Una passione che non conosce battute di arresto e che dilaga ovunque, superando anche le barriere anagrafiche

Non ho dubbi, per la verità già da qualche anno; sono diventata vecchia. Non è un fatto anagrafico (in fondo in questo Paese fino ai cinquanta anni si è ancora considerati dei “giovani che si faranno” e a me di anni per i cinquanta ne mancano ancora un po’), non sono gli occhiali che da un po’ di tempo inforco per vedere da vicino, non sono neppure i tempi di recupero dalle fatiche sportive che pure si allungano anno dopo anno. La condizione di “giovane vecchia” mi è diventata chiara, chiarissima quando ho osservato per la prima volta dei giovani adolescenti all’opera con portatili e smart phone; ho capito lì che appartenevo proprio a un’altra generazione per cui, giusto per fare qualche esempio, le macchine fotografiche erano quegli aggeggi con le pellicole, il videoregistratore era solo a nastro, i Dvd non esistevano, i primi grafici si facevano con Lotus e richiedevano ore di lavoro, la musica si ascoltava con il registratore – lettore di cassette. Sembra siano passati secoli, vero? Invece erano solo gli anni Ottanta del secolo scorso.  Così come la tecnologia costruisce ponti e rivoluzioni culturali dirompenti nella loro apparente innocuità, altrettanto la tecnologia scava iati pressoché incolmabili; e se noi italiani possiamo contare su una lingua particolarmente ricca che può sfumare le distanze, così non accade agli anglosassoni, per i quali, per esempio, la macchina fotografica è semplicemente “camera” con la differenza che per i giovani di oggi è solo la “digital camera” perché non hanno memoria della vecchia, tradizionale macchina a pellicola, mentre per un quarantenne la “camera” è, almeno di primo acchito, la vecchia macchina. E’ evidente che i Nati Digitali crescono e sempre più numerosi arrivano nelle posizioni di lavoro. Non tornerò sulle riflessioni che più volte ho fatto su Nati digitali e Immigrati digitali. Questa volta mi concentrerò sulla generazione YouTube facendo spesso riferimento a un’appassionante analisi dell’analista Whit Andrews presentata al Symposium It Gartner 2009 di Cannes.

 

Tecno – giovani
La pluralità delle dimensioni tipiche del Web è un dato di fatto per gli adolescenti e i giovani trentenni che sono cresciuti fianco a fianco delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Il Rapporto 2008 sugli stili di vita degli adolescenti, condotto dalla Società Italiana di Pediatria su un campione di 1200 giovani tra i 12 e i 14 anni, ha evidenziato che il 95% di loro ha un PC; di questi il 42,4% naviga in Internet tutti i giorni, per lo più per scambiare messaggi, scaricare musica e video, entrare in You Tube. Il 47% utilizza un blog, a cui affidare foto, canzoni preferite, pensieri. I nostri bambini imparano a usare con disinvoltura gli strumenti elettronici nelle nostre case e trasferiscono nel tempo la medesima disinvoltura agli ambienti in cui crescono e giocano. Il PC, così come gli smart phone, oggi sono sempre più spesso strumenti di studio, comunicazione, gioco; il gioco, in particolare, si trasforma in strumento di educazione. Nel giugno 2009 è stato pubblicato il rapporto “Games in School”, frutto della ricerca del network europeo European Schoolnet destinata a esplorare le competenze dei docenti europei di fronte all’introduzione di giochi elettronici nei programmi scolastici tradizionali. Sono stati coinvolti 548 professori, provenienti da Italia, Germania, Spagna, Austria, Olanda, Francia, Danimarca, Lituania e Gran Bretagna; mentre il 27% è convinto che i giochi elettronici contribuiscano a motivare gli studenti, il 24% ritiene che siano un ausilio affidabile per raggiungere gli obiettivi educativi e formativi, grazie alle regole semplici da applicare che, una volta comprese e condivise, permettono l’avvio di ciò che la letteratura tecnica definisce “il circolo magico”, quel contesto in cui le difficoltà progressive sono accettate, conosciute e trasformate in occasioni di crescita. Insieme queste due categorie evidenziano una sostanziale apertura all’introduzione dei giochi elettronici, che diventano strumenti di simulazione e confronto. I videogames, inoltre, rimettono in gioco la molteplicità dei sensi, tanto che l’uso delle consolle è entrato nel mondo della fisioterapia e della riabilitazione. Per i Nati digitali europei la tecnologia è ora una compagna di scuola, da conoscere per utilizzarla al meglio. La tendenza è comunque a tutti i paesi; in Italia, come descritto dal Settimo Rapporto sulla Comunicazione (Censis 2008), i ragazzi italiani tra i 14 e i 19 anni sono addirittura al primo posto in Europa per l’uso di smart phone, con cui non solo parlano ma giocano. Se hanno tempo libero a disposizione, infatti, l’8,9 % gioca con un videogame, il 2,1% col cellulare ma addirittura il 40,4% si collega in Internet.

 

Generazioni YouTube?
C’è un’applicazione in particolare che entusiasma i giovani e non solo; ne conosciamo bene i problemi sociali e formativi che induce ma dal punto di vista tecnologico è senza dubbio una delle applicazioni più amate, resa possibile dalla facilità di utilizzo degli strumenti. E’ la produzione di video a cui si affiancano i software di condivisione e il free editing, che scatena gli entusiasmi, qualunque sia l’età anagrafica. Si tratta di una tendenza che non può non influenzare aziende e istituzioni. I lavoratori, infatti, sono consumatori così come i consumatori sono lavoratori; è la duplicità dell’esperienza di ciascuno di noi; a maggior ragione, dunque, l’uso estensivo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione influenza le strategie delle imprese. Sebbene le percentuali di utilizzo cambino in funzione delle aree geopolitiche, il ricorso ai social media per condividere video online è ormai esperienza diffusa, in costante crescita; si tratta di filmati particolarmente brevi; l’esperienza americana dimostra che un utente non si sofferma più di tre minuti. Per quanto breve possa essere, il tempo di fruizione è più che sufficiente per trasformare nel tempo aspettative, abitudini d’uso e modalità di fruizione dei contenuti. La ricerca di Gartner citata poco fa ha evidenziato che la maggior parte dei mercati, in particolare Cina, Giappone, Usa e buona parte dei Paesi europei, considera i video come qualcosa in cui investire un significativo dispendio di tempo, che si tratti di attività nel tempo libero o tempo del lavoro. Tra i fruitori più numerosi ci sono proprio i Nati digitali, anche se la passione per le riprese coinvolge anchesempre più spesso proprio gli Immigrati digitali.
Forse è improprio parlare di Generazione YouTube; è certo però che la semplicità di realizzazione e di condivisione fa sì che la diffusione dei video percoli nella vita di istituzioni e di aziende. Come ha osservato Gartner, però, è necessario che si acquisiscano competenze, per passare dai micro video liberamente scambiati a video più lunghi e articolati, in grado di aggiungere valore alle attività d’azienda. Perché ciò avvenga è necessario che le stesse imprese mettano a disposizione tool semplici, da comprendere e utilizzare, adatti a trasformare riprese convenzionali in contenuti inseriti poi nei percorsi formativi interni. Tutto ciò richiede nel tempo lo sviluppo di specifiche politiche di governance. Il modello YouTube, in cui tutti i video coesistono per un tempo indefinito, non è più sufficiente; le aziende hanno bisogno di un information manager che coordini selezione e produzione dei contenuti in funzione degli obiettivi stabiliti, delle politiche interne e naturalmente dei vincoli legali. Si profila dunque un orizzonte ben più complesso di quello percepito soprattutto dai giovani, per i quali “postare” video è spesso un’azione come altre, senza speciali conseguenze.