Le indicazioni dell’Osservatorio del Politecnico di Milano seguite dai casi di Eni e Intesa Sanpaolo, da una parte, e di Siemens e IBM, dall’altra

Ai fornitori di tecnologie si chiedono maggiori capacità di integrazione delle soluzioni proposte con quelle già presenti in azienda, e una maggiore propensione a fare cultura e in questo modo aiutare le aziende utenti a far maturare le tecnologie UCC.

 

In un quadro dell’ICT non confortante, caratterizzato tuttora da incertezze di varia natura, il settore dell’UCC (Unified Communication & Collaboration) mostra grande effervescenza e un quadro di prospettive solido e interessante. E’quanto ha dichiarata Mariano Corso, responsabile scientifico Osservatorio UCC della School of Management del Politecnico di Milano, in apertura del secondo appuntamento dedicato a questa tematica. I riscontri di cui si dà conto si basano sulle risposte di oltre un centinaio di CIO, di medio e grandi aziende, le sole per ora ad avere sperimentato i vantaggi di questa applicazione. Il costo di implementazione di una strategia di accesso all’UCC è stimato infatti in circa 210mila euro: a tanto almeno ammonta la spesa media sostenuta nel 2010 dalle aziende del campione. Ma questo dato non deve trarre in inganno. Se è vero che le aziende hanno investito in misura rilevante nell’UCC e il 30% prevede di aumentare significativamente la spesa nel prossimo triennio, è altrettanto vero che il livello di utilizzo di questi strumenti lascia ancora alquanto a desiderare. Il livello di maturità, in altri termini, è ancora basso. E’ questa a nostro avviso la principale indicazione dell’Osservatorio ed è pertanto in questa direzione che le aziende dell’offerta e della domanda dovranno lavorare per un passaggio a un utilizzo sistematico e diffuso di questi strumenti che, ha ricordato Corso, sono “tecnologie leggere, per cui la resistenza alle stesse è più un alibi che una difficoltà vera”. Ma quali sono le ragioni per cui i CIO o gli altri decisori aziendali, tra cui compaiono i direttori delle risorse umane, sono cauti nell’accostarsi a soluzioni UCC? Il 55% del campione indica i costi e il 39% la difficoltà a identificare benefici economici concreti e misurabili, nonostante verifiche abbiano dimostrato che il payback si aggira intorno a un anno solamente. Le aziende sono coscienti del problema dello scorso utilizzo che viene fatto degli strumenti UCC. Se inizialmente la loro complessità poteva rappresentare una barriera, la semplificazione ha di fatto eliminato quasi del tutto questo ostacolo per cui la odierna resistenza è di fatto culturale e di posizione, in quanto la UCC introduce nuove logiche e nuovi principi organizzativi, incidendo pesantemente sul concetto di posto di lavoro come storicamente si tende a concepirlo. A tirare il freno, pertanto, sono i riti aziendali, le procedure consolidate, lo schema dei silos e cosi via. “Nonostante questa tecnologia – esplicita Alessandro Piva, responsabile della Ricerca Osservatorio UCC – sia un driver di cambiamento, l’organizzazione si dimostra tuttora un collo di bottiglia, con la conseguenza che l’irrazionalità finisce per prevalere sulla razionalità”.
Soluzioni non ancora adeguate, dunque, o aziende ancora poco incline a considerare con la dovuta attenzione gli impatti dell’UCC? I dati dell’Osservatorio paiono puntare il dito sulle aziende utilizzatrici: ancora troppo spesso si fa ricorso a queste tecnologie per soddisfare esigenze di base, sotto la spinta della Direzione generale e/o dei sistemi informativi (quasi sempre lo sponsor principale), senza il coinvolgimento di Marketing, Sales e Amministrazione. Cosa significa investire in un progetto UCC? In queste tecnologie sono racchiuse sostanzialmente tre cose, è la risposta illustrata da Piva: multicanalità (intesa soprattutto come possibilità di rendere disponibili su diversi device tutti i servizi), la disponibilità di servizi applicativi tra i più svariati e la migrazione verso la voice over Ip, e quindi una nuova infrastruttura di comunicazione. Dalle analisi svolte sono emerse anche delle richieste ai fornitori di tecnologie. Su tutte prevalgono la richiesta di una maggiora capacità di integrazione delle soluzioni proposte con quelle già presenti in azienda, e una maggiore propensione a fare cultura e in questo modo aiutare le aziende utenti a far maturare le tecnologie UCC.  Seguono le testimonianze di due fornitori di soluzioni UCC e di due autorevoli gruppi che le utilizzano.

 

Siemens si integra con Sap e social networking
La parola d’ordine per Siemens Enterprise Communications, quando si parla di UCC, è flessibilità e interoperabilità. Per ottimizzare i benefici correlati all’adozione di innovative soluzioni è fondamentale che questi strumenti adottino standard e protocolli aperti, facilitando così l’integrazione. E’ fondamentale inoltre poter mettere a disposizione le stesse funzionalità di Unified Communication alle organizzazioni di ogni dimensione, anche se con approcci specifici. Per le piccole e medie aziende sono preferibili soluzioni in cui la funzione di UCC sia già integrata nel sistema di comunicazione, semplificando così l’adozione della tecnologia e facilitando il supporto.
“Per le medie e grandi aziende – precisa Gianfranco Ulian, Head Pre-sales & Engineering Siemens Enterprise Communications – è invece più importante la disponibilità di una soluzione modulare, personalizzabile nel tempo sulla base delle esigenze e integrabile con applicazioni già adottate. Un altro elemento strategico è l’integrazione con le applicazioni business (ad esempio SAP per la gestione degli ordini o una soluzione ad hoc per gli ambienti sanitari). Questo consente di accelerare i processi aziendali e renderli più sicuri, in particolare in un contesto di crescente mobilità. Non dimentichiamo infine l’estensione dell’UCC al social networking: tramite Twitter è già possibil, con le nostre soluzioni, vedere lo stato di presenza di un corrispondente esterno integrato nel portale aziendale di UC”. La disponibilità di un numero unico, di regole di comunicazione centrate sulla persona e la visibilità tramite il dispositivo dello stato del referente (libero, in riunione, …) sono per Ulian ulteriori caratteristiche fondamentali di una soluzione UCC, facilitando il contatto con l’interlocutore e l’ottenimento delle informazioni.

 

IBM: la rivoluzione di Lotus Sametime
IBM è stata la prima azienda al mondo a realizzare una piattaforma software, aperta e modulare, mirata ai servizi di UCC per clienti business ed ha una lunga storia piena di successi accompagnata da una grande esperienza in ambito hardware e servizi di systems integration. Acquistando nel 1998 due aziende, Ubique di Haifa (Israele), e DataBeam di Lexington (USA), entrambi leader nel settore della Real Time Communications con la creazione di Virtual Places e la definizione del protocollo T.120, la società ha introdotto Lotus Sametime che ha rivoluzionato i modelli di comunicazione e collaborazione aziendale. “Questa soluzione – sottolinea John Pierre Campitelli, Sr. Software Specialist Unified Communications & Collaboration di IBM – consente di ridurre la complessità delle moderne comunicazioni, garantendo alle persone un’esperienza unificata, con speciale attenzione ai dispositivi mobili emergenti, attraverso l’integrazione di strumenti di comunicazione fino ad oggi separati quali la posta elettronica, la messaggistica istantanea, il VoIP, la telefonia e la teleconferenza multimediale con quello del social networking in un sistema unico ed intuitivo. IBM si sente di garantire la massima flessibilità e livello di integrazione con infrastrutture esistenti, supportando le aziende a modelli basati con soluzioni on-premise, cloud o ibridi”.

 

10mila clienti Sametime attivi in Intesa Sanpaolo
“Al nostro interno – dice Ezio Barbero, responsabile telecomunicazioni Intesa Sanpaolo Group Services, la società che con 9000 addetti fornisce i servizi alle strutture del grosso gruppo bancario – l’Ict deve rispondere a due requisiti: aiutare a ridurre i costi e a sviluppare il business. In questo periodo uno dei focus è quello di mettere a disposizione degli oltre 80mila dipendenti dell’istituto strumenti per lavorare insieme e in questo modo, oltre a miglioramenti della qualità dei servizi resi alla clientela, realizzare economie nella mobilità delle persone. I nostri asset attuali comprendono 10mila client Sametime di Ibm, 6500 schede Umts, più di 400 sale di videoconferenza, quattro Multiconference unit e una infrastruttura completa di comunicazione over Ip. Una delle iniziative più recenti è il servizio di Remote consulting per supportare gli addetti agli sportelli delle 6000 filiali”.
I benefici ci sono. Il principale viene ravvisato nel miglioramento del servizio alla clientela, in virtù di una crescente rapidità di evasione delle richieste, ottenuto sia utilizzando le chat al posto delle email sia della videoconferenza da desktop come strumento di lavoro abituale- “Tutto ciò – precisa Barbero – è stato reso possibile in considerazione della condivisione delle conoscenze a favore sia dei colleghi sia dei clienti. Nel nostro interno la chat si è rivelata una vera e propria killer application, più del video”. I prossimi impegni riguarderanno i temi del cambiamento culturale e il governo della multicanalità, che si prospetta come un passaggio fondamentale ma non facile per la banca.

 

1500 sale di videoconferenza in Eni
E’ dal 2005 che il gruppo petrolifero si avvale di strumenti UCC per accrescere la facilità di comunicazione, di collaborazione e di interazione tra società del gruppo, colleghi, clienti e fornitori, per dirla con le parole di Gabriele Chiesa, communications & collaboration solutions manager Eni. “Dal 2009 –aggiunge – abbiamo impresso una accelerazione a questo programma con l’adozione e l’utilizzo di nuovi strumenti, inaugurando tra l’altro un portale, eniWave, dove le nostre linee di business possono trovare prodotti e servizi mirati, consulenza e altre utili indicazioni”. La potenza di fuoco messa in campo è considerevole. Bastano due cifre: un installato di più di 70mila personal computer e circa 1500 sale videoconferenza. Nella esperienza del gruppo petrolifero, diversamente da quanto visto per Intesa Sanpaolo, il video si è rivelato una esperienza interessante e utile, come dimostra il numero di sale attrezzate per questa applicazione nonché il crescente numero di Pc connessi in video direttamente dalla scrivania. “La nostra esperienza – precisa ancora Chiesa – ci dice che non esiste un unico strumento in grado di fare tutto; ogni strumento ha le sue peculiarità. Noi abbiamo ottimizzato un servizio che sta educando all’utilizzo della collaboration. A EniWave in questo momento sono abilitati poco più di 28mila utenti e 81 società. Circa 17mila utenti accedono ogni giorno ai servizi del portale. La facilità di utilizzo si è rivelata la mossa vincente e quella che ci veniva maggiormente richiesta, unitamente a un’altra richiesta: meno telefonia fissa e più strumenti per lavorare in movimento”.