Esiste una correlazione tra demografia, competitività e trasparenza?

Accade spesso che gli acronimi si sovrappongano, con significati diversi in funzione delle lingue e dei Paesi. Da quando c’è Internet però, più o meno da venti anni a questa parte, individuarne univocamente il significato in uno specifico contesto è di gran lunga meno faticoso di quanto non fosse un tempo. In relazione alla nostra esperienza professionale, gli acronimi si spiegano diversamente. Prendiamo il CPI; se ragionassi solo da ingegnere assocerei subito Certificato Prevenzione Incendi; invece estendo l’orizzonte e mi colloco in un altro ambito, socio – economico. Ebbene, in questo caso, in tutto il mondo, CPI sta per Corruption Perception Index, l’indice che misura dai primi anni Novanta del secolo scorso il livello di percezione della corruzione dei cittadini nella Pubblica Amministrazione.

 

Scoprire il CPI
Il Corruption Perception Index, elaborato dalla Transparency International www.transparency.org con sede a Berlino (e numerose sedi regionali, tra cui quella italiana www.transparency.it), è disponibile dal 1996; oggi mappa ben 178 Paesi ed è affiancato periodicamente dal Global Corruption Barometer (GCB), rapporto sviluppato per la prima volta nel 2003, elaborato intervistando cittadini comuni, uomini di business, giornalisti, concepito per esplorare la loro percezione della diffusione della corruzione nei vari settori della quotidianità, tra cui la politica, il settore privato, la magistratura, le Istituzioni pubbliche, il settore dell’informazione.
Dal 1999 Transparency International dispone di un altro indice molto interessante, l’Indice di Propensione alla corruzione (BPI) che individua i cosiddetti Paesi corruttori, quelli cioè in cui il ricorso alla corruzione per ottenere commesse, nonostante le leggi adottate, continua a essere diffuso. Che sia GCB, BPI o CPI si tratta sempre di misurare la percezione, cioè quel processo in cui le sensazioni ricevute dalla complessità dei sensi vengono rielaborate dal cervello e si trasformano in un prodotto dell’intelletto. Il CPI, in particolare, misura la percezione della corruzione nella Pubblica Amministrazione (la PA) del Paese, escludendo il settore privato; percezione, dunque e non effettivo livello di corruzione. Il CPI è elaborato con una metodologia affinata negli anni che prevede la ponderazione di rapporti e indagini internazionali. Come precisa Transparency, “l’indice non è in alcun modo funzionale a stilare una classifica fra Paesi o valutare il rischio Paese, bensì solo a valutare le tendenze interne a ciascun Paese”. La scala disponibile per la valutazione va da 0, livello massimo percepito di corruzione a 10, livello minimo percepito. Tutto questo significa che nella graduatoria stilata annualmente il punteggio più basso totalizzato non indica che il Paese protagonista è quello più corrotto al mondo; significa piuttosto che in quel Paese i cittadini percepiscono livelli elevati di corruzione. Transparency International definisce la corruzione come l’abuso di potere per ottenere vantaggi personali; definizione pragmatica, operativa, applicata, in funzione degli indici misurati, tanto al settore privato che a quello pubblico.

 

Il mappamondo CPI
Poichè il CPI utilizza ogni anno un set di indagini e ricerche diverse (per fonti e numero; nel 2010 sono state 13, frutto di 10 istituzioni indipendenti), non è uno strumento particolarmente appropriato per fare comparazioni negli anni; di fatto il CPI non è adatto a sviluppare accurate analisi dei trend anche se la comparazione è comunque possibile avendo l’accortezza di selezionare le fonti omogenee di dati. Nel 2010 Transparency International ha applicato due criteri specifici: la presenza di uno scostamento di almeno 0,3 punti del CPI rispetto all’anno precedente e la direzione del cambiamento rilevato confermata almeno dalla metà delle fonti dati disponibili. Adottando questo approccio, il confronto 2009-2010 ha evidenziato miglioramenti della prestazione per Buthan, Cile, Equador, Macedonia, Gambia, Giamaica, Kuwait e Qatar e peggioramenti per Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Madagascar, Nigeria, Stati Uniti e, purtroppo, Italia.

 

I migliori dieci
Ora che, pur in sintesi, sono più chiari i criteri di sviluppo del CPI è tempo di dare un’occhiata alla graduatoria 2010 dei 178 Paesi, presentata a Berlino lo scorso 26 ottobre. Cominciamo dal nostro Paese, 67esimo per livello di corruzione percepita, con un modestissimo punteggio di 3,9; davanti a noi, con 4 (comunque insufficienza grave e piena) c’è il Rwanda, mentre dietro di noi ci sono rispettivamente Georgia (3,8), Brasile (3,7) e Cuba (3,7). Distanze siderali ci separano dal “mondo trasparente” della penisola scandinava; il miglior punteggio 2010 è infatti opera della Danimarca (9,3), in compagnia di Nuova Zelanda e Singapore, seguita da Finlandia (9,2) e Svezia (9,2); arrivano poi Canada (8,9), Olanda (8,8), Svizzera (8,7), Norvegia (8,6), Islanda (8,5) e Lussemburgo (8,5), Irlanda (8.0), Austria (7,9). Ultima dei 178 Paesi è la Somalia, con 1,1 punti, preceduta solo da Afghanistan e Myanmar con un punteggio di 1,4.
Nonostante il 67esimo posto, però, l’Italia ottiene risultati decisamente migliori quando oltre a misurare la percezione della corruzione si cerca di misurarne la realtà; come si evince dai documenti di Transparency Italia, il nostro Paese è il quarto migliore dopo Germania, Danimarca e Inghilterra nella graduatoria dell’Indice Trace, che tiene conto dello sviluppo e dell’adozione delle norme contro la corruzione a livello nazionale. Il nostro Paese, inoltre, è tra i sette migliori Paesi per l’implementazione della Convenzione Ocse (che fa riferimento alla legge 231/2001). Quando poi gli indici hanno un taglio più economico, come osserva sempre Transparency Italia, le performance italiane sono positive; l’Institute for Management Development, promotore del World Competitiveness Report, rileva per il sistema-Paese, comprensivo degli aspetti legati alla corruzione, un balzo in avanti dell’Italia dal 50esimo al 40esimo posto, grazie alle numerose iniziative legislative nazionali e alle pratiche locali di governo.
Osservando la Top 10, si nota che coinvolge solo Paesi al di sotto dei 15 milioni di abitanti; comunità relativamente piccole, in cui il controllo reciproco è più semplice. Tra questi poi ci sono ben tre Paesi a ordinamento federale; uno di questi è la nostra vicina, la Svizzera che ancora una volta ci sorprende con le sue prestazioni. Tra noi e gli svizzeri ci sono ben 4,1 punti di differenza; noi non arriviamo alla sufficienza, loro prendono addirittura 8, sono tra i migliori al mondo.
Nel frattempo, in attesa che Transparency Italia diffonda i risultati dello studio regionale del CPI, per cogliere tutte le differenze tra le varie regioni d’Italia, dobbiamo accontentarci dei dati aggregati che ci vedono però quartultimi in Europa, seguiti solo da Romania, Bulgaria e Grecia.

 

La graduatoria CPI 2010 UE

Posizione UE CPI 2010 Paese Punteggio CPI 2010
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
 

Danimarca
Finlandia
Svezia
Olanda
Lussemburgo
Irlanda
Austria
Germania
Regno Unito
Belgio
Francia
Estonia
Slovenia
Cipro
Spagna
Portogallo
Malta
Polonia
Lituania
Ungheria
Repubblica Ceca
Lettonia
Slovacchia
Italia
Romania
Bulgaria
Grecia
 

9,3
9,2
9,2
8,8
8,5
8,0
7,9
7,9
7,6
7,1
6,8
6,5
6,4
6,3
6,1
6,0
5,6
5,3
5,0
4,7
4,6
4,3
4,3
3,9
3,7
3,6
3,5
 

 Fonte: www.transparency.org