La nuova frontiera del BPM: incertezza e agilità per disegnare processi evolutivi

“Shared Norms for the New Reality”: è stato questo il tema centrale del meeting annuale del World Economic Forum di Davos; una settimana di seminari e dibattiti, da seguire in diretta sul web e sui canali digitali. A dominare le discussioni le parole chiave che abitano da molto tempo il mondo dell’ICT, ovvero complessità e interconnessione, integrazione, atteggiamenti proattivi e collaborativi; concetti emersi con forza anche al Symposium Gartner di Cannes a novembre 2010, in entrambi i casi associati all’erosione progressiva di fiducia e valori comuni riscontrata nel pubblico come nel privato. La chiave di volta è proprio la new reality, il nuovo mondo che abbiamo di fronte, emerso dalla crisi di questi anni, un mondo nuovo in cui imparare a navigare con norme condivise, capaci di andare oltre le generazioni e le culture diverse, capaci di attivare processi inclusivi di crescita. Temi così vasti da risultare quasi paralizzanti; quante riflessioni andrebbero fatte, quanti spunti suggeriti da questi dibattiti. Non è questa la sede per approfondire ma su un aspetto è necessario soffermarsi, l’urgenza di disporre di un’infrastruttura logica e funzionale, olistica, interdisciplinare e multidimensionale, in grado di esplorare il mondo multi polare contemporaneo.

L’incertezza su cui costruire il nuovo
A Cannes come a Davos il “mondo nuovo” è caratterizzato da una pluralità di centri di potere, da un elevato livello di volatilità con inedite barriere all’ingresso e all’uscita dei mercati e comportamenti sociali del tutto nuovi destinati a plasmare le comunità del futuro. A dominare questi scenari è ancora l’incertezza, a tutti gli effetti elemento fondante della nostra esistenza. Non è una novità, ma nell’approccio positivista che tanto le nuove tecnologie che l’economia hanno vissuto in questi anni suona come un concetto inedito, o quasi; la crisi sembra aver contribuito a costruire una rinnovata sensibilità che ora cerca nuove cornici logiche. Forse è venuto il momento di applicare le regole per la robustezza segnalate da Nassim Nicholas Taleb nel suo “Robustezza e fragilità” (edizioni Il Saggiatore), riservate alle situazioni in cui non si è più in grado di mantenersi in equilibrio tra gli estremi e non si può evitare l’esposizione a eventi catastrofici. Rispettare il tempo e la conoscenza non dimostrativa, evitare l’ottimizzazione e amare la ridondanza, ecco alcune delle regole suggerite da Taleb, destinate all’economia ma ancor più stimolanti se applicate all’ICT.
In questo senso, la crisi vissuta e non ancora superata appieno si è dimostrata un catalizzatore di innovazione dei processi. È accaduto anche in Italia. L’ultimo Rapporto sul Paese del Censis (maggio 2010) ha evidenziato che “l’innovazione rappresenta il vero driver della trasformazione nei comparti del terziario avanzato. La capacità innovativa della componente più avanzata del terziario risulta superiore alla media del comparto manifatturiero. In particolare, si tratta dell’intermediazione finanziaria e di quella parte del terziario maggiormente connessa all’industria, ovvero i servizi legati all’ICT, alla ricerca ed all’attività di consulenza alle imprese.” Come osserva ancora il Censis “il terziario risulta essere proprio il volano tramite il quale l’industria stessa si modernizza: utilizzando sempre più intensamente servizi a elevato contenuto di tecnologia, innovando grazie all’attività di ricerca e sviluppo, rendendo più efficienti i processi grazie all’ICT e alle funzioni logistiche più sofisticate. E se da un lato il terziario diviene un vettore dell’innovazione industriale, dall’altro la domanda di servizi sempre più sofisticati da parte delle imprese manifatturiere alimenta la modernizzazione del terziario stesso”.

Il BPM innovativo
Eccoci al punto: utilizzare servizi a elevato contenuto di tecnologia, per rendere più efficienti i processi. È in questo contesto dinamico che si colloca il Business Process Management di nuova generazione; il BPM tratta i processi come asset da migliorare, asset che contribuiscono direttamente alla performance aziendale agendo sull’eccellenza operativa e l’agilità del business. Si supera così l’approccio più tradizionale (per intenderci quello degli anni Novanta) che associa al BPM la reingegnerizzazione dei processi e il governo della qualità totale per orientarsi con decisione verso la continua ottimizzazione dei processi frutto di cambiamenti calibrati e incrementali, scaturiti dall’adattamento costante al contesto che muta. Le discipline chiave del BPM, modellazione, analisi, misura e cambiamento dei processi, richiedono un nuovo set di capacità e di metodologie di lavoro. Ancora una volta, come ha osservato Gartner nel corso del Symposium 2010 di Cannes, le organizzazioni devono scoprire il nuovo “tempo operativo”, ciò che gli Americani chiamano Optempo, utilizzando il termine di estrazione militare. L’Operational Tempo (Optempo, appunto) è la misura del tempo necessario a svolgere una specifica operazione in termini di utilizzo di uno specifico equipaggiamento (per esempio ore di volo, giorni di navigazione, ecc.). Più la missione è complessa, più Optempo è richiesto. Il Pentagono però utilizza un altro termine che sintetizza un concetto simile e altrettanto utile nella dimensione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Si tratta del Personel Tempo, sintetizzato in Perstempo, che indica il tempo speso da un individuo per raggiungere, partendo dalla base, il teatro delle operazioni. In alcune specifiche situazioni Optempo e Perstempo coincidono; più spesso sono due misure diverse che si sommano. Nel BPM troviamo entrambe i concetti. Anzi, come accade nel settore militare, se ne ravvisano altri due, il Deployment Tempo o Deptempo, che misura i giorni necessari, nell’arco di un mese, per completare un programma formativo o una missione operativa e il Worktempo che definisce la quantità di lavoro svolto dal personale nella propria base. Non è certo la prima volta che l’ICT prende in prestito concetti dal mondo militare; queste definizioni operative del tempo, però, si dimostrano particolarmente efficaci perché propongono al BPM metriche sperimentate e relativamente semplici, capaci di contemperare tanto le risorse tecniche che quelle umane.

Tra Optempo e Perstempo
Il BPM così concepito aiuta le aziende a ridurre i costi, migliorare la produttività, conservare il capitale, contenere i rischi e se necessario trasformare il business, sempre che si accetti di considerare l’incertezza non più una condizione accidentale bensì un dato strutturale. Una riflessione specifica richiede, in quest’ottica, il concetto di produttività, definito come misura degli output generati a fronte di assegnate unità di input. La produttività porta con sé un altro concetto, quello di efficienza, intesa come produzione di un’unità al costo più basso possibile. Ebbene, se dal punto di vista matematico si tratta di concetti molto simili, altrettanto non si può dire dal punto di vista gestionale; le decisioni prese per far crescere la produttività sono ben diverse da quelle prese per far crescere l’efficienza. Sono proprio queste differenze a trasformarsi in processi nel BPM. Per anni gli sforzi di miglioramento si sono concentrati soprattutto sulle attività di routine, attraverso meccanismi di automazione. Ora il focus si orienta sui processi non strutturati, quelli in cui la valutazione delle attività richiede l’intervento dell’uomo, con interpretazioni e giudizi, processi destinati a rimanere indeterminati se non si facesse ricorso alla conoscenza tacita. Sono proprio l’incertezza e la collaborazione a far levitare il numero di processi non strutturati; la loro inclusione nei progetti BPM, pur accrescendo la complessità, potrebbe generare un significativo miglioramento delle prestazioni generali, offrendo accesso, trasparenza ed efficienza agli ambiti finora meno organizzati. Come ha osservato Gartner a Cannes è proprio questa la nuova frontiera del BPM, che trova nelle più recenti suite (BPMs) gli strumenti più adatti per visualizzare e semplificare ciò che è sconosciuto e destrutturato. Strumenti concepiti per rappresentare modelli intuitivi, capaci di trasformarsi in sintonia con il contesto, in grado di anticipare il futuro più vicino sulla base dei dati disponibili.