Dalla redazione di Fbr un commento sul rapporto “European Innovation Scoreboard” recentemente pubblicato dalla Commissione Europea

Se l’Unione europea ha una speranza di mantenere la sua posizione di protagonista sulla scena mondiale in termini di sviluppo economico, e di guardare al futuro con ottimismo sul fronte della qualità di vita e dell’occupazione, la strada è una sola: quella della valorizzazione delle competenze che si percorre a base di ricerca e innovazione. Questa è la conclusione strategica che emerge dallo “European Innovation Scoreboard”, appena presentato dalla Commissione europea.
Eppure continuano a rimanere forti differenze, sia all’interno dell’UE tra i differenti Paesi, sia tra l’Unione e le altre macroregioni del pianeta. Il differenziale con potenze economiche tradizionali come Stati Uniti e Giappone non si chiude, e grandi Paesi che ormai più che emergenti si dovrebbero chiamare “emersi” come Cina o Brasile stanno recuperando in fretta, anche sul terreno dell’innovazione. Che l’Unione mantenga un chiaro vantaggio su altri Paesi emergenti come India o Russia è una magra consolazione. Gli strumenti esistenti vanno potenziati e, se occorre, semplificati, come la Commissione ha recentemente fatto sull’accesso delle PMI al Settimo programma quadro per la ricerca. Anche le forti differenze che rimangono tra i 27 Paesi UE non sono un gran bel segnale. La Svezia domina la classifica europea, e l’Italia sta nel gruppo dei Paesi definiti “innovatori moderati”, ovvero un po’ sotto la media europea. Inoltre, il metodo ritenuto più efficace per rendere concreti i benefici degli sforzi sull’innovazione, quello del partenariato tra pubblico e privato, basato su una forte partecipazione dell’industria e di stretti legami con l’Università e il mondo della ricerca, non è ancora utilizzato secondo le sue enormi potenzialità. Insomma: l’Unione deve investire di più e in fretta su innovazione e competenze per mantenere la propria competitività. Questo è ormai un postulato, e da questa base dipende l’efficacia di tutte le altre misure che vengono prese per stimolare la crescita e l’innovazione. Il successo della nuova direzione di politica economica e industriale europea, che rimette dopo molti anni al centro della scena il manifatturiero e la piccola e media impresa dipende dalla capacità di creare un quadro propizio all’innovazione dipende da questi fattori. Gli strumenti essenziali sono il cluster, la rete d’impresa, il sostegno all’innovazione di processo e di prodotto e quello all’internazionalizzazione come antidoto alla delocalizzazione. Questo vale per l’Unione europea in generale, ma soprattutto per il particolare contesto economico e produttivo di un Paese come l’Italia.
Soltanto in un contesto del genere prendono poi valore tutte le altre iniziative a supporto della crescita, la cui frequenza è aumentata moltissimo negli ultimi mesi grazie al quadro fornito dalla strategia “Europa 2020”. Per restare sull’attualità, si può citare la strategia sulle materie prime presentata oggi dalla Commissione per migliorare la legislazione, il funzionamento e la trasparenza del mercato del settore, in balia dell’instabilità dei prezzi a livello mondiale per una molteplici ragioni. Oppure, le proposte in discussione all’interno della Commissione sul problema dell’arrivo in Europa degli investimenti da altri continenti, che sono sempre benvenuti se valorizzano il reciproco interesse industriale e commerciale di chi li fa e di chi li riceve. E così via, sul percorso verso la crescita sostenibile e intelligente che l’Europa e i suoi Paesi devono perseguire con più convinzione.