione aperta); per le posizioni di junior e i neolaureati cogliamo tutte le occasioni di contatto tra il mondo del lavoro e le università; infine, per alcune delle figure senior, ci avvaliamo di cacciatori di teste. Ci auguriamo che le risorse sulle quali abbiamo investito – e, ribadisco, si continua ad investire sia in monte ore di formazione che di aggiornamento – continuino a far parte della squadra Capgemini per fornire alle aziende clienti dei team di specialisti di alto livello e ad alto valore aggiunto. Facciamo del nostro meglio per trattenerli, sia con progetti avvincenti che con incentivi al merito.

 

Nell’anno in corso Capgemini ha confermato gli eccellenti risultati del passato sia come ricavi che come organico. Il fatturato ha infatti registrato una crescita del 5% passando dai 125 milioni dello scorso anno agli attuali 132 milioni di euro. In crescita anche le assunzioni. Nel corso dell’anno, infatti, sono state inserite, in diverse aree aziendali, circa 150 persone, tra junior, neolaureati e senior. Dulcis in fundo, per l’anno in corso Mondani stima che si avranno circa 350 nuovi ingressi.