Nel corso degli ultimi mesi l’evoluzione del quadro economico internazionale ha evidenziato tendenze di segno non univoco

Un’attenuazione della ripresa è emersa nei mesi centrali del 2010 sia nei paesi emergenti che nelle economie avanzate: tutti gli indicatori qualitativi sono però orientati in direzione relativamente ottimista, e questo consente di anticipare un buon avvio del 2011

 

Sull’anno in corso gravano però le conseguenze dell’inversione di intonazione delle politiche di bilancio, che assumeranno segno restrittivo in molti paesi. La politica fiscale inizia a mutare segno quando ancora la capacità produttiva è sottoutilizzata in molte economie e le imprese non hanno che limitate esigenze di investimento. Non è detto quindi che la rimozione dello stimolo fiscale avvenga quando la ripresa è già in grado di auto sostenersi. I timori di una nuova frenata dell’economia, legata all’inversione della politica di bilancio, giustificano il segno espansivo della politica monetaria. I rischi dello scenario possono essere ricondotti al fatto che proprio il mix di politica economica straordinariamente espansivo che ha guidato l’economia mondiale fuori dalla recessione potrebbe a questo punto degenerare, producendo conseguenze sfavorevoli: da un canto il peggioramento delle finanze pubbliche ha determinato un ampliamento della probabilità di default di alcune economie. In secondo luogo l’accelerazione dei prezzi delle materie prime potrebbe essere solamente il primo stadio di un processo inflazionistico più ampio che origina proprio dalle politiche delle banche centrali. E’ evidente come le politiche economiche si trovino ad operare “sul filo del rasoio”, dovendo da un canto iniziare ad affrontare le conseguenze sfavorevoli proprio delle misure di sostegno all’economia adottate nel corso degli anni, e dall’altro sapendo che una rimozione troppo rapida degli stimoli all’economia potrebbe frenare la ripresa.

 

Uno sviluppo a più fasi

In questo quadro generale, anche l’area euro sta attraversando una fase di recupero, sia pure con un’ampia divaricazione delle performance dei diversi paesi. Il recupero del ciclo è vivace nell’economia dell’area tedesca, e più contenuto nelle altre, con una situazione grave per Grecia e Irlanda. Anche le altre economie periferiche sotto la pressione dei mercati evidenziano prospettive incerte, soprattutto l’economia spagnola appare indietro nel ciclo. Nel gruppo dei paesi che hanno visto ampliarsi il premio al rischio sul debito sovrano vi è l’Italia, che quindi si trova nella necessità di seguire una politica fiscale di segno restrittivo. Migliore è la nostra posizione di partenza, rispetto agli altri paesi della periferia, per cui l’entità della restrizione da realizzare nel biennio in corso è sopportabile, anche se sufficiente a frenare la ripresa della domanda interna. Tanto più che anche da noi la spesa delle famiglie non potrà beneficiare di condizioni di accesso al credito favorevoli come accaduto prima della crisi, mentre si dovrebbe allo stesso tempo interrompere la fase di costante contrazione del tasso di risparmio protrattasi anche durante gli ultimi tre anni; un’esperienza peculiare nel panorama internazionale visto che la recessione ha nella maggior parte dei casi indotto un incremento del tasso di risparmio delle famiglie e l’avvio della fase di riduzione del rispettivo grado di indebitamento. Le poche chances di sviluppo resterebbero quindi legate al recupero della domanda estera, ma il nostro sistema industriale appare ancora in difficoltà nell’agganciare il traino di una domanda internazionale che terrà ritmi di crescita comunque non eccezionali. Nonostante, la domanda interna freni le importazioni, determinando nel biennio 2011-2012 un contributo positivo del net export alla crescita, nel 2011 le partite correnti raggiungerebbero, sulla base delle nostre previsioni, un deficit record dell’ordine dei 4 punti percentuali del Pil. L’intensità della ripresa è modesta, e apparentemente insufficiente per condurci ad un recupero significativo della domanda di lavoro, tanto più che almeno per qualche tempo gli incrementi produttivi non potranno che restare legati a variazioni positive della produttività del lavoro, anche la fine di ripristinare condizioni minime di redditività per le imprese, dopo l’erosione dei margini osservata durante la crisi.

 

Possibili scenari previsionali

La ripresa dell’economia mondiale ha subito una battuta d’arresto dai mesi centrali del 2010. Gli indicatori congiunturali anticipano per la prima parte del 2011 una fase di ripresa. La fase di crescita nel nostro scenario si protrae per l’intero biennio di previsione. Sui ritmi della crescita pesano gli effetti dell’avvio in molti paesi dell’exit strategy delle politiche di bilancio. Le politiche monetarie restano quindi espansive nella maggior parte dei casi, a condizione che resti bassa l’inflazione, sollecitata per ora solo dalle materie prime. La crescita del commercio mondiale prosegue a ritmi nel complesso contenuti nel biennio di previsione. Persiste la divaricazione delle tendenze fra paesi emergenti ed economie avanzate. Gli Stati Uniti rinviano l’aggiustamento fiscale, ma la crescita attesa non basta a restituire all’economia americana il ruolo di traino dello sviluppo globale. La Cina è il paese più avanti nella ripresa e la politica monetaria deve fronteggiare le prime minacce d’inflazione del nuovo ciclo. Anche l’area euro condivide la ripresa globale, ma le tendenze al suo interno non sono uniformi. Vanno meglio i paesi dell’area tedesca, che stanno descrivendo un ciclo trainato dalle esportazioni. Sono in difficoltà le economic eperiferiche, che devono fronteggiare l’apertura del premio al rischio di default adottando misure fiscali di segno pesantemente restrittivo. Anche l’Italia è fra i paesi che hanno registrato un allargamento dello spread rispetto al rendimento dei titoli tedeschi. L’aggiustamento dei conti pubblici pesa sull’evoluzione della domanda interna, mentre il traino dell’export non è sufficientemente robusto per sostenere da solo la ripresa. Le famiglie sono in difficoltà, strette fra salari in decelerazione, inflazione in aumento e occupazione che ristagna.

 

A cura di ref., Istituto di ricerche economiche e finanziarie